
Paura di andare al lavoro: ergofobia
Abbiamo da poco festeggiato Halloween, la notte delle streghe. Una “festività” che ha ispirato molti registi e scrittori nella creazione di autentici capolavori che richiamano alla paura. Lupi mannari, vampiri, zombie e simili che per una notte hanno licenza di esistere e spaventarci. Esistono però alcune paure che colpiscono tutto l’anno. Sono più difficili da individuare perché, al contrario dei mostri in maschera, sono intangibili. Non si possono vedere né toccare. Al contrario, tuttavia, i loro risvolti sono più che tangibili e fanno male, paralizzando completamente le persone.
Partendo dal presupposto che nessun articolo, scientifico o meno, possa sostituire il parere di un professionista della salute mentale, nella guida di oggi approfondiremo l’Ergofobia, ovvero la paura di andare al lavoro e i sintomi ad essa correlati. Prima di continuare, vogliamo ricordarti che non siamo qui per fare terrorismo, ma per informare. Appare chiaro che per fornire un quadro completo è necessario descrivere il problema e fornire potenziali soluzioni.
Ed è esattamente questo che noi di HelpMeOut siamo soliti fare: portare soluzioni concrete, sciencebased e fornire ad aziende e persone il miglior supporto qualificato. Cercheremo, ora, di dare risposta alle seguenti domande: come può, un posto di lavoro, generare paura? Quali potrebbero essere i rimedi più utili a superare l’ergofobia?
Fobia di andare al lavoro, ansia e stress
Le fobie sono disturbi d’ansia molto comuni. Generalmente, chi soffre di una fobia specifica prova l’intenso senso di terrore, spesso irrazionale, nei confronti di un oggetto, una persona, una situazione o un animale. Non è tanto la pericolosità oggettiva dello stimolo a fare la differenza, quanto l’interpretazione che se ne fa. Le fobie specifiche più famose sono l’aracnofobia (paura dei ragni), la fobia sociale (paura di situazioni di socialità, di parlare in pubblico, etc…), la claustrofobia (paura di spazi chiusi). Ad esse sarebbe possibile aggiungerne molte altre, consultabili nella guida dedicata.
Anche l’ergofobia rientra tra le fobie specifiche. Il termine deriva dal greco antico, ed è formato da εργον (Ergon, ovvero lavoro) e φοβος (Phobos, ovvero paura). Quindi, al posto dei ragni a fare paura è il contesto lavorativo. L’ansia non è altro che una sorta di paura anticipatoria di qualcosa che “potrebbe accadere”. Come abbiamo già affermato, i timori derivanti da tali pensieri intrusivi sono spesso e volentieri irrazionali.
La persona che soffre di ergofobia potrebbe anche accorgersi dell’irrazionalità legata ai timori, ma questo non migliorerebbe in alcun modo la sua situazione. Ci si troverebbe così in uno stato di allarme costante. I risultati? Sintomi psicosomatici che esplodono appena prima di andare in ufficio o sul posto di lavoro. I più diffusi e probabili, validi in generale per ogni fobia specifica, sono indicati nel DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), possono essere:
- ritmo cardiaco accelerati, eccessiva sudorazione;
- gastrite, disturbi urinari, diarrea;
- marcato senso di nausea;
- Senso di soffocamento, difficoltà respiratorie;
- Spossatezza, mancanza di energie durante la vita quotidiana.
Ergofobia e contesto lavorativo
Le cause dell’ansia nel contesto lavorativo possono essere molteplici. La persona che soffre di Ergofobia, oltre ai sintomi appena citati, può essere colpita da panico riguardante il contesto lavorativo generale, ansia sociale e quindi evitamento di interazioni con colleghi e superiori. Un lavoratore, sia esso dipendente o collaboratore, che vive una simile situazione tenderà quindi ad evitare tutto ciò che genera paura. Durante i primi mesi aumenterà il proprio assenteismo, per poi licenziarsi o uscire da eventuali progettualità.
