
Paura di andare al lavoro: ergofobia
Abbiamo da poco festeggiato Halloween, la notte delle streghe. Una “festività” che ha ispirato molti registi e scrittori nella creazione di autentici capolavori che richiamano alla paura. Lupi mannari, vampiri, zombie e simili che per una notte hanno licenza di esistere e spaventarci. Esistono però alcune paure che colpiscono tutto l’anno. Sono più difficili da individuare perché, al contrario dei mostri in maschera, sono intangibili. Non si possono vedere né toccare. Al contrario, tuttavia, i loro risvolti sono più che tangibili e fanno male, paralizzando completamente le persone.
Partendo dal presupposto che nessun articolo, scientifico o meno, possa sostituire il parere di un professionista della salute mentale, nella guida di oggi approfondiremo l’Ergofobia, ovvero la paura di andare al lavoro e i sintomi ad essa correlati. Prima di continuare, vogliamo ricordarti che non siamo qui per fare terrorismo, ma per informare. Appare chiaro che per fornire un quadro completo è necessario descrivere il problema e fornire potenziali soluzioni.
Ed è esattamente questo che noi di HelpMeOut siamo soliti fare: portare soluzioni concrete, sciencebased e fornire ad aziende e persone il miglior supporto qualificato. Cercheremo, ora, di dare risposta alle seguenti domande: come può, un posto di lavoro, generare paura? Quali potrebbero essere i rimedi più utili a superare l’ergofobia?
Fobia di andare al lavoro, ansia e stress
Le fobie sono disturbi d’ansia molto comuni. Generalmente, chi soffre di una fobia specifica prova l’intenso senso di terrore, spesso irrazionale, nei confronti di un oggetto, una persona, una situazione o un animale. Non è tanto la pericolosità oggettiva dello stimolo a fare la differenza, quanto l’interpretazione che se ne fa. Le fobie specifiche più famose sono l’aracnofobia (paura dei ragni), la fobia sociale (paura di situazioni di socialità, di parlare in pubblico, etc…), la claustrofobia (paura di spazi chiusi). Ad esse sarebbe possibile aggiungerne molte altre, consultabili nella guida dedicata.
Anche l’ergofobia rientra tra le fobie specifiche. Il termine deriva dal greco antico, ed è formato da εργον (Ergon, ovvero lavoro) e φοβος (Phobos, ovvero paura). Quindi, al posto dei ragni a fare paura è il contesto lavorativo. L’ansia non è altro che una sorta di paura anticipatoria di qualcosa che “potrebbe accadere”. Come abbiamo già affermato, i timori derivanti da tali pensieri intrusivi sono spesso e volentieri irrazionali.
La persona che soffre di ergofobia potrebbe anche accorgersi dell’irrazionalità legata ai timori, ma questo non migliorerebbe in alcun modo la sua situazione. Ci si troverebbe così in uno stato di allarme costante. I risultati? Sintomi psicosomatici che esplodono appena prima di andare in ufficio o sul posto di lavoro. I più diffusi e probabili, validi in generale per ogni fobia specifica, sono indicati nel DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), possono essere:
- ritmo cardiaco accelerati, eccessiva sudorazione;
- gastrite, disturbi urinari, diarrea;
- marcato senso di nausea;
- Senso di soffocamento, difficoltà respiratorie;
- Spossatezza, mancanza di energie durante la vita quotidiana.
Ergofobia e contesto lavorativo
Le cause dell’ansia nel contesto lavorativo possono essere molteplici. La persona che soffre di Ergofobia, oltre ai sintomi appena citati, può essere colpita da panico riguardante il contesto lavorativo generale, ansia sociale e quindi evitamento di interazioni con colleghi e superiori. Un lavoratore, sia esso dipendente o collaboratore, che vive una simile situazione tenderà quindi ad evitare tutto ciò che genera paura. Durante i primi mesi aumenterà il proprio assenteismo, per poi licenziarsi o uscire da eventuali progettualità.
Per comprendere al meglio la situazione nazionale è lecito riferirsi a fonti autorevoli. Noi abbiamo preso in considerazione la ricerca di settembre 2021 svolta da Mindwork-BVA Doxa sul benessere psicologico delle lavoratrici e dei lavoratori che prende in considerazione un campione omogeneo, rappresentante il quadro italiano. I punti chiave sui quali riflettere sono principalmente tre:
- Quasi l’85% delle persone considera il proprio benessere psicologico generale correlato al proprio benessere sul lavoro e viceversa;
- La quota di persone che dichiara di soffrire di frequenti problemi di ANSIA E INSONNIA per motivi legati al lavoro è del 49%;
- 1 persona su 3 dichiara di essersi assentata dal lavoro a causa di malessere emotivo, dovuto a eccessivi carichi di stress e ansia, che non riusciva più a sostenere.
Il primo punto è chiaro: vita personale e professionale sono inscindibili, due volti della medesima medaglia. Come sottolineato nella guida relativa alla crescita personale e professionale, possiamo essere tirocinanti, manager, padri, figlie, sorelle, dipendenti, capi area, o amanti. Ciò che facciamo in famiglia o che viviamo nel nostro intimo influenzerà per forza di cose anche la nostra sfera professionale. E, viceversa, lo scontro con un superiore, atti di mobbing o di schermaglie con i colleghi avranno un impatto sul modo in cui affrontiamo le vicende personali.
Il secondo punto è pressoché inquietante, se pensiamo che la quota relativa ai medesimi problemi (Ansia/Insonnia) prima del Covid era del 35%, denotando un fenomeno diffuso a prescindere dalla pandemia o dalle calamità di carattere sociopolitico come il conflitto mondiale in atto.
Anche il terzo punto è tristemente noto: l’assenteismo dal lavoro, la sensazione del non riuscire a farcela perché le risorse a disposizione vengono percepite come inferiori ai mille problemi e compiti che ogni giorno devono essere affrontati ha un nome. Si parla di Burnout, il nemico numero 1 del benessere e quindi anche della produttività aziendale. Arrivati a questo punto, occorre ricordare che l’ansia di per sé non è negativa, bensì fondamentale alla sopravvivenza degli individui. Come tale, andrebbe compresa, e non demonizzata.
Quando però si arriva al punto da non riuscire nemmeno più a pensare di andare in ufficio senza l’incorrere in pesanti mal di testa o dolori di stomaco, è lecito cercare un rimedio. E come per la gran parte delle psicopatologie, la scelta migliore da fare per tutelare il benessere mentale del gruppo e degli individui che ne fanno parte è solo una: affidarsi a professionisti.
HelpMeOut per le aziende
Le aziende hanno un compito importantissimo: quello di rendere l’ambiente lavorativo confortevole e rispettoso nei confronti della salute mentale degli individui che lo popolano. Per arrivare a tanto è necessario garantire il benessere psicologico a dipendenti e collaboratori. HelpMeOut si pone come partner qualificato, ideale per fornire soluzioni di supporto ideali a raggiungere tale obiettivo. Offriamo piani personalizzati, garantendo il massimo rispetto della Privacy, un team numerosi di terapisti altamente qualificati, e un servizio di alto livello interamente online.
Il nostro team di terapisti si mette in gioco costantemente, fornendo ogni giorno supporto al benessere mentale dei lavoratori di molteplici realtà. Per saperne di più, visita la pagina dedicata al supporto aziendale, o contattaci direttamente alla mail hello@helpmeout.it.
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Giornata mondiale della salute mentale e contesto lavorativo
Il 10 ottobre 2022 si celebra la giornata mondiale della salute mentale. Un giorno importante che sottolinea il ruolo fondamentale del benessere psicologico nella vita dei cittadini di ogni nazione e paese. Ogni anno, infatti, l’incidenza dei disturbi mentali aumenta sempre di più a causa di numerosi fattori, tra i quali la ben conosciuta pandemia e ora il l’ombra del conflitto mondiale. Come abbiamo sottolineato in articoli precedenti, ogni evento di grande portata mondiale lascia dietro di sé pesanti conseguenze tanto fisiche che mentali.
L’essere umano, inteso come individuo psicofisico, viene sempre colpito ad un duplice livello. Un esempio calzante è la pandemic fatigue, definita dall’OMS nel Policy framework for supporting pandemic prevention and management come una graduale perdita di motivazione a seguire le condotte comportamentali protettive e igieniche, a causa delle importanti mutazioni contestuali subite. A sintomi simili, ovviamente, si affiancano le sfortunatamente sempre presenti ansia per il futuro e depressione. Ad intersecarsi, come al solito, sono vita personale e lavorativa. Si, perché la guerra e i continui cambiamenti politici non permettono alle persone di vivere in equilibrio.
La prevenzione del disagio psicologico in ogni sua forma è però possibile grazie allo sforzo di numerosi professionisti che offrono ogni giorno supporto a centinaia di persone. Così oggi, nella giornata mondiale della salute mentale, noi di HelpMeOut vogliamo raccogliere le evidenze scientifiche a supporto dell’importanza della salute psicologica sul luogo di lavoro, a maggior ragione nel contesto socioeconomico che stiamo vivendo.
Salute mentale e contesto lavorativo: i rischi maggiori
Contesto professionale e vita privata vengono spesso percepiti come due linee parallele che, muovendosi nella medesima direzione, non si intersecano mai né dovrebbero farlo. La realtà è però differente. Il vissuto professionale fa parte della vita degli individui ed è in grado di influenzare pesantemente il contesto personale. Per questo motivo ogni azienda dovrebbe considerare la salute mentale come un fattore imprescindibile per creare un ambiente di lavoro accogliente e, perché no, ottenere risultati migliori in termini di performance. Un lavoratore che si sente coinvolto nei progetti e nei piani dell’organizzazione per la quale lavora sarà motivato a dare il massimo. Al contrario, verranno meno risultati e benessere contestuale.
Vivere una situazione poco stimolante è deleterio e porta ad insoddisfazione, ansia legata al futuro o ancor peggio a stati depressivi. La persona, senza gli strumenti o il supporto di professionisti qualificati, potrebbe peggiorare sempre di più, assentandosi dal luogo di lavoro. E la scienza supporta fortemente tali teorie. Nella ricerca di Donald e colleghi del 2005, svolta su un campione di 16.000 persone, il benessere psicologico è stato messo al primo posto come fattore predittivo della performance lavorativa.
In più, il mancato prendersi cura del benessere psicologico di dipendenti e collaboratori pone dinanzi ad una verità oggettiva: il vertiginoso aumento dei costi da sostenere. La ricerca di Patrizia Berto e colleghi non lascia scampo all’immaginazione: la depressione rappresenta una delle patologie che incidono maggiormente sull’assenteismo dal lavoro, comportando la perdita di ingenti risorse economiche. Per non parlare poi delle insidie attribuibili alla sindrome del Burnout: un vero e proprio esaurimento che avviene quando la persona percepisce gli obiettivi preposti come troppo pesanti, impossibili da raggiungere.
L’uomo ha la tendenza a dimenticare. Non è cattiveria, ma dato di fatto: siamo cognitivamente limitati. Esistono certi concetti, tuttavia, che non dovrebbero essere relegati all’oblio. Oggi si festeggia la giornata nazionale della salute mentale… ma domani? Come abbiamo affermato all’inizio dell’articolo, i lavoratori necessitano di un supporto attivo e costante nel tempo. Un’informazione che non andrebbe dimenticata per nessun motivo.
Viste le numerose problematiche e rischi potenziali fino a qui elencati, quale potrebbe essere il miglior modo di gestire una situazione così complicata? Come sempre, per risolvere i problemi, occorre rivolgersi a professionisti.
HelpMeOut come partner aziendale
Lo ripetiamo – e lo sentiamo ripetere – sempre più spesso: le aziende sono fatte di persone. Non c’è nulla di più vero, soprattutto in una giornata come oggi che dovrebbe innalzare e festeggiare la salute mentale. Essere consapevoli che le persone possano soffrire di disagio psicologico è un obbligo. Secondo una ricerca del 2022 svolta dall’APA (American Psychology Association) l’ottanta percento degli intervistati (si parla di un campione totale di 2000 persone) sceglierebbe un ambiente lavorativo attento alla salute mentale rispetto ad ambienti che tendono a trascurarla, indipendentemente da retribuzione o status sociale legato al ruolo.
A questi lavoratori è stato chiesto quale tra una ricca lista di supporti possibili avrebbero preferito avere a disposizione. Il risultato? Maggiormente richiesti sarebbero orari di lavori flessibili ed una cultura aziendale che rispetti gli spazi personali e professionali dei dipendenti. Tali risultati sottolineano l’importanza percepita della salute mentale, e di quanto dipendenti e collaboratori cerchino conferme in tal senso. E certo, rispettare la privacy e gli spazi delle persone al lavoro è fondamentale. A volte, però occorre andare oltre e fornire il supporto psicologico erogato da professionisti. Si, perché un altro è il dato allarmante che esce dalla ricerca citata: il 39% degli intervistati afferma che il luogo di lavoro influirebbe negativamente sulla propria salute mentale.
Avere al proprio fianco un partner qualificato, in grado di fornire un supporto psicologico professionalizzante si configura quindi come fondamentale. A maggior ragione se, come vediamo ogni giorno, a mettere in difficoltà le persone sono in primis le condizioni di vita dovute al contesto pandemico e bellicoso. Noi di HelpMeOut siamo una realtà giovane e professionale, che si pone come partner affidabile al fianco delle aziende che percepiscono il benessere mentale dei loro dipendenti come prioritario. Offriamo piani personalizzati, garantendo il massimo rispetto della Privacy, un team numerosi di terapisti altamente qualificati, e un servizio di alto livello interamente online.
Il nostro team di terapisti si mette in gioco costantemente, fornendo ogni giorno supporto al benessere mentale dei lavoratori di molteplici realtà. Per saperne di più, visita la pagina dedicata al supporto aziendale, o contattaci direttamente alla mail hello@helpmeout.it.
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Perché non riesci ad esprimere le tue emozioni
Il termine anestesia viene accostato, nell’immaginario collettivo, al mondo della medicina. Il chirurgo, prima di intraprendere un’operazione che costerebbe grande dolore al paziente, somministra a quest’ultimo determinate sostanze che lo indurranno in uno stato di incoscienza. Dopo l’intervento, la persona tornerà a vivere, a potersi muovere e a socializzare. Durante lo stato di incoscienza indotta, tuttavia, non vi sono movimenti né sensazioni.
Nel linguaggio moderno tale termine è stato ripreso con differenti connotati. Si parla di anestesia emotiva quando la persona non riesce a esprimere e a riconoscere i propri stati d’animo. Al contrario di quanto si pensi, è molto comune provare difficoltà in tal senso. Entrare in contatto con le emozioni esse può non essere semplice per una serie di cause che approfondiremo nelle prossime righe.
Come al solito, ti ricordo che tali informazioni hanno carattere puramente divulgativo e non possono sostituire in alcun caso il parere di un professionista. Se pensi di aver bisogno di un supporto qualificato interamente online, che risponda alle tue esigenze ti consiglio di leggere fino alla fine. Nell’ultimo paragrafo ti spiegherò come ottenere un colloquio gratuito, senza impegno. E ora, bando alle ciance: partiamo alla scoperta dell’anestesia emotiva.
Perché è importante provare (e comunicare) i propri stati d’animo?
Le emozioni sono quella marcia in più che ci hanno permesso di evolverci in ambienti ostili. Scappare in preda alla paura dinanzi ad un grande predatore, uccidere per non essere uccisi, amare per salvaguardare la prole e permettere così il germogliare degli esseri umani. Oggi però, per alcune privilegiate parti del pianeta, l’ambiente nel quale viviamo e cresciamo ha perso del tutto quell’alone di pericolosità.
Ci siamo evoluti, abbiamo costruito tecnologie incredibili, ma il nostro cervello è rimasto quello di diecimila anni fa: programmato per resistere a stati di stress in acuto, e non in cronico. La cronicità dello stress non ci permette di recuperare come vorremmo, e danneggia tanto il nostro vissuto personale quanto professionale. Ma torniamo al focus principale della guida di oggi: le emozioni. Qualunque evento può generare nella persona un’emozione forte che se protratta nel tempo può portare all’esaurimento: emozioni forti generano stress. Allo stesso modo, soffocare ciò che si sta provando avrà comunque un effetto negativo sull’organismo. Ecco un esempio chiarificatore.
Conseguenze dell’anestesia emotiva
Prendiamo in esame la rabbia, già trattata in una guida precedente. Sapersi arrabbiare, quindi esprimere la propria rabbia, è di fondamentale importanza per manifestare i nostri stati interiori, e rendere consapevoli le altre persone che noi in quel preciso istante siamo contrariati. Sopprimere tale pulsione sarebbe controproducente, così come sarà altrettanto controproducente lasciarsi travolgere dalla collera ogni volta che siamo contrariati.
Se eccessivo, lo stato di rabbia può rappresentare una causa che porterà poi ad una crisi di coppia, ma è vero anche il contrario. Censurare i propri sentimenti potrebbe altresì portare alla maturazione di un disagio psicologico e poi sfociare comunque in una crisi. Inoltre, secondo alcune ricerche il fatto di manifestare o di non manifestare la propria rabbia porterebbe ad un potenziale aumento di contrarre patologie cardiovascolari e psicopatologie come ansia e depressione. Tutto questo per dire che arrabbiarsi in continuazione o al contrario reprimere i propri sentimenti predispone a pericoli per il benessere psicofisico.
In altre ricerche, inoltre, è stato evidenziato un rapporto tra l’esordio di malattie psicosomatiche. Questo perché nella gran parte dei casi chi è anestetizzato emotivamente percepisce le proprie sensazioni fisiche come amplificate. I tra i sintomi fisici elencabili possiamo trovare il mal di pancia, problematiche intestinali, gonfiori addominali, nausea ed emicrania.
Saper riconoscere ciò che provi è quindi fondamentale per stare meglio con se stessi e con gli altri. Per costruire solide reti sociali, avere rapporti di amore e di amicizia e molto altro. Vivere una continua situazione di Anestesia emotiva potrebbe quindi portare all’innesco di un circolo vizioso importante. Cosa fare per uscire da tale situazione?
Riconoscere e gestire le proprie emozioni
Il modo migliore e senz’altro più completo rimane quello di affidarsi ad un terapista in grado fornire un supporto adeguato. Troppo spesso, in casi simili, ci si rivolge a personaggi dubbi che vendono un risultato “facile da ottenere” ricorrendo a metodi dai nomi altisonanti. Ricercare l’affinità con le proprie emozioni, e poi di conseguenza imparare a gestirle è roba da professionisti, e di certo non sarà semplice. Un percorso con un* psicolog* è senz’altro il metodo maggiormente indicato.
Spero di averti dato una mano a comprendere l’importanza dei vissuti emotivi. Se ritieni di aver bisogno di un supporto, ma non sai bene come funziona o da che parte iniziare, ti aiuteremo anche in questo. Consci di quanto sia difficile trovare uno psicologo che si adatti alle esigenze di chi decida di affidarsi a noi, abbiamo brevettato un metodo unico nel suo genere, che prevede tre passi fondamentali. Per prima cosa, dovrai procedere alla compilazione di un questionario che ci permetterà di comprendere le tue esigenze. In secondo luogo, ti affideremo ad uno dei nostri professionisti, con il/la quale potrai fissare un primo colloquio online gratuito e senza impegno. Dopo aver compreso e se il terapeuta del nostro team potrà aiutarti, potrai decidere come proseguire. Compila il questionario e usufruisci del primo colloquio conoscitivo gratuito. Life is too short to be unhappy.

Crescita personale e professionale: il ruolo della psicologia
Il termine crescita personale è forse uno dei più famoso ed abusati, che come tanti altri costrutti è stato vincolato a luoghi comuni perdendo nel tempo il suo reale significato. Ad esso spesso si accosta un altro concetto, quello della crescita professionale. In entrambi i casi, il ruolo dello psicologo è centrale perché egli, professionista dei meccanismi mentali, può fornire consigli preziosi o insegnare tecniche per uscire da situazioni difficili.
Situazioni lavorative o personali se non affrontate al fianco di un terapista potrebbero sfociare in un profondo disagio psicologico. L’uso del condizionale è d’obbligo: non siamo qui a fare terrorismo, bensì a fornire soluzioni concrete a potenziali bisogni. Certo, non è detto che ogni condizione problematica sia sinonimo di disagio psicologico. Se tuttavia sei in difficoltà, o vorresti migliorare la tua condizione con conoscenze psicoeducative, sei nel posto giusto.
Qui sul nostro blog troverai moltissime guide utili a comprendere che lo psicologo online non è un problema del quale vergognarsi, bensì un prezioso alleato per stare meglio o migliorare le tue capacità. Se sei interessat* a stare meglio, nell’ultimo paragrafo scoprirai come poter usufruire del primo colloquio conoscitivo gratuito con il membro del nostro team più adatto alle tue esigenze. Ma ora bando alle ciance: scopriamo cosa significa davvero crescita personale e perché può essere utile maturare competenze “della persona” anche in ambito lavorativo.
Crescita personale: un fenomeno complesso
Crescere personalmente significa portare l’attenzione ai conflitti interiori, scoprendo nuovi mondi e nuove parti di noi stessi sconosciuti. Tale viaggio è ideale per comprendere al meglio i tuoi punti di forza, analizzando e accettando i punti deboli. Si tratta di un processo di valorizzazione delle proprie risorse che permette di acquisire una maggior consapevolezza e padronanza del proprio potenziale.
Da quest’ultima definizione avrai certamente capito che non basta esporsi ad esperienze nuove per crescere. Prendiamo, ad esempio, un expat italiano. Una persona che decide di cambiare la propria vita trasferendosi all’estero. Si tratta di un profondo mutamento, che pone non poche difficoltà. Come al solito, gli epiloghi probabili sono due. La persona potrebbe riuscire a trovare un proprio equilibrio personale, adattandosi al “nuovo mondo”. Oppure, in caso contrario, sarà costretta a tornare al paese natale perché impossibilitata nel vivere così lontano da famiglia e amici di una vita.
Che l’esito sia positivo o negativo, è utile sottolineare l’importanza di alcune abilità fondamentali. E, attenzione, mi riferisco a skills prettamente psicologiche. Il saper socializzare nonostante le iniziali barriere linguistiche o la capacità di non farsi sopraffare dagli imprevisti gestendo ansia e stress potrebbero fare la differenza. Per aspirare a tali risultati, però, è necessario affidarsi a specialisti come psicologi abilitati o affini. Ecco altri benefici che potrai ottenere lavorando a fianco di un professionista del settore:
- Miglior gestione delle relazioni (partner, amicali);
- Acquisizione di una miglior sicurezza e autostima;
- Miglioramento dell’autoefficacia in compiti specifici che prima sembravano difficili;
- Imparerai a capire chi sei e dove vuoi andare.
Immagina di intraprendere la strada della crescita personale: acquisirai maggiore sicurezza, sarai pront* a gestire eventuali situazioni difficili grazie alle tecniche psicologiche apprese. Svilupperai abilità sociali, il tuo atteggiamento mentale sarà differente e questo influenzerà positivamente anche la tua professionalità. Crescere professionalmente presuppone ANCHE l’acquisizione di skills spendibili in ruoli specifici, tuttavia potenziare la parte personale è fondamentale.
Numerose ricerche hanno inoltre mostrato che ad un aumento del benessere psico-fisico corrisponde anche un miglioramento di performance cognitiva. Cosa significa?
Crescita personale e professionale: due volti della medesima medaglia
Il termine latino “persona” viene tradotto in italiano come “maschera”. Ognuno di noi, pur rimanendo sempre se stess*, adotta diverse maschere durante l’intero arco della giornata. Possiamo essere tirocinanti, manager, padri, madri, figlie, figli, sorelle, fratelli, dipendenti, capi area, amici o amanti. Ciò che facciamo in famiglia o che viviamo nel nostro intimo influenzerà per forza di cose anche la nostra sfera professionale e viceversa.
Per esempio, il non sentirsi soddisfatti dalla propria rete sociale, sentendo quel forte bisogno di avere amici più affini ai nostri interessi potrebbe generare pensieri intrusivi, lasciando spazio a convinzioni nocive (pensiero di non essere interessanti o comunque non all’altezza degli altri, etc…). A loro volta pensieri intrusivi generano disagio psicologico, manifestabile in prima battuta come stress.
Come abbiamo visto in alcune delle scorse guide, lo stress influisce negativamente sulla performance lavorativa e sul benessere percepito. Vivere una realtà quotidiana difficile, senza avere la possibilità di recuperare, può essere fonte di difficoltà. I sintomi più frequenti dello stress possono essere legati all’insonnia, difficoltà di concentrazione, anedonia, umore depresso ma non solo. Più saremo in sintonia con noi stessi e con l’ambiente che ci circonda, più saremo spronati a fare bene. E, più staremo bene, più avremo la possibilità di esprimere noi stessi in ambito lavorativo. Chiaramente, tutto è più semplice se sai come farlo, supportato dal giusto professionista.
Crescere è difficile, se non sai come farlo
Personale e professionale sono due concetti spesso indivisibili, che si toccano e si influenzano a vicenda. Crescere significa sviluppare al massimo il proprio potenziale, prendendosi cura di ogni aspetto della propria vita che andrebbe adeguatamente bilanciato. Bene, questa è la teoria. La pratica presenta sicuramente molteplici insidie e difficoltà che, come ho accennato brevemente nell’introduzione, possono evolvere in peggio, diventando disagio psicologico.
Per tutelare la propria salute mentale è necessario è necessario rivolgersi ad un team di specialisti. Come da consuetudine, voglio segnalarti la possibilità di usufruire di un colloquio conoscitivo gratuito con i nostri psicologi, completamente online. Come ottenerlo?
Il primo passo consiste nel compilare un questionario (puoi trovarlo qui). Attenzione: la compilazione è di fondamentale importanza perché ci permetterà di identificare quale, tra i membri del nostro team, sia il più indicato per aiutarti. In secondo luogo, potrai fissare il colloquio conoscitivo. Avrai così la possibilità di confrontarti direttamente con il terapeuta e senza alcun obbligo. Se, e solo se ti sei trovata/o bene, potrai decidere di continuare. Il tutto in completa comodità, perché appunto svolto online.
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Benessere psicologico aziendale: perché è fondamentale
Il 2022 è figlio dell’epoca pandemica, nella quale gli eventi hanno portato a cambiare la percezione di importanza nei confronti del benessere psicologico aziendale. La salute mentale viene infatti percepita dai lavoratori come una delle variabili fondamentali sulla quale si basano scelte professionali. A sostenerlo è l’American Psychology Association (APA) nel Work and Well-being Survey pubblicato recentemente.
Un questionario somministrato ad un elevato numero di lavoratori, che offre una panoramica reale ma soprattutto aggiornata dei bisogni di dipendenti e collaboratori. Come vedremo nelle prossime righe, nonostante il COVID-19, seppur nella tragedia, abbia portato una maggior attenzione sugli aspetti psicologici, le misure adottate potrebbero non bastare. Occorrono misure più importanti, come il Bonus psicologo di recente attuazione in Italia.
Misure necessarie per permettere a chiunque ne abbia bisogno di potersi prendere cura della propria salute psicologica sono quindi fondamentali. Nella guida di oggi affronteremo un tema già ampiamente discusso sul nostro blog, che tuttavia merita di continui approfondimenti legati all’attualità. Scopriamo di più insieme!
L’attenzione crescente verso la salute mentale
Secondo l’APA otto dipendenti su 10 preferirebbero un ambiente attento alla salute mentale rispetto ad ambienti di lavoro che tendono a trascurarla. I dati sono riportati da uno studio recente (Aprile-maggio 2022) che ha preso in considerazione un campione molto ampio (2000 lavoratori).
A questi lavoratori è stato chiesto quale tra una ricca lista di supporti possibili avrebbero preferito avere a disposizione. Il risultato? Maggiormente richiesti sarebbero orari di lavori flessibili ed una cultura aziendale che rispetti gli spazi personali e professionali dei dipendenti. Tali risultati sottolineano l’importanza percepita della salute mentale, e di quanto dipendenti e collaboratori cerchino conferme in tal senso. E certo, rispettare la privacy e gli spazi delle persone al lavoro è fondamentale. A volte, però occorre andare oltre e fornire il supporto psicologico erogato da professionisti.
Le insidie psicosociali sul posto di lavoro, come abbiamo approfondito nelle scorse guide, sono numerose e variano dal burnout alle malattie psicofisiologiche lavoro correlate. Arthr Evans, Jr. PhD, APA’s chief executive officer afferma che:
I maggiori focus legati al supporto alla salute mentale sul posto di lavoro possono essere dovuti ai bisogni scaturiti dall’epoca pandemica. Nonostante gli sforzi delle aziende in tali direzioni siano stati messi in campo, sarebbe importante riconoscere che molti lavoratori continuano ad esperire difficoltà e necessiterebbero di maggior supporto. I datori di lavoro dovrebbero quindi mantenere gli sforzi profusi e in alcuni caso espandere l’offerta di servizi a supporto della salute mentale degli individui.
Per trasparenza, lasciamo la frase originale tradotta da fonte APA:
Some of the increased focus on workplace mental health support may have resulted from employers working to meet employees’ needs in response to theCOVID-19 pandemic. Though these efforts have been helpful, it is important to recognize many workers continue to struggle and need additional supports. Therefore employers must maintain and, in some cases, expand their mental health service offerings
Oltre alle prima citate, le difficoltà sul luogo di lavoro potrebbero essere di natura personale, legate al contesto soci-culturale che si riflette sulle realtà quotidiane. Approfondire tali aspetti è quindi d’obbligo, per garantire un’informazione completa.
Il supporto al benessere psicologico aziendale è sinonimo qualità
Sempre riferendomi ai dati APA prima citati, un dipendente su cinque si sentirebbe parte di un contesto lavorativo tossico a causa di abusi verbali fisici. A questo si aggiungono poi problematiche legate a questioni razziste o di orientamento sessuale (discriminazioni sociali e socio-economiche nei confronti di persone LGBTQ+ o di colore). In ambienti simili è chiaro che il lavoratore non potrà mai esprimere se stesso al massimo.
Un ambiente tossico genera tensioni che possono facilmente sfociare in gravi conseguenze psicologiche o psico-fisiologiche. Depressione, stati mentali alterati, ansia di recarsi sul posto di lavoro si convertono facilmente in maggiori costi tanto per la società che per la singola azienda. Andando a riprendere uno dei passaggi chiave della precedente guida su performance lavorativa e benessere mentale, i costi della depressione sono elevatissimi: si parla di 4 miliardi di euro all’anno.