Per comprendere al meglio la situazione nazionale è lecito riferirsi a fonti autorevoli. Noi abbiamo preso in considerazione la ricerca di settembre 2021 svolta da Mindwork-BVA Doxa sul benessere psicologico delle lavoratrici e dei lavoratori che prende in considerazione un campione omogeneo, rappresentante il quadro italiano. I punti chiave sui quali riflettere sono principalmente tre:
- Quasi l’85% delle persone considera il proprio benessere psicologico generale correlato al proprio benessere sul lavoro e viceversa;
- La quota di persone che dichiara di soffrire di frequenti problemi di ANSIA E INSONNIA per motivi legati al lavoro è del 49%;
- 1 persona su 3 dichiara di essersi assentata dal lavoro a causa di malessere emotivo, dovuto a eccessivi carichi di stress e ansia, che non riusciva più a sostenere.
Il primo punto è chiaro: vita personale e professionale sono inscindibili, due volti della medesima medaglia. Come sottolineato nella guida relativa alla crescita personale e professionale, possiamo essere tirocinanti, manager, padri, figlie, sorelle, dipendenti, capi area, o amanti. Ciò che facciamo in famiglia o che viviamo nel nostro intimo influenzerà per forza di cose anche la nostra sfera professionale. E, viceversa, lo scontro con un superiore, atti di mobbing o di schermaglie con i colleghi avranno un impatto sul modo in cui affrontiamo le vicende personali.
Il secondo punto è pressoché inquietante, se pensiamo che la quota relativa ai medesimi problemi (Ansia/Insonnia) prima del Covid era del 35%, denotando un fenomeno diffuso a prescindere dalla pandemia o dalle calamità di carattere sociopolitico come il conflitto mondiale in atto.
Anche il terzo punto è tristemente noto: l’assenteismo dal lavoro, la sensazione del non riuscire a farcela perché le risorse a disposizione vengono percepite come inferiori ai mille problemi e compiti che ogni giorno devono essere affrontati ha un nome. Si parla di Burnout, il nemico numero 1 del benessere e quindi anche della produttività aziendale. Arrivati a questo punto, occorre ricordare che l’ansia di per sé non è negativa, bensì fondamentale alla sopravvivenza degli individui. Come tale, andrebbe compresa, e non demonizzata.
Quando però si arriva al punto da non riuscire nemmeno più a pensare di andare in ufficio senza l’incorrere in pesanti mal di testa o dolori di stomaco, è lecito cercare un rimedio. E come per la gran parte delle psicopatologie, la scelta migliore da fare per tutelare il benessere mentale del gruppo e degli individui che ne fanno parte è solo una: affidarsi a professionisti.
HelpMeOut per le aziende
Le aziende hanno un compito importantissimo: quello di rendere l’ambiente lavorativo confortevole e rispettoso nei confronti della salute mentale degli individui che lo popolano. Per arrivare a tanto è necessario garantire il benessere psicologico a dipendenti e collaboratori. HelpMeOut si pone come partner qualificato, ideale per fornire soluzioni di supporto ideali a raggiungere tale obiettivo. Offriamo piani personalizzati, garantendo il massimo rispetto della Privacy, un team numerosi di terapisti altamente qualificati, e un servizio di alto livello interamente online.
Il nostro team di terapisti si mette in gioco costantemente, fornendo ogni giorno supporto al benessere mentale dei lavoratori di molteplici realtà. Per saperne di più, visita la pagina dedicata al supporto aziendale, o contattaci direttamente alla mail hello@helpmeout.it.
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Giornata mondiale della salute mentale e contesto lavorativo
Il 10 ottobre 2022 si celebra la giornata mondiale della salute mentale. Un giorno importante che sottolinea il ruolo fondamentale del benessere psicologico nella vita dei cittadini di ogni nazione e paese. Ogni anno, infatti, l’incidenza dei disturbi mentali aumenta sempre di più a causa di numerosi fattori, tra i quali la ben conosciuta pandemia e ora il l’ombra del conflitto mondiale. Come abbiamo sottolineato in articoli precedenti, ogni evento di grande portata mondiale lascia dietro di sé pesanti conseguenze tanto fisiche che mentali.