La ricerca “Depression: cost-of-illness studies in the international literature, a review” di Patrizia Berto e colleghi (2000) ha preso in considerazione un elevato numero di studi svolti su più aree geografiche del mondo tra le quali anche ’Italia. Il costo della depressione è stato comparato con le maggiori malattie croniche, come l’Alzheimer, il cancro, l’osteoporosi e alcune diagnosi psichiatriche come la schizofrenia. La depressione rappresenta una delle patologie più significative, classificandosi al sesto posto delle malattie che comportano costi maggiori.
Per non parlare poi delle insidie attribuibili alla sindrome del Burnout. Un vero e proprio esaurimento che avviene quando la persona teme di non possedere le energie necessarie per completare gli obiettivi o i doveri posti. Lo stress accumulato può tramutarsi in condotte comportamentali inadeguate (astio tra colleghi, sentimenti negativi, rigidità di pensiero) o ancor peggio in malattie cardiovascolari. Ecco perché avere al proprio fianco un partner dedicato al sostegno psicologico dei propri dipendenti può rappresentare un vantaggio competitivo non indifferente.
L’importanza di un partner dedicato al benessere psicologico aziendale
Seguendo la logica approfondita oggi, supportata da evidenze scientifiche, la salute mentale è un fattore chiave per creare un contesto lavorativo sano. Noi di HelpMeOut siamo soliti porci alle organizzazioni come un partner affidabile, in grado di supportare le aziende a mantenere i propri lavoratori in salute psico-fisica. Offriamo piani personalizzati, garantendo il massimo rispetto della Privacy, un team numerosi di professionisti altamente qualificati, e un servizio di alto livello interamente online.
Il nostro team di terapisti si mette in gioco costantemente, fornendo ogni giorno supporto al benessere mentale dei lavoratori di molteplici realtà. I servizi di psicologia che puoi trovare sul sito si svolgono interamente online disponibili sia per singoli che per coppie. Per saperne di più, visita la pagina dedicata al supporto aziendale, o contattaci direttamente alla mail hello@helpmeout.it.
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Burnout: il nemico naturale della produttività aziendale
Viviamo nell’epoca della velocità, dove tutto “deve essere pronto per ieri”. Siamo costantemente messi alla prova, ed esposti a livelli di stress molto spesso superiori a a quanto potremmo realmente gestirne. Innumerevoli compiti e task che soffocano reti sociali e vita privata, fino a portare il lavoratore a quella situazione clinica che corrisponde al nome di burnout. L’etimologia del termine non è difficile: significa appunto bruciato, esaurito.
Un essere umano in queste condizioni, come potrai ben comprendere, non sarà mai in grado di offrire il massimo della propria professionalità. Il perché pare scontato: l’esaurimento cognitivo precede quello fisico. Una mancanza di forze cognitive si ripercuote in modo decisamente negativo sulla performance mentale e sociale degli individui, sfociando poi in patologie e sindromi lavoro correlate. Il Burnout rappresenta un grave problema che, come vedremo, è stato amplificato dal covid e dal potenziale conflitto mondiale. Quale potrebbe essere la soluzione? Scopriamolo insieme, prendendo spunto dalla ricerca scientifica psicologica che dagli anni 70′ studia il fenomeno.
Cause e sintomi del Burnout
Correva l’anno 2019 e l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità), ancora ignara della pandemia che da li a poco avrebbe stravolto il mondo intero, dichiarò il Burnout come sindrome. Quindi, come un insieme di sintomi che possono pesantemente influenzare lo stato di salute e benessere dei lavoratori. Una forte sensazione di negatività, di non avere abbastanza energie per riuscire a completare ogni compito lavorativo che ci è assegnato. Una tipologia di disagio psico-fisico che agisce su dimensioni differenti. Secondo alcuni studi, a mancare per prime sono le energie emotive, poi sopraggiunge un senso di bassa autostima e pensieri negativi verso il futuro.
I sintomi più frequenti sono:
- Rigidità di pensiero;
- Difficoltà legate alla performance cognitiva (Concentrazione, attenzione sul lavoro);
- Sensazione di non avere abbastanza energie per completare gli obiettivi;
- Sentimenti negativi, di astio nei confronti di colleghi;
- Difficoltà nell’addormentarsi;
- Decremento della motivazione al frequentare l’ambiente lavorativo;
- Bassa autoefficacia e senso di autostima.
Per autoefficacia s’intende quanto una persona si sente capace di affrontare un determinato compito. Tale costrutto è proprio della sfera lavorativa al contrario dell’autostima che incarna un quadro più ampio. Un’autoefficacia minore contribuirà ad impattare negativamente sul benessere personale, contribuendo ad aumentare i livelli di stress. Oltre ai sintomi psicologici, è possibile osservare anche sintomi di natura fisica come mal di testa ricorrenti, tachicardia, nausea, stanchezza cronica e molte altre.
Burnout post pandemia e stanchezza emotiva
Al quadro appena descritto è doveroso aggiungere un importante avvenimento: la pandemia. Essa ha contribuito ad aumentare globalmente i livelli di stress, soprattutto nei professionisti medici ma non solo. Alcuni studi hanno infatti evidenziato una decisa espansione di disturbi da stress post traumatico psicopatologie correlate e appunto burnout. Un impatto di notevole importanza sulla salute mentale mondiale. Nonostante ad oggi sembra scontato un ritorno alla normalità, gli effetti del COVID-19 sono ancora manifesti.
L’impossibilità, per cause di forza maggiore, di raggiungere gli uffici ha spalancato le porte al nuovo mondo dello smart working e del remote working. Per alcuni tale rivoluzione ha rappresentato un valore aggiunto. Altri, invece, hanno vissuto l’allontanamento forzato dai luoghi di lavoro come negativo, essendo abituati a godere della socialità in ambiente aziendale. Ad incrinarsi in questo senso è il delicato equilibrio vita-lavoro (work-life balance), ovvero il confine tra lavoro e vita famigliare.
Stress alle stelle, percezioni di impotenza e insicurezza hanno contribuito a rendere ancora più difficoltoso Per coerenza, devo ricordare che lo stress non è di per sé negativo e anzi, se gestito a dovere rappresenta una grande risorsa per le persone. Nell’epoca odierna tuttavia è molto più frequente assistere a carichi stressanti elevati, in grado di portare all’esaurimento delle energie e al conseguente sviluppo della sindrome del burnout.
Se i sintomi e il contesto sono chiari, ciò che rimane maggiormente sfumata e poco conosciuta è la cura. Noi, essendo un team di terapisti che supportano ogni giorno dipendenti tramite servizi di welfare aziendale, un’idea ce la siamo fatta. Ecco allora in che modo è possibile tutelare il benessere psico-fisico delle persone.
Come possono le aziende tutelare i propri dipendenti?
Il Burnout rappresenta un grave problema, che mette a rischio la salute psico-fisica delle persone, rendendole improduttive. L’idea delle guide di HelpMeOut, tuttavia, non si riduce ad una mera descrizione del problema. Ogni guida del nostro blog mira, dopo aver dipinto un quadro contestuale di rilievo, a fornire soluzioni concrete. La scienza psicologica studia da sempre fenomeni come il burnout e le patologie lavoro correlate, come il low back pain e le cardiovascolari.
Anni di studi hanno portato ad un’unica conclusione: il supporto psicologico, e erogato da professionisti legalmente riconosciuti e formati, rappresenta la miglior risorsa per preservare il benessere e la salute mentale degli individui che compongono un gruppo di lavoro. E poco importa che questo gruppo sia grande o piccolo: la morale è sempre la stessa. Come abbiamo riportato in precedenza nella guida riguardante il benessere mentale del lavoratore, è innegabile che le aziende siano fatte da – e di – persone.
Noi di HelpMeOut, una realtà giovane e in espansione, siamo soliti porci alle organizzazioni come un partner affidabile, in grado di supportare le aziende a mantenere i propri lavoratori in salute psico-fisica. Offriamo piani personalizzati, garantendo il massimo rispetto della Privacy, un team numerosi di professionisti altamente qualificati, e un servizio di alto livello interamente online. Il nostro team di terapisti si mette in gioco costantemente, fornendo ogni giorno supporto al benessere mentale dei lavoratori di molteplici realtà. Per saperne di più, visita la pagina dedicata al supporto aziendale, o contattaci direttamente alla mail hello@helpmeout.it.
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Benessere mentale del lavoratore: conseguenze per le aziende
La depressione, così come tanti altri disordini mentali, viene spesso citata come esempio di disagio psicologico. In alcuni periodi dell’anno, assieme ad “ansia”, rappresenta una delle parole più cercate sui motori di ricerca in Italia. E di certo non c’è da stupirsi che questo sia uno di quei periodi.
I vari lockdown, la guerra in atto e la conseguente crisi hanno portato una depressione a tutto tondo, tanto economica quanto umana. Non tutti sanno però che i costi del disagio psicologico sono sempre stati molto elevati anche negli anni precedenti, e a doverli gestire sono in primis le aziende.
Si, perché le aziende sono fatte di persone. Di individui che, per motivi legati all’ambiente lavorativo o di vita privata possono vivere un disagio psicologico che comporterà sul lungo periodo un maggior assenteismo dal lavoro, o nella peggiore delle ipotesi l’insorgenza di malattie cardiovascolari come l’ipertensione arteriosa.
Nella guida di oggi approfondiremo prima il legame tra depressione e benessere del personale e collaboratori. In seconda battuta, invece, analizzeremo a fondo quali potrebbero essere le conseguenze di una attenta gestione della salute psicologica dei lavoratori. In ultimo, forniremo una soluzione professionale, validata scientificamente e pratica ai problemi riportati.
Come la depressione influenza il benessere mentale del lavoratore
Il disagio psicologico in ambiente aziendale è molto più diffuso di quanto si pensi. Molto spesso ci si dimentica che le persone sono l’azienda, e che irrimediabilmente se a stare male saranno le persone i risultati sul lungo periodo coinvolgeranno anche la realtà aziendale. Le principali difficoltà legate alla salute mentale riguardano l’ansia, lo stress lavoro correlato e relative malattie cardiovascolari.
Proprio così: il fattore psicologico si ripercuote nel fisico, portando a quella che viene definita clinicamente con il termine “somatizzazione“. Somatizzare può portare a ulcere, emicrania, mal di testa ricorrenti, cardiopatie, infarti e asma. Oltre a tali sintomi, è possibile citare anche stanchezza e dolori cronici inspiegabili ai primi esami fisici, poiché l’origine è appunto psicologica.
Ciò che viviamo e pensiamo è in grado di influenzarci pesantemente, inducendo le persone a possibili stati di passività. Essere depressi può significare anche questo. Non ci stancheremo mai di ribadirlo: come riporta l’OMS (organizzazione mondiale della sanità), la salute dovrebbe essere intesa non come assenza di malattia, bensì come uno stato di benessere mentale, fisico e sociale.
Vivere una situazione poco stimolante, nella quale per molti motivi possono emergere insoddisfazione, ansia legata al futuro o depressione. La persona, senza gli strumenti o il supporto di professionisti qualificati, potrebbe peggiorare sempre di più, assentandosi dal luogo di lavoro. E la scienza supporta fortemente tali teorie. Nella ricerca di Donald e colleghi del 2005, svolta su un campione di 16.000 persone, il benessere psicologico è stato messo al primo posto come fattore predittivo della performance lavorativa.
Dato quindi per assodato che la salute mentale possa influenzare pesantemente il benessere dei lavoratori, andiamo ora ad analizzare nel dettaglio come il fattore psicologico possa influenzare in positivo o negativo le organizzazioni.
Come il benessere mentale del lavoratore influenza le aziende
La ricerca “Depression: cost-of-illness studies in the international literature, a review” di Patrizia Berto e colleghi (2000) ha preso in considerazione un elevato numero di studi svolti su più aree geografiche del mondo tra le quali la Spagna, gli USA, l’Inghilterra e l’Italia. Il costo della depressione è stato comparato con le maggiori malattie croniche, come l’Alzheimer, il cancro, l’osteoporosi e alcune diagnosi psichiatriche come la schizofrenia.
La depressione rappresenta una delle patologie più significative, classificandosi al sesto posto delle malattie che comportano costi maggiori. In termini economici:
Janssen Italia
E questo prima che la pandemia impattasse su milioni di vite. A sottolinearlo è ancora una volta l’organizzazione mondiale della sanità che il 10 maggio 2022 pubblica un documento importante, che testimonia l’aumento globale di ansia e sintomi depressivi del 25%. Paesi europei e non hanno preso precauzioni importanti, tra le quali possibilità economiche per i singoli come in Italia il Bonus Psicologo.
Inutile negarlo: il contesto è difficile, e i grandi cambiamenti epocali avvenuti hanno messo in luce una grande verità: il benessere psicologico è insostituibile, e bisogna prendersene cura. Quale potrebbe essere una buona soluzione aziendale, per tutelare dipendenti e soddisfazione lavorativa?
La soluzione: cosa può fare HelpMeOut per la tua azienda
La salute mentale dovrebbe essere una priorità. Se è vero che le aziende sono fatte di persone, e che prendersi cura del proprio disagio psicologico porta innegabilmente benefici alle persone, allora saranno anche le realtà aziendali a beneficiarne. A supporto di tale ipotesi, come hai potuto vedere dagli scorsi paragrafi, ci sono articoli scientifici pubblicati su riviste internazionali e dati di ricerca e sviluppo da enti accreditati.
In ultimo, c’è la nostra esperienza diretta. Noi di HelpMeOut siamo una realtà giovane e professionale, che si pone come partner affidabile al fianco delle aziende che percepiscono il benessere mentale dei loro dipendenti come prioritario. Offriamo piani personalizzati, garantendo il massimo rispetto della Privacy, un team numerosi di professionisti altamente qualificati, e un servizio di alto livello interamente online.
Il nostro team di terapisti si mette in gioco costantemente, fornendo ogni giorno supporto al benessere mentale dei lavoratori di molteplici realtà. Per saperne di più, visita la pagina dedicata al supporto aziendale, o contattaci direttamente alla mail hello@helpmeout.it.
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Il metodo scientifico per raggiungere qualunque obiettivo
Esiste un metodo scientifico utile a raggiungere qualunque obiettivo. Un metodo ormai famoso, che è stato citato ed applicato in differenti realtà: dalla psicologia alla finanza, al mondo dello sport di alto livello o in ambiti di formazione aziendale. E chissà, probabilmente ne hai già sentito parlare, forse no. Oggi vorrei descrivertelo minuziosamente, per darti la possibilità di applicarlo sin da subito.
Certo, sin da subito si fa per dire. I motori di ricerca come Google pullulano di articoli e guide che offrono soluzioni semplici a problemi complessi. Raggiungere l’obiettivo che ti sei prefissata/o non è un affare banale. Ottenere risultati, che si tratti di benessere fisico, mentale o di prestazione è sempre difficile. Se tuttavia arriverai alla fine di questa guida, avrai un’arma in più da poter utilizzare.
Come sempre, ti ricordo che le informazioni citate nelle nostre guide hanno carattere puramente informativo e non possono in alcun modo sostituire il parere di un esperto. Se ritieni di aver bisogno di un supporto qualificato, puoi consultare lo spazio dedicato. Concentriamoci ora sull’argomento di oggi: come affrontare, nel modo corretto, la scalata verso il raggiungimento di mete per noi importanti?