L’essere umano, inteso come individuo psicofisico, viene sempre colpito ad un duplice livello. Un esempio calzante è la pandemic fatigue, definita dall’OMS nel Policy framework for supporting pandemic prevention and management come una graduale perdita di motivazione a seguire le condotte comportamentali protettive e igieniche, a causa delle importanti mutazioni contestuali subite. A sintomi simili, ovviamente, si affiancano le sfortunatamente sempre presenti ansia per il futuro e depressione. Ad intersecarsi, come al solito, sono vita personale e lavorativa. Si, perché la guerra e i continui cambiamenti politici non permettono alle persone di vivere in equilibrio.
La prevenzione del disagio psicologico in ogni sua forma è però possibile grazie allo sforzo di numerosi professionisti che offrono ogni giorno supporto a centinaia di persone. Così oggi, nella giornata mondiale della salute mentale, noi di HelpMeOut vogliamo raccogliere le evidenze scientifiche a supporto dell’importanza della salute psicologica sul luogo di lavoro, a maggior ragione nel contesto socioeconomico che stiamo vivendo.
Salute mentale e contesto lavorativo: i rischi maggiori
Contesto professionale e vita privata vengono spesso percepiti come due linee parallele che, muovendosi nella medesima direzione, non si intersecano mai né dovrebbero farlo. La realtà è però differente. Il vissuto professionale fa parte della vita degli individui ed è in grado di influenzare pesantemente il contesto personale. Per questo motivo ogni azienda dovrebbe considerare la salute mentale come un fattore imprescindibile per creare un ambiente di lavoro accogliente e, perché no, ottenere risultati migliori in termini di performance. Un lavoratore che si sente coinvolto nei progetti e nei piani dell’organizzazione per la quale lavora sarà motivato a dare il massimo. Al contrario, verranno meno risultati e benessere contestuale.
Vivere una situazione poco stimolante è deleterio e porta ad insoddisfazione, ansia legata al futuro o ancor peggio a stati depressivi. La persona, senza gli strumenti o il supporto di professionisti qualificati, potrebbe peggiorare sempre di più, assentandosi dal luogo di lavoro. E la scienza supporta fortemente tali teorie. Nella ricerca di Donald e colleghi del 2005, svolta su un campione di 16.000 persone, il benessere psicologico è stato messo al primo posto come fattore predittivo della performance lavorativa.
In più, il mancato prendersi cura del benessere psicologico di dipendenti e collaboratori pone dinanzi ad una verità oggettiva: il vertiginoso aumento dei costi da sostenere. La ricerca di Patrizia Berto e colleghi non lascia scampo all’immaginazione: la depressione rappresenta una delle patologie che incidono maggiormente sull’assenteismo dal lavoro, comportando la perdita di ingenti risorse economiche. Per non parlare poi delle insidie attribuibili alla sindrome del Burnout: un vero e proprio esaurimento che avviene quando la persona percepisce gli obiettivi preposti come troppo pesanti, impossibili da raggiungere.
L’uomo ha la tendenza a dimenticare. Non è cattiveria, ma dato di fatto: siamo cognitivamente limitati. Esistono certi concetti, tuttavia, che non dovrebbero essere relegati all’oblio. Oggi si festeggia la giornata nazionale della salute mentale… ma domani? Come abbiamo affermato all’inizio dell’articolo, i lavoratori necessitano di un supporto attivo e costante nel tempo. Un’informazione che non andrebbe dimenticata per nessun motivo.
Viste le numerose problematiche e rischi potenziali fino a qui elencati, quale potrebbe essere il miglior modo di gestire una situazione così complicata? Come sempre, per risolvere i problemi, occorre rivolgersi a professionisti.
HelpMeOut come partner aziendale
Lo ripetiamo – e lo sentiamo ripetere – sempre più spesso: le aziende sono fatte di persone. Non c’è nulla di più vero, soprattutto in una giornata come oggi che dovrebbe innalzare e festeggiare la salute mentale. Essere consapevoli che le persone possano soffrire di disagio psicologico è un obbligo. Secondo una ricerca del 2022 svolta dall’APA (American Psychology Association) l’ottanta percento degli intervistati (si parla di un campione totale di 2000 persone) sceglierebbe un ambiente lavorativo attento alla salute mentale rispetto ad ambienti che tendono a trascurarla, indipendentemente da retribuzione o status sociale legato al ruolo.
A questi lavoratori è stato chiesto quale tra una ricca lista di supporti possibili avrebbero preferito avere a disposizione. Il risultato? Maggiormente richiesti sarebbero orari di lavori flessibili ed una cultura aziendale che rispetti gli spazi personali e professionali dei dipendenti. Tali risultati sottolineano l’importanza percepita della salute mentale, e di quanto dipendenti e collaboratori cerchino conferme in tal senso. E certo, rispettare la privacy e gli spazi delle persone al lavoro è fondamentale. A volte, però occorre andare oltre e fornire il supporto psicologico erogato da professionisti. Si, perché un altro è il dato allarmante che esce dalla ricerca citata: il 39% degli intervistati afferma che il luogo di lavoro influirebbe negativamente sulla propria salute mentale.
Avere al proprio fianco un partner qualificato, in grado di fornire un supporto psicologico professionalizzante si configura quindi come fondamentale. A maggior ragione se, come vediamo ogni giorno, a mettere in difficoltà le persone sono in primis le condizioni di vita dovute al contesto pandemico e bellicoso. Noi di HelpMeOut siamo una realtà giovane e professionale, che si pone come partner affidabile al fianco delle aziende che percepiscono il benessere mentale dei loro dipendenti come prioritario. Offriamo piani personalizzati, garantendo il massimo rispetto della Privacy, un team numerosi di terapisti altamente qualificati, e un servizio di alto livello interamente online.
Il nostro team di terapisti si mette in gioco costantemente, fornendo ogni giorno supporto al benessere mentale dei lavoratori di molteplici realtà. Per saperne di più, visita la pagina dedicata al supporto aziendale, o contattaci direttamente alla mail hello@helpmeout.it.
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Perché non riesci ad esprimere le tue emozioni
Il termine anestesia viene accostato, nell’immaginario collettivo, al mondo della medicina. Il chirurgo, prima di intraprendere un’operazione che costerebbe grande dolore al paziente, somministra a quest’ultimo determinate sostanze che lo indurranno in uno stato di incoscienza. Dopo l’intervento, la persona tornerà a vivere, a potersi muovere e a socializzare. Durante lo stato di incoscienza indotta, tuttavia, non vi sono movimenti né sensazioni.
Nel linguaggio moderno tale termine è stato ripreso con differenti connotati. Si parla di anestesia emotiva quando la persona non riesce a esprimere e a riconoscere i propri stati d’animo. Al contrario di quanto si pensi, è molto comune provare difficoltà in tal senso. Entrare in contatto con le emozioni esse può non essere semplice per una serie di cause che approfondiremo nelle prossime righe.
Come al solito, ti ricordo che tali informazioni hanno carattere puramente divulgativo e non possono sostituire in alcun caso il parere di un professionista. Se pensi di aver bisogno di un supporto qualificato interamente online, che risponda alle tue esigenze ti consiglio di leggere fino alla fine. Nell’ultimo paragrafo ti spiegherò come ottenere un colloquio gratuito, senza impegno. E ora, bando alle ciance: partiamo alla scoperta dell’anestesia emotiva.
Perché è importante provare (e comunicare) i propri stati d’animo?
Le emozioni sono quella marcia in più che ci hanno permesso di evolverci in ambienti ostili. Scappare in preda alla paura dinanzi ad un grande predatore, uccidere per non essere uccisi, amare per salvaguardare la prole e permettere così il germogliare degli esseri umani. Oggi però, per alcune privilegiate parti del pianeta, l’ambiente nel quale viviamo e cresciamo ha perso del tutto quell’alone di pericolosità.