Come raggiungere qualunque obiettivo
Sembra una semplificazione forzata, ma non la è. Il metodo che sto per descriverti si articola in cinque punti, cinque caratteristiche che se affrontate con consapevolezza rivelano una profonda complessità. Devi sapere infatti che un obiettivo degno di tal nome dovrà per forza di cose soddisfare tali caratteristiche. Se agisci senza rispettarle, aumenterai la probabilità di fallimento. Se, al contrario, riuscirai ad impostare una meta con tali requisiti, aumenterai in modo sostanziale le probabilità di raggiungerla.
Specifico
Partiresti mai per un viaggio, senza sapere dove stai andato e quanto distante sarà la meta? L’approssimazione è il nemico giurato del successo. Per questo, dovrai configurare un obiettivo specifico, che sei in grado di visualizzare con precisione nella tua mente. Per intenderci, affermare di voler dimagrire non è abbastanza specifico. Affermare invece di voler perdere cinque kg in tre mesi è decisamente più specifico e chiaro, e quindi maggiormente raggiungibile.
Misurabile
Misurare è fondamentale, perché permette di comprendere se e come la nostra strategia ci stia avvicinando al risultato finale. Riprendendo di nuovo l’esempio del dimagrimento, sarà necessario misurare i propri progressi nel tempo. Se dopo due mesi non avrò perso mezzo kg, difficilmente sarà possibile perderne cinque nei due mesi successivi. Lo stesso vale per obiettivi differenti (apprendimento, prestazione, etc…).
Raggiungibile
Il tasto dolente, che molto spesso non viene preso in considerazione. Un obiettivo considerato raggiungibile non sarà né troppo difficile, né troppo semplice, ma appunto sfidante. Per avere la sensazione che un obiettivo sia realmente sfidante per noi, dovremo fermarci e prendere coscienza delle competenze utili allo scopo. Purtroppo molte persone intraprendono una strada senza possedere le competenze necessarie richieste, ma se ne accorgono solo in un secondo momento. Così, mete considerate raggiungibili con quel “basta un po’ di impegno” si rivelano crepacci senza scampo, dai quali è impossibile uscire. Non commettere questo errore, verifica sempre con la massima attenzione.
Rilevante e realistico
Immagina di essere costretto ad assistere, tutti i giorni, ad una lezione di una materia per te inutile. Ammesso che tu lo faccia controvoglia, imparerai pochissimo (se non nulla) e inizierai ad associare a quella materia emozioni negative. Un obiettivo deve per forza di cose essere rilevante per te, altrimenti non avrai mai la giusta dose di motivazione per perseguirlo nel tempo. Allo stesso modo dovrà essere realistico e plausibile in base alla situazione. Se hai giocato per tutta la vita a tennis, difficilmente potrai diventare un giocatore della nazionale italiana di calcio.
Stabilito nel tempo
Inserire una tempistica ti aiuterà senz’altro. Non sottovalutare l’importanza di una strategia che tenga conto anche di vincoli temporali, perché senza di essi ti perderai molto più facilmente. Stabilire un calendario, inoltre, sarà facilitante nel rendere misurabile il cammino verso la tua meta.
Se dovessimo tradurre questi ultimi cinque punti in inglese, otterremmo S (specific) M (Measurable) A ( Achievable) R (Realistic) T (Time-Bound). Il metodo viene appunto denominato SMART. E questa è la teoria. Sembra facile, vero? Certo, sembra… ma poi la realtà dei fatti stupisce sempre. Prendiamo il caso dei famosissimi “buoni proposti” dell’anno nuovo. Perché falliscono?
Obiettivi nella vita di tutti i giorni
Il metodo SMART può sicuramente aiutarti a raggiungere qualunque obiettivo tu abbia in mente. Ciò che devi tenere bene a mente, però, è che sarai tu a fare la differenza, non il modello o le teorie applicate. Saper essere motivati fino alla fine è una scienza, e non figlia di improvvisazione. E no, nel caso te lo stia chiedendo, no… le citazioni motivazionali NON BASTANO. A volte le persone non dispongono delle risorse personali necessarie per ottenere ciò che vorrebbero.
Un calo motivazionale al lavoro, in contesti sociali o più in generale nella vita quotidiana non va sottovalutato. In questo, appare senz’altro utile il supporto di un terapista. Non tutti sanno infatti che lo psicologo è utile anche a chi, in assenza di patologia, voglia migliorare se stessa/o. La crescita personale parte dalla consapevolezza che si possa sempre migliorare, se affiancati dalla giusta figura. E quando si parla di obiettivi e motivazione, chi meglio di un professionista della mente può aiutarti?
Come ricordato nella guida su come mantenere accesa la flebile fiamma della motivazione, non è sempre possibile essere motivati e pronti a dare il massimo. Ecco perché anche gli obiettivi pianificati con minuziosità e impegno hanno comunque un margine di errore. Disporre di un supporto professionale altamente qualificato, anche per pochi incontri, ti fornirà un punto di vista esperto importante dal quale partire per ottenere risultati superiori. Per essere pronto ad affrontare i momenti più delicati che, se gestiti con metodo e intelligenza, verranno trasformati da ostacoli a fonti dalle quali trarre ispirazione.
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Cosa fare quando la motivazione cala?
Cosa fare quando la motivazione cala sotto i piedi? Quando, nonostante un grande impegno profuso non riesci a sentirti in linea con il raggiungimento dei tuoi obiettivi?
La motivazione è un concetto trasversale, ricorrente nell’esistenza delle persone in ambiti differenti. Nello sport, a scuola, durante gare di qualunque tipo o nella vita lavorativa degli individui. Tutto ciò che è accessibile affascina l’essere umano, animale sociale per eccellenza e portato alla condivisione. E la motivazione, così come tanti altri costrutti psicologici, è tremendamente accessibile.
Chiunque potrebbe descriversi come motivato o al contrario demotivato per una serie di motivi personali e/o oggettivi. In quanti, però, saprebbero darne una definizione corretta? La comprensione dei fenomeni è la chiave per sapere come comportarsi per prevenire situazioni difficili. Per esempio, uno terapista professionista possiede una conoscenza profonda della motivazione, e sa come aiutare le persone in difficoltà a ritrovarla.
Tali competenze sono dovute a pratica e teoria apprese sul campo in anni e anni di esperienza. Nella guida di oggi troverai informazioni che ti saranno sicuramente utili a fare il primo passo verso una conoscenza consapevole di questo costrutto che ha da sempre affascinato, ed è altrettanto stato banalizzato da non addetti ai lavori. Scopriamo di più insieme, partendo da un’esperienza comune: il lunedì mattina.
Storie svogliate del lunedì mattina
Il lunedì mi alzo, e non ho voglia. Non di qualcosa in particolare, non ho voglia e… basta. Di andare al lavoro, di incontrare capo e colleghi con i quali litigo spesso. Se potessi, rimarrei a casa a guardare serie Tv tutto il giorno. Ho letto alcuni articoli su internet su cosa fare quanto si perde la motivazione, e ho persino applicato i consigli di quei presunti esperti. Tutto inutile. E alla fine mi è pure passata la voglia di leggere…
La motivazione è una fiamma che si estingue facilmente, se non sai come tenerla accesa. Il problema appunto sollevato in precedenza è che le persone non hanno idea di come essa si alimenti. Prima di dare “consigli”, è necessario sapere che un calo motivazionale potrebbe essere interpretato come sintomo di disagio psicologico. In casi di abulia (mancanza di volontà nel compiere un’azione) potrebbe essere presente una potenziale depressione dovuta a molteplici cause.
Devi sapere poi che la scienza psicologica è costellata di teorie su come gestire la motivazione.
Una delle più famose consiste nel distinguere tra:
- Motivazione intrinseca (la persona è spinta a mettere in pratica determinati comportamenti per una spinta che viene “da dentro”)
- Motivazione estrinseca (la persona è spinta a mettere in patica determinati comportamenti per una spinta che viene “da fuori”).
Un esempio di motivazione intrinseca potrebbe riguardare un giovane che, percependo un salario minimo, si impegna con tutto se stesso per apprendere il lavoro dei suoi sogni. Al contrario, un classico esempio di motivazione estrinseca riguarda il dipendente che accetta la permanenza in un contesto lavorativo insopportabile per lo stipendio.
Pare chiaro che in ambito lavorativo avere dei collaboratori motivati in maniera intrinseca porti a risultati superiori sia in termini di loro soddisfazione lavorativa, che di obiettivi di business.
Un’altra molto citata teoria motivazionale riguarda i bisogni dell’essere umano. Secondo McClelland saremmo motivati nell’agire da tre bisogni principali:
- Successo (bisogno di ottenere risultati positivi nella vita e nel lavoro);
- Potere (influenza sugli altri, intenso desiderio di ruoli di Leadership);
- Affiliazione (attribuire molta importanza all’ambiente sociale).
In breve, ognuno di noi sarebbe spinto nell’agire per ottenere
Cosa fare (per davvero) quando la motivazione cala?
Mettitelo bene in testa: non sottovalutare MAI i cali motivazionali. Per parlare di tale costrutto non basta aver letto un libro divulgativo che ne parla, o aver seguito un corso online. Perché appunto, si tratta di un fenomeno accessibile, ma di certo non banale. Il rischio di fare più male che bene affidandosi ad amici e improvvisati è elevato. Noi tutti mangiamo, navighiamo sui social e proviamo emozioni e sentimenti. Attenzione però: così come la singola azione del mangiare non ci porterà ad essere nutrizionisti, il semplice provare emozioni non farà di noi degli psicologi.
Ecco allora alcune risposte a domande apparentemente semplici, ma che se adeguatamente analizzate mostrano una concreta complessità:
Cosa si intende con “motivazione”?
Se dovessi dare una definizione semplice ma precisa del termine, direi che la motivazione è quel motore primario che spinge le persone a mettere in atto determinati comportamenti. La difficoltà principale è che quando le persone mettono in atto quel comportamento, non sono pienamente consce del “perché” lo stiano facendo. Intraprendere un percorso con un terapista esperto può sicuramente aiutare.
Come si fa a trovare la voglia di fare?
Sapersi auto-motivare è una scienza, non figlia di improvvisazione. Difficilmente basterebbe leggere due righe o una citazione per sentirsi meglio, perché appunto dietro ad una mancanza di voglia di fare potrebbero nascondersi ben più gravi affari.
Cosa fare quando manca la motivazione
Quando cadi e ti fratturi un polso hai due opzioni: recarti in ospedale e farti assistere da un medico esperto oppure attendere che le ossa si mettano a posto da sole. Nel secondo caso, avrai una maggior probabilità di incorrere in ricadute e di aggravare la tua situazione. Allo stesso modo, quando senti di “non averne abbastanza puoi intraprendere un percorso di terapia online o dal vivo, oppure aspettare che la motivazione ritorni da sola. Indovina quale delle due opzioni è più proficua?
Come hai potuto comprendere, sarebbe davvero difficile fornire consigli opportuni a chi, disperato, si chiede cosa fare quando la motivazione cala senza conoscerne la storia. Una delle abilità che può favorire la rinascita di quella voglia di fare che tiene svegli la notte potrebbe è senz’altro il goal setting. La capacità di porsi obiettivi in modo semplice e chiaro, spezzettando un macro-goal inizialmente impossibile, in tante piccole mete raggiungibili. Approfondiremo l’argomento in una delle prossime guide. Nel mentre, ricorda: se hai bisogno di un supporto qualificato, noi siamo qui per aiutarti.
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Perché sapersi arrabbiare è importante?
La rabbia è un’emozione diffusa e fondamentale per la sopravvivenza e per il benessere, sia in passato che nel contesto moderno. Certo, arrabbiarsi nella gran parte dei casi risulta semplice (anche troppo), e non è difficile perdere il controllo esibendo condotte offensive verbali e fisiche (o entrambe) . Come al solito, l’efficacia sta nel mezzo. Riprendendo la legge di Yerkes Dodson, a performance al meglio sarà l’individuo né troppo rilassato, né troppo stressato. Ed è così anche nel caso della rabbia: la risposta emotiva dev’essere certamente espressa, ma entro determinati limiti.
Secondo le ultime ricerche, arrabbiarsi in continuazione e manifestarlo o al contrario reprimere i propri sentimenti predispone a pericoli per la salute dell’organismo. Ricordandoti che le informazioni che troverai nella guida di oggi, e sul blog di Helpmeout, hanno carattere puramente informativo e non possono sostituire il parere di un professionista della salute, ti esorto a continuare a leggere.
Così come numerosi fenomeni studiati dalle scienze psicologiche (Resilienza, la somatizzazione, e tantissimi altri), anche la rabbia viene spesso banalizzata. Per comprendere appieno il concetto scientifico e i rischi di una mancata abilità di gestione, è necessario partire da molto lontano.
Una storia, mille emozioni
Si potrebbe affermare che il 1972 fu un anno “storico” per molteplici motivi. Il tre febbraio vennero inaugurate le indimenticabili olimpiadi invernali di Sapporo. Il 14 Marzo a Segrate, in provinciali di Milano, venne ritrovato il corpo senza vita di Giangiacomo Feltrinelli, fondatore dell’omonima casa editrice che conosciamo tutt’oggi. Il 7 novembre il controverso Richard Nixon fu rieletto come presidente degli USA per la seconda volta.
Oltre a questi, e a molti altri avvenimenti di importanza sportiva, sociale e politica, il 1972 fu un anno fondamentale per lo sviluppo degli studi sulle emozioni. Paul Ekman intraprese un lungo viaggio verso la Nuova Guinea, per mostrare che gli stati emotivi non fossero determinati dal contesto culturale, provandone il carattere universale. Oggi sappiamo che le emozioni hanno un’origine biologica, e che sono state importantissime tanto per lo sviluppo, quando per il benessere dell’essere umano.
Se i nostri avi sono riusciti a sopravvivere in ambienti difficili, a contatto con specie ostili, è anche grazie a quell’istinto rabbioso, fortemente adattivo. Ma il sapersi arrabbiare è fondamentale anche oggi, nelle relazioni di coppia o amicali. È semplice intravedere tale emozione dietro a comportamenti vendicativi con una causa ben specifica. In altri casi, invece, una situazione difficile genera in noi un disagio psicologico espresso arrabbiandoci con persone che non hanno nulla a che fare con la causa scatenante. A volte, riconoscere cosa si nasconda dietro ad azioni colleriche è più difficile di quanto sembri. Come comportarsi?
Cosa si nasconde dietro la rabbia?
L’arrabbiarsi fa parte dell’esperienza di vita di ogni individuo, e nonostante la matrice universale, ognuno di noi può esprimere la propria rabbia in differenti modi e “prendersela” per altrettanti differenti motivi. Alcune delle azioni che possono provocare rabbia potrebbero essere:
- Davanti al fallimento o al mancato funzionamento di supporti che utilizziamo nella quotidianità (Televisore, smartphone, macchina, etc…);
- In contesti dove le azioni di altri possono determinare un risultato sfavorevole o risvolti negativi (sconfitte in sport di squadra, ritardi dovuti a traffico metropolitano);
- Nel rapporto di coppia, tentativo da parte di uno dei due partner di imporre il proprio volere;
La rabbia nei rapporti di coppia
Nei rapporti amorosi o amicali può accadere che ci si lasci travolgere dalla collera. Se eccessiva, la rabbia può essere un ostacolo insormontabile e sfociare in una crisi di coppia. In casi simili, sarebbe necessario evitare di dileggiare l’altra persona colpendola in punti di discussione sensibili, prediligendo il dialogo costruttivo. Allo stesso modo, però, è altrettanto utile non reprimere i propri sentimenti perché come ben illustrato nel prossimo paragrafo, far finta di niente potrebbe contribuire a sviluppare patologie cardiovascolari.
Cosa succede a chi è sempre arrabbiato?
Come citato in precedenza, uno stato di collera sempre presente può generare conseguenze di disagio tanto psicologico quanto fisico. Kubzansky e colleghi, in uno studio del 2006 hanno evidenziato una forte correlazione tra rabbia, asia e depressione e disturbi cardiovascolari (Coronariopatia). La rabbia quindi, se costantemente provata, aumenterebbe il rischio di infarto. Attenzione però: tali rischi si corrono sia nei casi in cui la rabbia si manifesti, sia che rimanga nascosta. Inoltre, da situazioni simili può originare un forte disagio psicologico, che tende a manifestarsi sotto molteplici forme:
- Difficoltà nelle relazioni sociali;
- Diminuzione dell’autostima percepita;
- Sbalzi d’umore, ansia e depressione.
Prendersi cura di se stessi è fondamentale, e di certo esistono alcuni rimedi e strategie utili a migliorare la situazione prevenendo tali sintomi. Per esempio, nei casi in cui la rabbia sia un’espressione di carichi di stress elevati, l’esercizio fisico costante potrebbe essere una buona idea. Non sempre però la persona, o la coppia, dispone dei mezzi per superare eventuali problemi o disagio. Quale potrebbe essere la miglior strategia per imparare a gestire la rabbia? La risposta, come spesso accade, viene dalla scienza.
Il miglior modo di gestire la rabbia
Sapersi arrabbiare è molto importante, e gestire la rabbia significa saperla esprimere entro determinati limiti senza eliminarla né esasperarla. Il metodo più efficace in tale ambito risulta essere la terapia psicologica. Sarebbe infatti possibile trovare una schiera di studi scientifici molto validi come la pubblicazione di Beck Fernandez e molti altri. Il contatto con un terapeuta rappresenta il primo passo consapevole verso la propria crescita personale. La gestione delle emozioni è un’abilità, che può essere appresa e conseguentemente utilizzata per stare meglio sia con se stessi, che con il proprio contesto sociale.
Se soffri di disagio psicologico dovuto a situazioni di mancato controllo, o se vorresti migliorare il rapporto con te stessa/o, apprendendo strategie utili al tuo benessere fisico e mentale, qui a Helpmeout potrai usufruire di un colloquio conoscitivo gratuito completamente online. Non dovrai fare altro che compilare il questionario, il quale esito ci permetterà di metterti in contatto con lo psicologo del nostro team più adatto alle tue esigenze. Non rimanere in balia delle tue emozioni, prenditi cura della tua salute psico-fisica. Life is too short to be unhappy.
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Esercizio fisico e benessere mentale
Esercizio fisico e benessere mentale costituiscono un binomio robusto, ricorrente nelle menti di illustri pensatori, filosofi e scienziati di ogni tempo. Il celebre “mens sana in corpore sano” ne è un esempio appartenente ad epoche passate, che viene utilizzato ancora ai giorni nostri, dopo secoli. Ed è forse nella nostra società che tale detto ha trovato supporto: negli ultimi anni sono state portate alla luce prove scientifiche di come l’allenamento possa favorire la salute psicologica
Ciò che risulta spesso difficile da comprendere è il nesso che unisce fisico e mente nella stessa figura: l’essere umano. In questa guida, con l’ausilio delle migliori ricerche pubblicate su riviste internazionali di scienze psicologiche, andremo ad approfondire di un argomento molto famoso sul web, ma quasi sempre frainteso.
Ti ricordo come al solito che le informazioni pubblicate sul blog di Helpmeout hanno carattere informativo, e non possono sostituire in alcun modo il parere di un professionista della salute mentale. Se ritieni di aver bisogno di un aiuto, puoi trovarlo qui. Compilando il questionario, ti metteremo in contatto con il terapista più adatto alle tue esigenze, con un primo colloquio online gratuito.
Torniamo all’argomento di oggi, con una domanda: l’attività sportiva può essere percepita come un utile strumento, se impiegato col fine di aumentare il benessere psicologico?
In che modo lo sport favorisce il benessere psicologico?
Nel corso della storia, il dualismo corpo-mente ha da sempre ricoperto un ruolo rilevante e senz’altro controverso. Secondo i filosofi greci, l’uomo avrebbe dovuto aspirare a due grandi obiettivi: la sanità del corpo e dell’anima. Tali nozioni avrebbero spinto gli antichi pensatori all’eccellenza corporea ed intellettuale, che oggi chiamiamo benessere psicofisico, fino ad approdare al detto latino prima citato.
Mens sana in corpore sano è una grande verità, ma deve essere letta con consapevolezza e contestualizzata. L’utilizzo moderno della locuzione, infatti, si discosta leggermente dal significato primario. Oggi, grazie alle numerose ricerche scientifiche esistenti, è possibile parlare di benessere psico-fisico inteso come uno stato di salute a tutto tondo. Il concetto viene citato in due ambiti principali:
- Prevenzione del disagio psicologico e gestione dei sintomi;
- Miglioramento della performance cognitiva (per esempio nel lavoro, nello studio, etc…).
Nella pubblicazione di Paluska e Schwenk, i due autori sottolineano il fatto che l’attività fisica, sia essa aerobica che anaerobica, possa giocare un ruolo importante nella gestione di alcuni sintomi di disagio psicologico, come per esempio l’ansia e gli attacchi di panico. Un altro studio interessante evidenzierebbe il fatto che alcuni protocolli di allenamento specifici possano essere utilizzati sia come prevenzione, ma anche inseriti in programmi riabilitativi come supporto alle classiche terapie.
Approfondendo invece il binomio sport-performance cognitiva scolastica, è utile citare la ricerca Physical activity and mental performance in preadolescents: Effects of acute exercise on free-recall memory pubblicata dalla professoressa Caterina Pesce e colleghi nel 2008. I risultati mostrerebbero di come lo sport potrebbe migliorare le prestazioni mnemoniche degli studenti.
I benefici dell’attività fisica sulla mente
I benefici dell’attività fisica sulla mente potrebbero essere:
- Miglioramento del tono dell’umore;
- Prevenzione e gestione di sintomi ansiosi;
- Prevenzione di sintomi depressivi;
- Riduzione dello stress;
- Promozione delle capacità di interazione sociale;
- Miglioramento della performance cognitiva nel lavoro, a scuola o in università.
Soffermiamoci su quest’ultimo punto, citando un’ulteriore ricerca. Castelli e colleghi, con una ricerca pubblicata su Journal of Sport and Exercise Psychology, sostengono che il benessere fisico sia altamente correlato con i risultati scolastici. E, come avrai ben compreso, potrei andare avanti per ore a citare altri studi con la stessa conclusione. Tali risultati, però, se da un lato mettono in luce gli effetti benefici dell’attività fisica, dall’altra potrebbero essere facilmente fraintesi oscurando l’importanza della parte psicologica.
Secondo il modello bio-psico-sociale, essere in salute significa scoprire ed allenare tre variabili fondamentali. Fisico, mente e relazioni sociali si influenzano a vicenda, e non devono intendersi come compartimenti stagni. Quindi, per stare bene e raggiungere il massimo della produttività sarà necessario allenarsi, ma anche prendersi cura della propria salute mentale a contatto con professionisti e coltivare la socialità in maniera attiva. L’attività fisica, quindi, contribuirà al benessere psicologico se integrata in uno stile di vita specifico. Quest’ultimo ragionamento ci riporta, di nuovo, al nostro detto latino: mens sana in corpore sano, certo, ma vale anche il contrario.
Mens sana in corpore sano e… viceversa
Alla luce della scienza, anziché affermare “mens sana e in corpore sano” sarebbe più corretto affermare “mens sana in corpore sano e viceversa”. Riprendendo il concetto di essere umano come entità psico-fisica, sarebbe corretto percepire esercizio fisico e benessere mentale come due punti sui quali intervenire in egual misura.
Per godere appieno della vita, è necessario prendersi cura di se stessi promuovendo ogni aspetto dello “star bene”. E certo, qui risulta tristemente semplice per molti scontrarsi con lo stigma nutrito nei confronti dei terapeuti. Il terapeuta rappresenta una soluzione concreta nei casi di disagio psicologico di qualunque entità, ma non solo.
Infatti, affermare che lo psicologo lavori esclusivamente con la patologia è una enorme bugia. Un esempio eclatante è l’impiego di professionisti della salute mentale nello sport e nelle realtà aziendali per il miglioramento della prestazione cognitiva e la gestione dello stress. Tali figure, inserite da sempre in tali contesti sono in grado di fornire competenze e skills anche a persone che, in assenza di disagio, vorrebbero migliorare la loro produttività e le loro performance.
Vorresti essere in salute, felice e pronto a gestire eventuali stati di umore penalizzanti (Ansia, depressione, bassa autostima, etc…)? Ecco la soluzione: sarà tanto necessario praticare attività fisica, quanto intraprendere un percorso di crescita personale con professionisti legalmente riconosciuti e adeguatamente formati sotto il profilo teorico/pratico.
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Dismorfismo corporeo: curarlo con la terapia psicologica
Quando si parla di dismorfismo corporeo, la mente del pensatore si rifugia in un immaginario collettivo costellato di estremi. Contribuiscono a tale risultato i numerosi articoli su Google che descrivono i dismorfismi come la percezione di parti del corpo come deformi o ripugnanti. Il fenomeno, tuttavia, presenta numerose sfaccettature difficilmente riassumibili in poche righe, e non si limita esclusivamente al percepire deformità.
Con le nostre guide sul mondo della salute mentale noi di Helpmeout vogliamo informare le persone rendendo accessibili a chiunque (per quanto possibile) tematiche psicologiche complesse. Il dismorfismo corporeo può rappresentare certamente una fonte di disagio importante, ma ad alcune condizioni specifiche delle quali i terapisti professionisti sono a conoscenza. Vorresti capirci di più? Allora ti consiglio di continuare a leggere. Prima, però, un avvertimento.
Come al solito, ti esorto ad evitare SEMPRE l’autodiagnosi. Certo, nella seguenti righe troverai informazioni rilevanti e link alle ricerche citate, pubblicate su riviste scientifiche di scienze psicologiche. Tali informazioni potranno esserti utili a comprendere in generale “come funziona”, ma non potrebbero in nessun modo sostituire il parere professionale.
Un terapista legalmente riconosciuto ha completato un iter formativo di anni, maturando conoscenze teoriche e pratiche sul campo (al contrario di chi ha studiato su Google). In ultimo, per quanto possa apparire scontato, è lecito sottolineare che ogni persona è diversa. Per questo, ogni caso di disagio psicologico presenta sfumature differenti, che se sottovalutate o gestite con improvvisati rischiano solo di peggiorare. Veniamo 0ra all’argomento di oggi: quali sono le caratteristiche di un disturbo da dismorfismo corporeo?
Cos’è il dismorfismo corporeo?
In alcuni individui la perdita dei capelli appare come un vero e proprio danno, dal quale è possibile che si originino situazioni difficili (mood depresso, decremento dell’autostima). La ricerca di Neda e colleghi, pubblicata nel 2014, supporta fortemente tale ipotesi. Secondo lo studioso, chi sperimenta una perdita di capelli potrebbe sviluppare un vero e proprio disagio psicologico che contribuirebbe a limitarne le interazioni sociali.
Ora, avere il timore di perdere i capelli o semplicemente curare il proprio cuoio capelluto con interesse non significa che una persona soffra di psicopatologia. Secondo il DMS-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), infatti, si potrebbe parlare di disturbo solo in presenza di una preoccupazione tale da non permettere all’individuo il normale svolgimento della vita quotidiana. Quali sarebbero i sintomi chiave, scientificamente riconosciuti?
Sintomi e caratteristiche diagnostiche del dismorfismo
La sintomatologia del dismorfismo corporeo potrebbero essere:
- Percezione del proprio aspetto come anormale, brutto o deforme;
- Eccessiva preoccupazione causata da tale percezione distorta;
- Sentimenti di vergogna o paura nel mostrare la parte del corpo interessata in pubblico;
- Bassi livelli di autostima.
Il disturbo da dismorfismo corporeo porterebbe la persona a controllare compulsivamente le presunte imperfezioni, che tuttavia gli altri individui non percepiscono come tali. A causa del sentimento di vergogna ed eccessiva preoccupazione, alcuni individui ricorrerebbero a trattamenti estetici (dermatologia, chirurgia estetica) che però secondo Katharine Phillips (Direttrice dei programmi “Body Dysmorphic Disorder” e “Body Image” al Butler Hospital e professoressa alla Psychiatry and Human Behavior at Brown Medical School a Providence a Rhode Island) non risolverebbero il problema.
Questo accade perché la causa di quel vedersi brutti o con difetti fisici anormali non sta nella parte del corpo in sé, bensì nella percezione personale di chi guarda verso lo specchio. In casi gravi, è possibile che tali disturbi generino pensieri suicidari. Ed è la stessa Philips precedentemente citata ad esplorare il medesimo aspetto in una pubblicazione del 2007, sostenendo che nelle persone con disturbo di dismorfismo corporeo, circa l’80% avrebbe almeno una volta pensato al suicidio, e circa il 25% lo avrebbe tentato.
Ad un disturbo da dismorfismo sono associati ansia, bassa estroversione, isolamento sociale e difficoltà emotivo-relazionali. Ciò che prima era semplice, viene percepito come difficile a causa di quel difetto ritenuto inaccettabile. Benché sia possibile che vengano ritenute dismorfiche una o più parti del corpo, nel DSM-5 è possibile trovare un particolare riferimento al dismorfismo muscolare.
In questa specifica tipologia di dismorfismo, che colpirebbe prevalentemente gli individui di sesso maschile, l’eccessiva preoccupazione riguarda la forma fisica. Il non ritenersi abbastanza muscolosi, o in forma. A costo di sembrare ripetitivo e noioso, aggiungo ex novo che curare il proprio aspetto fisico e allenarsi NON è da intendere come sinonimo di psicopatologia (prima di giungere a qualunque conclusione, consulta un esperto).
Quali potrebbero essere le cause del dismorfismo?
Chi cura il dismorfismo?
Come avrai certamente compreso, sia a causa delle informazioni qualitativamente rilevanti negli scorsi paragrafi, che dal titolo tendente allo spoiler, è possibile prendersi cura del dismorfismo attraverso la terapia psicologica.
É la prima volta che entri in contatto con noi? Allora lascia che ti spieghi come ottenere un colloquio online completamente gratuito. Per prima cosa, sarà necessario compilare un breve questionario dove potrai raccontarci la tua situazione, e le difficoltà che stai vivendo. Grazie a queste preziose informazioni, saremo in grado di consigliarti il terapeuta più adatto a risolvere le tue difficoltà.
Avrà così luogo il primo colloquio online, dove potrai renderti conto personalmente di quanto uno psicologo possa esserti utile. In seguito, avrai la completa liberta di decidere se e come proseguire. Non esiste disagio psicologico di serie A o di serie B. Se hai bisogno di una mano, grande o piccola che sia, contattaci: ecco il link al questionario. Life is too short to be unhappy.