Ci siamo evoluti, abbiamo costruito tecnologie incredibili, ma il nostro cervello è rimasto quello di diecimila anni fa: programmato per resistere a stati di stress in acuto, e non in cronico. La cronicità dello stress non ci permette di recuperare come vorremmo, e danneggia tanto il nostro vissuto personale quanto professionale. Ma torniamo al focus principale della guida di oggi: le emozioni. Qualunque evento può generare nella persona un’emozione forte che se protratta nel tempo può portare all’esaurimento: emozioni forti generano stress. Allo stesso modo, soffocare ciò che si sta provando avrà comunque un effetto negativo sull’organismo. Ecco un esempio chiarificatore.
Conseguenze dell’anestesia emotiva
Prendiamo in esame la rabbia, già trattata in una guida precedente. Sapersi arrabbiare, quindi esprimere la propria rabbia, è di fondamentale importanza per manifestare i nostri stati interiori, e rendere consapevoli le altre persone che noi in quel preciso istante siamo contrariati. Sopprimere tale pulsione sarebbe controproducente, così come sarà altrettanto controproducente lasciarsi travolgere dalla collera ogni volta che siamo contrariati.
Se eccessivo, lo stato di rabbia può rappresentare una causa che porterà poi ad una crisi di coppia, ma è vero anche il contrario. Censurare i propri sentimenti potrebbe altresì portare alla maturazione di un disagio psicologico e poi sfociare comunque in una crisi. Inoltre, secondo alcune ricerche il fatto di manifestare o di non manifestare la propria rabbia porterebbe ad un potenziale aumento di contrarre patologie cardiovascolari e psicopatologie come ansia e depressione. Tutto questo per dire che arrabbiarsi in continuazione o al contrario reprimere i propri sentimenti predispone a pericoli per il benessere psicofisico.
In altre ricerche, inoltre, è stato evidenziato un rapporto tra l’esordio di malattie psicosomatiche. Questo perché nella gran parte dei casi chi è anestetizzato emotivamente percepisce le proprie sensazioni fisiche come amplificate. I tra i sintomi fisici elencabili possiamo trovare il mal di pancia, problematiche intestinali, gonfiori addominali, nausea ed emicrania.
Saper riconoscere ciò che provi è quindi fondamentale per stare meglio con se stessi e con gli altri. Per costruire solide reti sociali, avere rapporti di amore e di amicizia e molto altro. Vivere una continua situazione di Anestesia emotiva potrebbe quindi portare all’innesco di un circolo vizioso importante. Cosa fare per uscire da tale situazione?
Riconoscere e gestire le proprie emozioni
Il modo migliore e senz’altro più completo rimane quello di affidarsi ad un terapista in grado fornire un supporto adeguato. Troppo spesso, in casi simili, ci si rivolge a personaggi dubbi che vendono un risultato “facile da ottenere” ricorrendo a metodi dai nomi altisonanti. Ricercare l’affinità con le proprie emozioni, e poi di conseguenza imparare a gestirle è roba da professionisti, e di certo non sarà semplice. Un percorso con un* psicolog* è senz’altro il metodo maggiormente indicato.
Spero di averti dato una mano a comprendere l’importanza dei vissuti emotivi. Se ritieni di aver bisogno di un supporto, ma non sai bene come funziona o da che parte iniziare, ti aiuteremo anche in questo. Consci di quanto sia difficile trovare uno psicologo che si adatti alle esigenze di chi decida di affidarsi a noi, abbiamo brevettato un metodo unico nel suo genere, che prevede tre passi fondamentali. Per prima cosa, dovrai procedere alla compilazione di un questionario che ci permetterà di comprendere le tue esigenze. In secondo luogo, ti affideremo ad uno dei nostri professionisti, con il/la quale potrai fissare un primo colloquio online gratuito e senza impegno. Dopo aver compreso e se il terapeuta del nostro team potrà aiutarti, potrai decidere come proseguire. Compila il questionario e usufruisci del primo colloquio conoscitivo gratuito. Life is too short to be unhappy.