Disturbi somatoformi: cosa sono e come intervenire
Il termine “disturbo somatoforme” nasce dalla commistione tra due concetti, appunto fisico e mentale. Sarebbe possibile definire i sintomi somatoformi come una “tensione interiore” che viene espressa tramite disagi fisico. Le persone che soffrono di tali disturbi tendono, almeno inizialmente, a cercare una spiegazione organica. Dinanzi a dolori specifici o malessere di carattere generale è di certo doveroso svolgere controlli e check-up, recandosi da medici generici e/o specialisti.
Se poi, a capo di tali esami, il medico rassicura il paziente sostenendo l’assenza di problematiche fisiche, la persona potrebbe non sentirsi presa sul serio, andando nuovamente alla ricerca di una spiegazione organica da differenti professionisti. Tali disturbi sono frequenti nella popolazione? Come affrontarli nel migliore dei modi?
Risponderemo ora alle domande che le persone si pongono più spesso sui disturbi somatoformi. Nonostante le informazioni presentate siano di assoluta qualità, anche oggi voglio ricordarti che l’autodiagnosi non è MAI una buona prassi. I contenuti che puoi leggere sul nostro blog, così come sui nostri canali social Instagram, Facebook e Linkedin sono di natura puramente informativa, e non possono in alcun modo sostituire il parere di un professionista.
Se ritieni di avere bisogno di aiuto, non esitare a contattarci: ti metteremo in contatto con lo psicologo più adatto per le tue esigenze. Torniamo ora al focus della guida di oggi: scopriamo insieme i disturbi da sintomi somatici.
Disturbo somatoforme o disturbo da sintomi somatici?
Nella pratica clinica, il termine “disturbo somatoforme” è stato sostituito da una differente nomenclatura. Infatti, scorrendo il DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), troveremo al suo posto i disturbi da sintomi somatici. I disturbi da sintomi somatici vengono descritti come un insieme di sintomi fisici che generano un forte disagio psicofisiologico.
Tale disagio porta ad una compromissione della vita quotidiana. Si stima che i disturbi da sintomi somatici siano diffusi per il 5-7% della popolazione italiana, e che le donne siano maggiormente colpite rispetto agli uomini. La preoccupazione presentata è generalmente molto alta, poiché dopo numerosi esami e check-up, siano essi generali o specifici, non viene evidenziata alcuna probabile causa organica, tanto che la persona è portata a contattare ulteriore strutture mediche e specialisti, nella speranza di comprendere cosa stia succedendo.
Quanto durano i sintomi somatici?
Quali sono i sintomi somatici?
I sintomi fisici più tipici di chi soffre di disturbo da sintomi somatici comprendono:
- senso di spossatezza (generico);
- mal di pancia e gonfiori/dolori addominali;
- problematiche intestinali;
- difficoltà sessuali (se. eiaculazione precoce);
- battito cardiaco accelerato o decelerato;
- anedonia;
- nausea e vomito;
- calo della libido (desiderio sessuale);
- cali di energie duraturi;
- forti dolori in un punto specifico del corpo, o generali.
- mal di testa.
Come riconoscere i disturbi da sintomo somatico?
Riconoscere tale disturbo non è semplice, a causa di due principali motivi:
- I sintomi possono essere o meno associati a un’altra condizione medica;
- La diagnosi di disturbo da sintomi somatici e quella di una possibile malattia organica non possono escludersi a vicenda, e potrebbero addirittura verificarsi contemporaneamente;
Nella quasi totalità dei casi, la persona ricerca cure mediche che tuttavia non sortiscono alcun effetto. E anzi, in alcuni casi è possibile che si verifichino effetti collaterali dovuti ai farmaci. Alcuni pensano che la valutazione medica e il trattamento cui sono stati sottoposti siano ti inadeguati
Inoltre, non è sufficiente soffrire di sintomi somatici privi di cause organiche plausibili per diagnosticare disturbi simili. Dovrebbe essere presente anche un senso di preoccupazione, autentico e persistente. La persona percepisce la propria situazione disperata, interpretando il fatto che la sintomatologia non abbia spiegazione biologica come segno di gravità assoluta. Come affrontare al meglio situazioni simili?
Curare i disturbi da sintomi somatici
Ogni persona, così come ogni situazione potenzialmente psicopatologica, è differente. Esisteranno quindi casi più gravi di altri, richiedenti interventi di un’equipe di professionisti. La prima azione valida dovrebbe essere quella di escludere a priori, come detto in precedenza, cause organiche.
Uno strumento molto utile sia in termini attivi che preventivi riguarda interventi psicoeducativi. Andrebbe spiegato alle persone che sofferenze mentali, o livelli di stress troppo elevati potrebbero provocare sintomi fisici. Molto spesso, nella società odierna, vige la tendenza di giudicare come immaginario qualunque sintomo che non abbia una causa medica ben definita.
Così come la sofferenza fisica può generare disagio psicologico, allo stesso modo la sofferenza mentale può generare sintomi fisici. Non si tratta di fantascienza, bensì di scienza. Con questa guida, noi di Helpmeout vorremmo contribuire ad aumentare la consapevolezza di ogni singolo individuo in merito. Perché appunto, il fatto che i sintomi non siamo supportati da una causa fisica non significa che siano immaginari o inesistenti.
La psicoterapia si mostra un trattamento efficace. A supporto di tale ipotesi è possibile trovare numerosi studi, tra i quali anche la metanalisi di Jing Liu e colleghi, sulla rivista scientifica “Journal of Affective Disorders”. Secondo i risultati dello studio della Liu, sessioni terapiche di circa un’ora agirebbero in modo importante sui sintomi somatici, contastandoli. Inoltre, con un percorso terapico completo, si andrebbero a ridurre notevolmente anche sintomi di depressione, ansia.
E quanto detto vale, ovviamente, in generale. Date tuttavia le differenze individuali prima citate, è sempre lecito affidarsi a professionisti della salute mentale come psicologi e psicoterapeuti. Persone che di mestiere aiutano altre persone. Affidarsi ad un professionista della salute mentale è un passo importante e delicato. Noi lo sappiamo bene, per questo il colloquio conoscitivo online è gratis. Ecco come funziona: per prima cosa dovrai compilare un questionario, per noi molto utile a comprendere i tuoi bisogni.
Questo infatti ci permetterà trovare il/la terapista più adatto alle tue esigenze, mettendoti in contatto con lui/lei. Il tutto culminerà con il colloquio conoscitivo gratuito online, dove anche tu potrai comprendere se quel professionista potrà davvero aiutarti. Ecco il link al questionario. Se c’è la soluzione, perché tenersi il problema? Life is too short to be unhappy.
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Difficoltà nelle relazioni sociali: come superarle?
Capita spesso che, in alcune situazioni specifiche, la persona possa percepire difficoltà nelle relazioni sociali e nel costruire un dialogo con altri. Che sia una festa con persone sconosciute, o ad un incontro galante improvvisato può capitare che non si riesca ad instaurare una relazione sociale costruttiva. In casi specifici, quando la persona si affaccia a nuove realtà per motivi di studio, di lavoro o di vita, farsi “nuovi amici” potrebbe essere ancora più difficile.
Per esempio, ricominciare da zero all’estero è una sfida che non sempre un expat italiano riesce ad affrontare da solo, con la serenità necessaria. Saper socializzare è una abilità, e come tale può essere allenata. Per andare in palestra, e apprendere un determinato movimento occorre rivolgersi ad un personal trainer competente. Allo stesso modo, per incrementare le proprie abilità sociali apprendendone teoria e pratica, sarà necessario confrontarsi con specialisti del settore.
Qual è il miglior modo per superare tali difficoltà? Le cosiddette applicazioni social possono aiutare? Scopriamolo insieme, qui sul blog di HelpMeOut, prendendo spunto da riviste scientifiche di caratura internazionale.
Difficoltà relazionali in un mondo “social”
Viviamo nell’era del digitale, dove è possibile “aggiungere agli amici” su Facebook, interagire in maniera diretta alle “stories” delle persone che seguiamo sui Instagram o sondare il terreno su Tinder, in cerca di un crush con la “persona giusta” o per rapporti occasionali e/o duraturi. Secondo alcuni dati riferiti all’anno 2019, in media gli italiani passano circa 4 ore sui social, in cerca di interazioni con altri utenti. Tempi che, a causa della pandemia, sono notevolmente aumentati.
Nonostante vi sia la possibilità virtuale di avere più “amici” e relazioni, il mondo digitale dei social media non sembra influire né in positivo, né in negativo su potenziali problematiche sociali. L’online è uno strumento, e come tale non va certamente demonizzato. Anzi, sarebbe bene sottolineare che nell’epoca Covid-19 i supporti digitali hanno permesso di non perdere, o di coltivare per quanto possibile, la socialità. Incontri su Skipe con i famigliari, Netflix party con gli amici e molti altri tools possono sicuramente aver reso meno grave la solitudine forzata dei Lockdown.
Prendendo atto, quindi, delle straordinarie potenzialità dei social media, va ricordato che in presenza didisagio è necessario lavorare su se stessi al di là del mondo online. Che tu senta di avere difficoltà nel rapportarti con altri, problemi” di timidezza o relazionali, non saranno più amici sui social media a fornirti un aiuto concreto. Perché? Il motivo è scientifico, e di semplice comprensione.
La scienza delle relazioni sociali
Secondo lo studio di Maria Teresa Lima dell’università di Lisbona, pubblicato su Frontiers of Psychology, le relazioni sociali dal vivo sarebbero direttamente correlate ad uno stato di salute mentale benefico, in modo superiore agli incontri online. La maggior parte delle amicizie sbocciate nel mondo virtuale sarebbero nella maggior parte dei casi superficiali, e non costituirebbero una reale rete sociale.
Osservando poi il contesto nel quale viviamo, alle prime riaperture le persone hanno risposto con ondate di socialità, voglia di uscire e di riprendere le vecchie abitudini. Non va dimenticato che l’uomo è un animale sociale, e che l’organizzazione mondiale della sanità nella sua celebre definizione del più che lontano 1948 ma sempre attuale, descrive appunto la salute “come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia“. Informazioni importanti, fondamentali per comprendere che con la salute psicologica non si scherza, e che l’unico modo di coltivarla è farsi affiancare da un professionista.
Il miglior modo per superare le difficoltà nelle relazioni sociali
Di consigli, sul web, se ne leggono molti. Fiumi di articoli, e video nei quali vengono mostrati specifici “metodi infallibili”, e poco importa che questi ultimi siano forniti da professionisti o improvvisati: ogni situazione, così come ogni essere umano, è differente. Il miglior modo per superare le difficoltà nelle relazioni sociali è intraprendere un percorso, affiancandosi ad un esperto del settore. Solo così potrai avere un confronto personalizzato e più adatto a te.
E, per non esulare dal contesto storico che stiamo vivendo, potremmo descrivere la terapia come un “vaccino”. Abilità come il saper ascoltare possono migliorare la comunicazione delle persone, agendo come la più completa delle prevenzioni contro le difficoltà sociali e tutto quello che ne deriva. Tutti noi in potenza siamo interessanti, sappiamo rompere il ghiaccio o possiamo sentirci a nostro agio in un gruppo di amici nuovi. Il primo passo consiste nel chiederti per quale motivo tu stia provando ciò che senti. Perché non riesci ad esprimerti liberamente? Cosa ti blocca? Se ci hai già provato, e da sola/o non riesci ad uscirne, noi possiamo aiutarti.
HelpMeOut offre un servizio unico di supporto psicologico online, che fino ad oggi ha permesso a centinaia di persone in Italia e all’estero di poter risolvere il proprio disagio psicologico, di ottenere la crescita personale tanto desiderata, o di migliorare le proprie abilità sociali. Essendo professionisti seri, siamo ben consci che trovare “quello giusto” sia veramente difficile. Per facilitare le persone, offriamo il primo colloquio conoscitivo… gratuito. Come fare ad ottenerlo? Segui questi tre semplici passi:
- Compila il questionario, nel quale potrai comunicarci la tua situazione e le tue difficoltà/desiderio di migliorare;
- In base alle TUE richieste, ti metteremo in contatto con il membro del team maggiormente qualificato per aiutarti;
- Potrai confrontarti con lui nel primo colloquio gratuito, senza impegno.
E solo dopo sarai tu a decidere se continuare, oppure no. Cosa aspetti? Usufruisci del primo colloquio conoscitivo gratuito, migliora con noi. HelpMeOut: life is too short to be unhappy.
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Binge eating: quando l’abbuffata diventa un problema?
Il binge eating è una condizione patologica, caratterizzata da ricorrenti abbuffate incontrollate, che portano la persona a vivere una sensazione di disagio psicologico. Negli ultimi anni, il termine ha subito una forte impennata, a causa del gran numero di contenuti pubblicati sul web, diventando così sinonimo di abbuffata. In realtà, concepire questi due termini come sinonimi è un errore.
Un altro errore da imputare al precedente, tristemente spesso commesso dai non addetti ai lavori, consiste nell’eseguire diagnosi senza possedere le conoscenze necessarie. Così come in ogni altra guida che troverai sul nostro blog, ti ricordo che il fine delle seguenti righe ha carattere puramente informativo, e non può in alcun modo sostituire la diagnosi di un professionista del settore.
Nel linguaggio comune, un pasto abbondante potrebbe essere definito come un episodio di abbuffata potenzialmente patologico. Come vedremo oggi tuttavia il disturbo di binge eating deve soddisfare determinati criteri, definiti nel manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5), che solo un professionista della salute mentale come lo psicologo può interpretare in modo corretto. Veniamo ora alla domanda principale, contenuta nel titolo di oggi: quando un’abbuffata può essere considerata un reale problema? Quali sono i migliori rimedi possibili per imparare a gestire e superare simili psicopatologie?
Binge eating: sintomatologia e diagnosi
Ogni notte, quando tutti dormono, mi fiondo in cucina e inizio a mangiare. Non che io abbia fame… non so perché. Biscotti, dolciumi, hamburger, yogurt, uova, carne, pesce… è indifferente. Apro il frigo e inizio a mangiare, fino a sentirmi così gonfio da esplodere. Capita sempre più spesso: sono ingrassato di circa otto kg in tre mesi. Ogni volta che concludo il mio pasto notturno, mi sento sporco, disgustato da me stesso. La cosa più grave? Non riesco a farne a meno…
L’abbuffata rappresenta un comportamento specifico, dove il soggetto è colpito da un forte impulso, che lo porta ad ingerire quantità di cibo superiori rispetto alla norma. Durante questi episodi, la persona non riesce a smettere di mangiare e si riempie fino a provare vergogna, imbarazzo, forte senso di disgusto nei confronti di se stesso. Un’abbuffata è solitamente seguita da senso di colpa, sintomi depressivi e diminuzione di autostima. Al contrario di altri disturbi alimentari come l’anoressia e la bulimia nervosa, però, non vengono messe in atto condotte compensatorie (vomito autoindotto, utilizzo di lassativi, eccessivo esercizio fisico).