Crescita personale e professionale: il ruolo della psicologia
Il termine crescita personale è forse uno dei più famoso ed abusati, che come tanti altri costrutti è stato vincolato a luoghi comuni perdendo nel tempo il suo reale significato. Ad esso spesso si accosta un altro concetto, quello della crescita professionale. In entrambi i casi, il ruolo dello psicologo è centrale perché egli, professionista dei meccanismi mentali, può fornire consigli preziosi o insegnare tecniche per uscire da situazioni difficili.
Situazioni lavorative o personali se non affrontate al fianco di un terapista potrebbero sfociare in un profondo disagio psicologico. L’uso del condizionale è d’obbligo: non siamo qui a fare terrorismo, bensì a fornire soluzioni concrete a potenziali bisogni. Certo, non è detto che ogni condizione problematica sia sinonimo di disagio psicologico. Se tuttavia sei in difficoltà, o vorresti migliorare la tua condizione con conoscenze psicoeducative, sei nel posto giusto.
Qui sul nostro blog troverai moltissime guide utili a comprendere che lo psicologo online non è un problema del quale vergognarsi, bensì un prezioso alleato per stare meglio o migliorare le tue capacità. Se sei interessat* a stare meglio, nell’ultimo paragrafo scoprirai come poter usufruire del primo colloquio conoscitivo gratuito con il membro del nostro team più adatto alle tue esigenze. Ma ora bando alle ciance: scopriamo cosa significa davvero crescita personale e perché può essere utile maturare competenze “della persona” anche in ambito lavorativo.
Crescita personale: un fenomeno complesso
Crescere personalmente significa portare l’attenzione ai conflitti interiori, scoprendo nuovi mondi e nuove parti di noi stessi sconosciuti. Tale viaggio è ideale per comprendere al meglio i tuoi punti di forza, analizzando e accettando i punti deboli. Si tratta di un processo di valorizzazione delle proprie risorse che permette di acquisire una maggior consapevolezza e padronanza del proprio potenziale.
Da quest’ultima definizione avrai certamente capito che non basta esporsi ad esperienze nuove per crescere. Prendiamo, ad esempio, un expat italiano. Una persona che decide di cambiare la propria vita trasferendosi all’estero. Si tratta di un profondo mutamento, che pone non poche difficoltà. Come al solito, gli epiloghi probabili sono due. La persona potrebbe riuscire a trovare un proprio equilibrio personale, adattandosi al “nuovo mondo”. Oppure, in caso contrario, sarà costretta a tornare al paese natale perché impossibilitata nel vivere così lontano da famiglia e amici di una vita.
Che l’esito sia positivo o negativo, è utile sottolineare l’importanza di alcune abilità fondamentali. E, attenzione, mi riferisco a skills prettamente psicologiche. Il saper socializzare nonostante le iniziali barriere linguistiche o la capacità di non farsi sopraffare dagli imprevisti gestendo ansia e stress potrebbero fare la differenza. Per aspirare a tali risultati, però, è necessario affidarsi a specialisti come psicologi abilitati o affini. Ecco altri benefici che potrai ottenere lavorando a fianco di un professionista del settore:
- Miglior gestione delle relazioni (partner, amicali);
- Acquisizione di una miglior sicurezza e autostima;
- Miglioramento dell’autoefficacia in compiti specifici che prima sembravano difficili;
- Imparerai a capire chi sei e dove vuoi andare.
Immagina di intraprendere la strada della crescita personale: acquisirai maggiore sicurezza, sarai pront* a gestire eventuali situazioni difficili grazie alle tecniche psicologiche apprese. Svilupperai abilità sociali, il tuo atteggiamento mentale sarà differente e questo influenzerà positivamente anche la tua professionalità. Crescere professionalmente presuppone ANCHE l’acquisizione di skills spendibili in ruoli specifici, tuttavia potenziare la parte personale è fondamentale.