Quando episodi simili sono ricorrenti nel tempo (da minimo una volta a settimana, per più mesi consecutivi), potrebbe essere possibile diagnosticare il binge eating disorder (BED), o disturbo da alimentazione incontrollata. Dico “potrebbe” perché ogni situazione è differente, e va attentamente valutata in sede competente. Secondo alcuni, sembrerebbe esserci una correlazione tra BED e obesità, disturbo depressivo maggiore e disturbi di personalità. Il quadro sintomatologico potrebbe quindi comprendere anche complicazioni legate a patologie fisiche come le cardiovascolari e diabetiche.
Abbuffate e pensieri intrusivi
Pare chiaro che, quindi, una singola abbuffata non può essere considerata come patologica, anche se agli occhi di molti potrebbe apparire come tale. Mangiare due pizze, o fare il bis a tavola o a ristorante potrebbe non rappresentare un reale problema. A tal proposito, infatti, un’altra variabile fondamentale, che va assolutamente considerata, è il contesto nel quale tali comportamenti vengono messi in atto.
Se il desiderio di mangiare, anche in assenza di appetito, e le emozioni negative così generatesi ripercuotono in modo considerevole sulla qualità della vita, è necessario recarsi da specialisti della salute mentale. Come abbiamo visto, infatti, il forte disagio psicologico in potenza generato potrebbe provocare difficoltà nei rapporti con altre persone, portando l’individuo all’isolamento sociale.
Il risultato consiste quindi in un progressivo decremento della qualità della vita, all’impoverimento della rete sociale e perfino all’esordio di sintomatologie fisiche legate all’aumento di peso. Essendo il disturbo da alimentazione controllata, in genere, privo di condotte compensatorie, è possibile che sopraggiungano obesità e problematiche cardiovascolari.
Il miglior rimedio possibile
Inutile nascondersi: quando il disagio è forte, e pare incontrollabile, l’unica soluzione rimane quella di affidarsi ad un professionista della salute mentale. Numerose ricerche scientifiche mostrano l’efficacia di terapie individuali di stampo psicologico, nel trattamento di tali patologie. Decidere di non intervenire, o ancora peggio, contattare improvvisati, potrebbe andare a peggiorare la situazione in modo irrimediabile.
Come sempre, ti ricordo che le uniche figure legalmente riconosciute, esperte nel trattamento e nella gestione del disagio psicologico sono psicologi e psicoterapeuti. Nel nostro team troverai professionisti preparati, pronti ad accogliere le tue richieste. E ti dico di più: se è la prima volta che vieni in contatto con la nostra realtà, avrai diritto ad un colloquio conoscitivo gratuito online.
Il motivo per il quale offriamo il primo colloqui gratis è di vitale importanza e va spiegato. Sappiamo che trovare lo psicologo “giusto”, in grado di fornire una soluzione ai bisogni della persona, non è affatto semplice. Si rende quindi necessario fornire uno spazio nel quale professionista e persona possano inizialmente confrontarsi senza impegno. In questo modo, avrai la possibilità di capire se e come il membro del team scelto per te, in base alla tua specifica situazione, potrà esserti davvero utile.
Compila il questionario e usufruisci di un primo colloquio gratuito.
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Difficoltà emotive e relazionali: come comportarsi?
Quando si parla di difficoltà emotive, ci si riferisce solitamente all’insieme di cause generanti disagio psicologico legate appunto alla sfera emotivo-relazionale. Le persone che soffrono di disturbi legati alla sfera emotiva tendono solitamente ad evitare determinate situazioni, o a mettere in atto comportamenti disfunzionali a causa del disagio psicologico che provano.
Molto spesso si sentono impotenti perché incapaci di gestire le proprie emozioni, e in balia di queste ultime manifestano ansia e rabbia incontrollata. Una mancata gestione emotiva potrebbe portare facilmente a difficoltà relazionali generiche o di coppia, e scarsa autostima. Come in ogni altra tematica psicologica, urge il condizionale: non è detto che una difficoltà di gestione emotiva provochi per forza difficoltà.
Prima di continuare, è mio compito ricordarti che le informazioni riportate su qualunque articolo del blog di HelpMeOut hanno carattere puramente informativo, e non possono in alcun modo sostituire il parere di un esperto della salute mentale. E ora non resta che approfondire partendo dal principio: cosa sono le emozioni, e perché sono importanti per le persone?
Emozioni: imparare a comprenderle
“Per apprezzare il significato delle emozioni, basta immaginare la vita senza di esse. In luogo degli alti e dei bassi che sperimentiamo quotidianamente, la vita assomiglierebbe ad una vasta pianura vuota con poco significato”
Le emozioni rappresentano una serie di modificazioni psicofisiologiche che sfociano in comportamenti o alterazioni della mimica facciale, posturale e della gestualità, in base alla cultura di appartenenza. L’ambiente in cui viviamo e il contesto socio-economico possono dare alla luce emozioni differenti, in base all’assetto valoriale di una popolazione. Per esempio, alcuni popoli della Nuova Guinea identificano con il termine “Awumbuk” quell’insieme di tristezza e inerzia dovuto alla partenza di ospiti graditi. Nonostante importanti differenze transculturali documentate da numerosi studi, secondo gli scienziati è possibile distinguere alcune emozioni universali definite di base, tra le quali:
- Felicità;
- Tristezza;
- Rabbia;
- Paura;
- Disgusto.
che sarebbero appunto innate perché fondamentali alla sopravvivenza della specie. Per comprendere meglio quest’ultimo passaggio, nella guida sullo stress lavoro correlato abbiamo visto come uno stimolo stressante possa generare paura negli individui. La paura (emozione) può generare determinati esiti comportamentali (aggressività).
In alcune situazioni, agire con aggressività può tornare utile (per esempio, in un eventuale combattimento per salvarsi la vita). In altre, invece, risulterebbe controproducente (manifestare aggressività esagerata nei confronti di un figlio o di un proprio sottoposto/superiore sul lavoro). La mancata gestione di rabbia o paura potrebbero rovinare un rapporto di coppia, a causa di scoppi d’ira ritenuti incontrollabili.
Le emozioni non rappresentano qualcosa di negativo che dev’essere combattuto ed eliminato. Esse rappresentano uno straordinario motore di sopravvivenza che ha permesso al genere umano di sopravvivere ed evolversi nei secoli. Il piccolo “problema” consiste nel fatto che emotivamente parlando, non siamo molto diversi da secoli fa.
Qual è il miglior metodo per imparare a gestirle, in modo da prevenire disagio e difficoltà relazionali?
Come gestire le difficoltà emotive e relazionali
Una corretta gestione delle proprie emozioni rappresenta la soluzione ideale per prevenire o risolvere complicanze relazionali. Il tutto passa in primis da una comprensione dell’emozione stessa, e dall’accettazione totale di essa. Le difficoltà emotive vanno vissute appieno, e trasformate da punti deboli a potenti alleati, in un’ottica di miglioramento e crescita personale.
Il primo passo consiste nel chiederti per quale motivo tu stia provando ciò che senti. Cosa stanno cercando di dirti le tue emozioni? Noi di Helpmeout possiamo aiutarti a capirlo. Nel team troverai professionisti psicologi certificati e qualificati, che ogni giorno aiutano persone in cerca di una soluzione. Se anche tu ritieni di aver bisogno di un supporto, non esitare a contattarci. Compila il questionario e usufruisci del primo colloquio conoscitivo gratuito. Life is too short to be unhappy.
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Fobia sociale: come riconoscerla
La fobia sociale rappresenta una paura persistente e incontrollabile percepita in situazioni di interazione sociale. Difficoltà principali legate a questa patologia psicologica riguardano il parlare, o più in generale l’esibirsi di fronte ad un pubblico. In situazioni simili, l’individuo percepirebbe una forte sensazione di disagio psicologico legato principalmente a sintomi ansiosi. Nell’articolo precedente sull’ansia, e in uno dei più recenti sullo stress, abbiamo però spiegato che reazioni simili possono essere considerate del tutto normali.
Quando è possibile definire l’ansia sociale un vero e proprio disturbo psicopatologico? A chi sarebbe meglio rivolgersi, per affrontare e risolvere situazioni simili? Lo scopriremo insieme, nei prossimi paragrafi.
Fobia sociale: di cosa si tratta?
Le fobie sono paure ostinate, spesso prive di fondamento, nei confronti di oggetti, esseri viventi, o contesti situazionali. Se la fobia si rivolge ad attività, situazioni o classi di esseri viventi particolari, è lecito parlare di fobie specifiche. Ognuno di noi ha provato nella vita quotidiana sensazioni di angoscia irrazionali, legate ad oggetti o animali.. Esempi celebri potrebbero essere l’insettofobia (paura degli insetti) o l’aracnofobia (paura degli aracnidi come ragni e/o scorpioni). Nel DSM-5 vengono appunto indicati differenti codici legati allo stimolo fobico specifico, che vengono distinti in animale, paure legate alla natura (altezze, temporali, etc…), paura di sangue, iniezioni e ferite, e ovviamente la fobia sociale.
Partiamo dal presupposto che, come accennato nell’introduzione, percepire ansia prima di esibirsi davanti ad un pubblico, o paura quando si affronta una situazione inedita, non è patologico, anzi. Una buona attivazione psicofisiologica ci permetterebbe di ottenere prestazioni qualitativamente superiori, legate appunto a capacità cognitive superiori. Il problema, come sempre, consiste nella quantità di ansia o paura provate. Quando può essere ritenuta a tutti gli effetti patologica?
La fobia sociale, o disturbo d’ansia sociale, consiste appunto nel provare paura o ansia eccessive, o addirittura evitamento totale di una o più situazioni sociali, dove si è esposti al parere di altre persone. Quando le suddette sensazioni, non essendo attribuibili ad altre patologie psichiche o fisiologiche, costringono l’individuo ad evitare determinati comportamenti, potrebbe essere lecito parlare di disturbo d’ansia sociale.
Dico “potrebbe” perché è assolutamente sconsigliato fare autodiagnosi, o affidarsi a improvvisati per avere una risposta concreta. L’unico modo di verificare l’esistenza di un ipotetico problema, e provare a risolverlo secondo i migliori metodi, consiste nello scegliere il giusto professionista. Ritieni di avere un reale problema legato a fobie, e vorresti risolverlo? Ecco a chi dovresti rivolgerti.
A chi rivolgersi per un utile supporto
Come riportato nell’articolo 1 della legge 56/89, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte a persone possono essere erogate legalmente da chi ha seguito un determinato iter formativo, e che è iscritto all’albo professionale degli psicologi. Essendo quindi la fobia sociale una psicopatologia, la risposta è semplice: le uniche figure professionali alle quali rivolgersi sono lo psicologo e lo psicoterapeuta.
Il nostro team, composto appunto da psicologi e psicoterapeuti abilitati, con alle spalle formazione ed esperienza, è a tua disposizione. Se ritieni di avere un problema, non esitare a contattarci. Compila il questionario e usufruisci di un primo colloquio gratuito.
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Ansia: cause principali e come gestirla
L’ansia rappresenta per molti un problema invalidante e incontrollabile, dal quale è impossibile sottrarsi. Eppure, come nel caso dello stress approfondito un uno degli articoli precedenti, la variabile ansiogena di per sé non è negativa. In aggiunta, numerose fonti scientifiche del massimo livello supportano l’ipotesi seguente: l’essere umano, se adeguatamente supportato, può imparare a gestire l’ansia con successo tramite tecniche psicologiche e psicofisiologiche.
I benefici della gestione dell’ansia sono moltissimi, e si ripercuotono positivamente sullo stile di vita, sulla produttività e sul benessere percepito. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, il fenomeno non viene gestito a contatto con un professionista. Il risultato? Un aumento esponenziale delle probabilità di degenerazione. Nei casi in cui l’ansia venga sottovalutata, uno degli scenari peggiori consiste nell’esordio del disturbo d’ansia generalizzato. Quali sono i sintomi? Cosa fare quando palline antistress, candele rilassanti e musica new age non sortiscono l’effetto desiderato? Scopriamolo, insieme.
Ansia, sintomi e gestione
L’ansia può essere definita come una reazione psicofisiologica ed emotiva legata a sensazioni di pericolo generate da potenziali minacce. Provare sensazioni simili è del tutto normale, e non implica alcuna compromissione psicologica. Se, tuttavia, l’ansia percepita è eccessiva, costante nel tempo e insieme ad essa sopraggiungono tremori, tensioni e irrequietezza, potrebbe trattarsi di un disturbo d’ansia generalizzato.
L’ansia generalizzata è molto diffusa, sia nelle società occidentali che orientali. Colpisce qualunque fascia d’età, tuttavia l’esordio si verifica maggiormente nell’infanzia o nell’adolescenza. Secondo alcuni studi, disturbi simili colpirebbero di più persone che vivono in ambienti difficili e stressanti. Le cause studiate in letteratura scientifica possono riguardare sintomi cognitivi come pensieri intrusivi disfunzionali dovuti a situazioni accadute nel passato, o che in potenza potrebbero verificarsi.
In parole povere, potremmo descrivere la suddetta patologia psicologica come un’eccessiva preoccupazione, che tende a bloccare la persona, senza lasciare scampo alcuno. Una sensazione di immobilità totale, che dimezza o addirittura annienta le capacità cognitive. In caso appunto di pensieri intrusivi, l’individuo avrà difficoltà a concentrarsi, e a recuperare adeguatamente. Non è raro infatti che, oltre al quadro sintomatologico appena descritto, possa manifestarsi anche insonnia persistente. Imparare a gestire l’ansia diventa quindi fondamentale, e offre risvolti positivi nel miglioramento della qualità della vita.
Veniamo ora ad alcune delle domande più frequenti sull’ansia, indispensabili per far luce sui punti chiave. Come sempre, ti invito ad evitare l’autodiagnosi, perché la frase “alla fine siamo tutti un po’ psicologi” è più pericolosa che mai. I sintomi riportati in precedenza non indicano per forza l’esordio di una psicopatologia.
Ansia e disturbo d’ansia sono la stessa cosa?
No. L’ansia è un meccanismo fisiologico, mentre il disturbo d’ansia è una psicopatologia. Quest’ultimo si verifica quando i sintomi ansiosi sono talmente forte da essere invalidante: la persona non riesce a vivere la propria quotidianità come prima.
A cosa è dovuta l’ansia?
La risposta definitiva a questa domanda, come per tante altre, è: dipende. Le cause potrebbero essere sia a fattori biologici che psicologici, o ad entrambi.
Come si cura (o si previene) l’ansia?
Solo ed esclusivamente a contatto con un professionista della salute mentale che abbia una formazione psicologica, e sia abilitato alla professione di psicologo. Solo tali figure sono in grado di fornire soluzioni funzionali e prive di rischi per la gestione dell’ansia. Affidarsi ad altri, che per mancanze formative non padroneggino la materia, potrebbe addirittura risultare controproducente, peggiorando la situazione.
Quando è consigliabile rivolgersi ad uno psicologo?
Non c’è un momento specifico, o un indicatore oggettivo. La terapia psicologica, sia essa svolta dal vivo che online, può essere una via utile per imparare a gestire la propria ansia, e prevenirne la degenerazione in disturbo d’ansia vero e proprio.
Come faccio a scegliere lo psicologo giusto per me?
Così come ogni persona è differente, sarà impossibile trovare una psicologa o uno psicologo identico ad un altro. Trovarsi bene con il proprio terapeuta è quindi altamente soggettivo. Un’informazione senz’altro utile risulta quella di sincerarsi che il professionista che si voglia contattare sia adeguatamente formato per supportarci. Per esempio, se si hanno problemi di coppia, uno psicologo specializzato in terapia di coppia sarà più indicato. Allo stesso modo, se il bisogno è un supporto genitoriale, allora un altro professionista farà al caso nostro, e così via.
Con noi potrai verificare, in un primo colloquio gratuito conoscitivo, se lo psicologo che abbiamo scelto per te può davvero aiutarti oppure no. Nel prossimo paragrafo ti spiegherò come funziona.
I professionisti del benessere psicologico
La società in cui viviamo ha visto lo sviluppo di numerose figure che, ad un occhio inesperto, potrebbero sembrare le più indicate per imparare a gestire problematiche psicologiche. Al di là di fantasie e pseudoscienza, è imprescindibile sottolineare il fatto seguente: le uniche figure che possiedono gli strumenti adeguati a gestire la situazione riguardano le professioni sanitarie. In particolare, psicologi abilitati e/o psicoterapeuti. Il nostro team, composto da professionisti, è appunto formato secondo norme legali vigenti, per dare il massimo a chi è in cerca di aiuto. Se ritieni di avere un problema, ma non sai da che parte iniziare, nessuna paura: il nostro metodo è fatto apposta per te.
Compilando il questionario che mettiamo a disposizione a chiunque non sia mai entrato in contatto con noi (che trovi qui), ci fornirai un quadro della tua situazione. Dopo averla attentamente analizzata, saremo noi a proporti uno dei membri del nostro team, il più qualificato per fornirti una soluzione ideale. Avrà così luogo il primi colloquio, online e completamente gratuito. Avrai quindi la possibilità di comprendere se e come potrà esserti utile. Le tariffe, inoltre, sono calmierate perché qui ad Helpmeout abbiamo un sogno: rendere il supporto psicologico accessibile a tutti.
Ci vediamo nella prossima guida, oppure online. Ricorda: se c’è una soluzione a portata di click, perché tenersi il problema? Life is too short to be unhappy.
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Depressione: sintomi e come uscirne
La depressione è una patologia di primaria importanza, nella quale è presente un disagio psicologico grave, che può peggiorare col passare del tempo. Molto spesso, le persone tendono ad abusare del termine, definendosi come depresse in varie situazioni. Anche a te sarà capitato di esprimerti in questo modo, e di dichiararti depresso/a dopo una brutta notizia o un evento negativo.
Come vedremo, però, per depressione clinica o disturbo depressivo maggiore s’intende qualcosa di ben più grave. La ricerca scientifica ha infatti più volte dimostrato che l’utilizzo colloquiale di “depressione” si riferisce ad una variazione dell’umore temporanea, nella norma. Scopriremo, in questo contenuto, che il termine in realtà si riferirebbe ad una vera e propria condizione psicopatologica piuttosto diffusa. Forniremo un elenco dei sintomi, e risponderemo alle domande più frequenti, come:
Cosa significa davvero soffrire di depressione?
Come capire se il quadro sintomatologico è grave;
Cosa si può fare quando si è depressi?
E molto altro.
Troverai inoltre alcuni consigli utili per gestire al meglio situazioni di disagio psicologico. Tengo a ribadire che ogni informazione esplicata nelle prossime righe è di carattere puramente informativo, e non può sostituire il parere di un esperto della salute mentale. Andiamo ora alla ricerca di risposte concrete.
Cosa significa soffrire di depressione?
Il disturbo depressivo maggiore è una psicopatologia presente in ogni paese del mondo. Secondo il manuale Handbook of Psychological Assessment, Case Conceptualization, and Treatment di Hersen e colleghi, le donne hanno in media in percentuale una più elevata possibilità di sviluppare uno o più episodi depressivi rispetto ai maschi. Molto spesso, dopo l’esordio i sintomi tendono a scomparire da soli. In mancanza di un trattamento specifico, tuttavia, vi è un’elevata possibilità di ricadute.
I sintomi della depressione abbracciano un’ampia gamma di variabili, oltre al tono dell’umore. Possono essere presenti infatti sintomi cognitivi, comportamentali, emotivi, motivazionali e fisici:
Sintomi Cognitivi della depressione
- Possedere una percezione distorta di se stessi in senso negativo;
- Scarsa autostima percepita;
- Pessimismo cronico, sensazione che nulla potrà mai migliorare;
- Decremento di prestazioni cognitive (minore attenzione, difficoltà a ricordare le cose, e a compiere ragionamenti semplici).
Sintomi Comportamentali della depressione
- Insonnia e/o ipersonnia nella quasi totalità del tempo;
- Agitazione e lentezza, rallentamenti psicomotori reali;
- Diminuzione della produttività nella performance lavorativa e quotidiana;
- Ritiro sociale.
Sintomi emotivi e motivazionali della depressione
- Umore depresso, tristezza (sentirsi infelici e svuotati di ogni energia);
- Anedonia (incapacità di provare appagamento o piacere);
- Sentimenti di rabbia o agitazione senza un motivo specifico;
Sintomi fisici della depressione
- Percezione di dolori generali piuttosto frequenti e senza una causa chiara;
- Emicrania, gastrite e in casi gravi colite;
- Diminuzione o aumento marcato di appetito;
Per una diagnosi effettiva di depressione clinica (disturbo depressivo maggiore), i sintomi sopra elencati devono essere presenti per periodi di tempo prolungati, e con dinamiche specifiche, che uno psicologo abilitato conosce alla perfezione. Come fare a distinguere un mood depresso da una depressione grave?
Quando la depressione è grave?
Quadri sintomatologici simili, se protratti sul lungo periodo, sfociano in una compromissione severa della vita dell’individuo. La depressione è grave quando i sintomi ci paralizzano, e non permettono più di portare avanti le nostre giornate come in precedenza. Il reale significato del termine “depressione”, quindi, va ben oltre la tristezza o emozioni contrastanti del momento, e presenta una realtà di difficile interpretazione dai non addetti ai lavori.
Alcuni studi suggeriscono che l’attività fisica, sia aerobica sia anaerobica, possa influire in modo positivo sulla sintomatologia. Celebri sono gli studi di James Blumenthal. In particolare, in uno studio del 2000, pubblicato sulla rivista internazionale Psychosomatic medicine, viene testata l’efficacia di protocolli aerobici su pazienti affetti da disturbo depressivo maggiore. Nonostante i risultati siano certamente incoraggianti, tali pratiche non devono essere intese come il fulcro dell’intervento, bensì come a supporto.
La miglior strategia, quindi, consisterebbe nel recarsi da un professionista sia in ottica preventiva che di intervento. Esistono infatti numerosi modelli validati scientificamente, in grado di risolvere il problema alla radice, per evitare che si ripresenti nei mesi e negli anni successivi. Quali sono, nello specifico, le figure professionali da contattare?
Cosa si può fare quando si è depressi?
La depressione, così come tante altre condizioni patologiche mentali, viene spesso sottovalutata (“tanto è solo una cosa psicologica”, oppure “esiste solo nella tua testa, non è reale”). Quindi, per prima cosa, possiamo dirti cosa NON FARE assolutamente, se pensi di soffrire di disagio psicologico. Evita di recarti da improvvisati. Gli amici e i famigliari sono una risorsa importante, ma non possono in alcun modo sostituire un professionista della salute mentale come lo psicologo.
Essere del mestiere, oltre all’iter formativo che dura dai sei ai dieci anni, permette di sviluppare una certa empatia nei confronti delle persone e della loro sofferenza. Per farti un esempio concreto, essendo i membri del nostro team abilitati legalmente, e avendo sviluppato una determinata esperienza a contatto con il disagio psicologico, sono in possesso delle migliori metodologie per aiutarti. Cercare aiuto da altre figure, che non vantano di un background adeguato, potrebbe complicare le cose anziché migliorarle.
Allo stesso modo, evita l’autodiagnosi. Come ribadito nel primo paragrafo, una risorsa trovata su internet rappresenta un buon punto di partenza per intraprendere un percorso con specialisti, ma di certo non sostituisce una diagnosi professionale.
Come possiamo esserti utili?
Noi di Helpmeout mettiamo a disposizione un servizio di supporto psicologico online, a prezzi calmierati e con primo colloquio gratuito. Se cerchi aiuto, o pensi di soffrire di un disagio psicologico, ma non sai bene “come e perchè”:
- Compila il questionario, che ci permetterà di comprendere quale, tra i membri del nostro team, ha le migliori competenze per supportarti;
- Usufruisci del primo colloqui gratuito conoscitivo con il professionista.
- Decidi in che modo proseguire.
In questo modo potrai avere le idee chiare su come e perché una terapia individuale (o di coppia) potrà esserti utile. Rimaniamo a disposizione per qualunque dubbio o domanda in merito. Se hai un problema, noi siamo qui per aiutarti a risolverlo, con competenza e strategie scientifiche. Compila il questionario e usufruisci di un primo colloquio gratuito. Life is too short to be unhappy.
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Stress lavoro correlato: perché devi imparare a gestirlo
Lo stress lavoro correlato viene definito come uno squilibrio, entro il quale l’individuo si sente incapace di far fronte a richieste e sfide poste dal suo contesto lavorativo. In situazioni simili, si assiste ad un carico stressante costante nel tempo, che può sfociare in patologie fisiche e psicofisiche. Se non gestito, quindi, lo stress può potenzialmente portare a esiti spaventosi, come la sindrome del Burnout, definito appunto come una risposta data da stimoli stressanti dovuti a pensieri e ad emozioni negative (Maslach, Leiter, 2016).
Come insegna la legge di Yerkes-Dodson, tuttavia, l’essere stressati risulta indispensabile tanto per il benessere psicologico dell’individuo, quanto per la performance lavorativa. Individui in grado di gestire emozioni e stress sarebbero più motivati, produttivi e avrebbero meno probabilità di presentare assenteismo dall’ambiente di lavoro.
Oggi noi di Helpmeout vorremmo mostrarti alcune ricerche scientifiche fondamentali per comprendere come una corretta gestione dello stress, raggiunta grazie a tecniche psicologiche e colloqui con un professionista, possa trasformare una potenziale difficoltà in una grande risorsa. Lo stress lavoro correlato non è una minaccia, se sai come gestirlo. Per garantire una corretta comprensione dei fenomeni in ballo, partiamo dal principio: cosa s’intende per stimolo stressante? Perché è importante?
Stress lavoro correlato: i sintomi fisici
Anche se potrebbe sembrare un po’ fazioso, dato che faccio parte del suddetto gruppo, gli umani vantano di una scala evolutiva degna di nota. Una delle variabili fondamentali che ha permesso la sopravvivenza, dalla preistoria ad oggi, è senz’altro lo stress. Nello specifico, la capacità di reagire prontamente a stimoli ritenuti pericolosi ha permesso ai nostri antenati cacciatori/raccoglitori di scappare da letali predatori con una marcia un più, o di combattere senza rimorso. In che modo?
A capo di un evento stressante, nel torrente ematico vengono rilasciate determinate sostanze che permettono alla persona di essere maggiormente prestante. Senza questa scarica di ormoni, i nostri antenati non sarebbero mai scampati ad agguati di tigri e grandi carnivori. Ad oggi nulla è cambiato: lo stesso meccanismo permette ai grandi sportivi di sprigionare il loro potenziale. Per quale motivo allora una risorsa così preziosa nel corso della storia, ai giorni nostri viene additata come negativa?
Il problema consiste nella periodicità dello stimolo. Come esseri umani, siamo “programmati” per reagire bene ad eventi stressanti in acuto, ma non in cronico. E lo stress lavoro correlato rappresenta esattamente uno stimolo in cronico, che può causare gravi danni e disturbi psicofisiologici. Vivere una realtà difficile quotidianamente, senza avere la possibilità di recuperare, può essere fonte di difficoltà. I sintomi più frequenti dello stress possono essere legati all’insonnia, difficoltà di concentrazione, anedonia, umore depresso ma non solo.
Dati di molteplici ricerche riportano l’esistenza di fattori psicologici come causa primaria di danni fisici. Le patologie più comunemente legate allo stress lavoro correlato riguardano l’ipertensione arteriosa, e in generale gli aspetti cardiovascolari, oltre a:
- Ulcere o lesioni alle pareti dello stomaco;
- Restringimento periodico delle vie respiratorie, asma;
- Emicrania, mal di testa ricorrenti, senso di instabilità e vertigini;
- Cardiopatie e infarto.
Una miriade di sintomi possibili, correlati ad un contesto lavorativo che ogni giorno diventa sempre più veloce ed esigente. Ecco perché imparare a gestire lo stress è diventato ormai fondamentale, sia per il singolo che per l’azienda. In che modo?
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Prestazioni lavorative e benessere individuale
L’ambiente aziendale rappresenta un contesto, entro il quale si muovono individui, si creano relazioni e si rispettano ruoli differenti. L’azienda è formata da persone, esseri umani, che come abbiamo visto possono incappare in patologie gravi se esposte a stress eccessivo in cronico. Quindi, per preservare in primis il benessere individuale, ma anche la performance sul luogo di lavoro, si rendono necessarie skills di stress management.
La gestione dello stress porterà quindi non solo il lavoratore a sentirsi meglio, ma anche a ottime prestazioni. Molto banalmente, un individuo sano, che dorme regolarmente e che è in grado di gestire situazioni difficili con maggior serenità sarà maggiormente motivato a dare il massimo.
Al contrario, una persona con problemi di insonnia, difficoltà respiratorie e principi di cardiopatia oltre a non essere motivato mostrerà – giustamente – un maggior assenteismo dal luogo di lavoro.
Se quindi la gestione dello stress rappresenta un Win-win tra azienda e persone, e contribuisce a migliorare il benessere percepito, quali sono le migliori strategie per praticarlo? E ancora, quale potrebbe essere la figura più indicata per risolvere eventuali problematiche dovute a pensieri intrusivi o stressor importanti?
I nostri servizi
Gestire lo stress: roba da professionisti
Ogni situazione, così come ogni persona, è differente. A causa di ciò, risulterà altrettanto differente la soluzione ai suoi bisogni. Senza perdersi in inutili chiacchiere, è lecito pensare che per risolvere – o ancora meglio prevenire – disagi è necessario affidarsi ad un professionista che possieda scienza ed esperienza.
La chiave consiste, quindi, nell’imparare a gestire carichi stressanti tramite tecniche psicologiche. Con il giusto supporto, potrai trasformare un potenziale pericolo in una grande risorsa. Il nostro team, composto da psicologi e psicoterapeuti abilitati, è a tua disposizione. Se hai – o ritieni – di avere una difficoltà legata all’ambito lavorativo, sappi che con noi potrai sfruttare un colloquio conoscitivo gratuito con uno dei nostri psicologi. Lascia che ti spieghi come funziona.
Prima di tutto, sarà necessario compilare un brevissimo questionario, che darà la possibilità di comprendere come ti senti. In seguito, saremo noi a proporti il terapeuta che pensiamo possa essere il migliore per la tua situazione. Successivamente potrai conoscerlo di persona, nel primo incontro gratuito online, per un confronto de visu. Siamo ben consci che trovare lo psicologo giusto può essere difficile, ma che appunto un primo incontro senza impegno è il modo migliore per capire se e come quel professionista potrà aiutarti.
Non esistono problemi grandi e piccoli, ma semplicemente problemi, che ti aiuteremo a risolvere. Compila il questionario e usufruisci di un primo colloquio gratuito, in totale autonomia dovunque ti trovi. Life is too short to be unhappy.
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