Numerose ricerche hanno inoltre mostrato che ad un aumento del benessere psico-fisico corrisponde anche un miglioramento di performance cognitiva. Cosa significa?
Crescita personale e professionale: due volti della medesima medaglia
Il termine latino “persona” viene tradotto in italiano come “maschera”. Ognuno di noi, pur rimanendo sempre se stess*, adotta diverse maschere durante l’intero arco della giornata. Possiamo essere tirocinanti, manager, padri, madri, figlie, figli, sorelle, fratelli, dipendenti, capi area, amici o amanti. Ciò che facciamo in famiglia o che viviamo nel nostro intimo influenzerà per forza di cose anche la nostra sfera professionale e viceversa.
Per esempio, il non sentirsi soddisfatti dalla propria rete sociale, sentendo quel forte bisogno di avere amici più affini ai nostri interessi potrebbe generare pensieri intrusivi, lasciando spazio a convinzioni nocive (pensiero di non essere interessanti o comunque non all’altezza degli altri, etc…). A loro volta pensieri intrusivi generano disagio psicologico, manifestabile in prima battuta come stress.
Come abbiamo visto in alcune delle scorse guide, lo stress influisce negativamente sulla performance lavorativa e sul benessere percepito. Vivere una realtà quotidiana difficile, senza avere la possibilità di recuperare, può essere fonte di difficoltà. I sintomi più frequenti dello stress possono essere legati all’insonnia, difficoltà di concentrazione, anedonia, umore depresso ma non solo. Più saremo in sintonia con noi stessi e con l’ambiente che ci circonda, più saremo spronati a fare bene. E, più staremo bene, più avremo la possibilità di esprimere noi stessi in ambito lavorativo. Chiaramente, tutto è più semplice se sai come farlo, supportato dal giusto professionista.
Crescere è difficile, se non sai come farlo
Personale e professionale sono due concetti spesso indivisibili, che si toccano e si influenzano a vicenda. Crescere significa sviluppare al massimo il proprio potenziale, prendendosi cura di ogni aspetto della propria vita che andrebbe adeguatamente bilanciato. Bene, questa è la teoria. La pratica presenta sicuramente molteplici insidie e difficoltà che, come ho accennato brevemente nell’introduzione, possono evolvere in peggio, diventando disagio psicologico.
Per tutelare la propria salute mentale è necessario è necessario rivolgersi ad un team di specialisti. Come da consuetudine, voglio segnalarti la possibilità di usufruire di un colloquio conoscitivo gratuito con i nostri psicologi, completamente online. Come ottenerlo?
Il primo passo consiste nel compilare un questionario (puoi trovarlo qui). Attenzione: la compilazione è di fondamentale importanza perché ci permetterà di identificare quale, tra i membri del nostro team, sia il più indicato per aiutarti. In secondo luogo, potrai fissare il colloquio conoscitivo. Avrai così la possibilità di confrontarti direttamente con il terapeuta e senza alcun obbligo. Se, e solo se ti sei trovata/o bene, potrai decidere di continuare. Il tutto in completa comodità, perché appunto svolto online.
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Benessere psicologico aziendale: perché è fondamentale
Il 2022 è figlio dell’epoca pandemica, nella quale gli eventi hanno portato a cambiare la percezione di importanza nei confronti del benessere psicologico aziendale. La salute mentale viene infatti percepita dai lavoratori come una delle variabili fondamentali sulla quale si basano scelte professionali. A sostenerlo è l’American Psychology Association (APA) nel Work and Well-being Survey pubblicato recentemente.
Un questionario somministrato ad un elevato numero di lavoratori, che offre una panoramica reale ma soprattutto aggiornata dei bisogni di dipendenti e collaboratori. Come vedremo nelle prossime righe, nonostante il COVID-19, seppur nella tragedia, abbia portato una maggior attenzione sugli aspetti psicologici, le misure adottate potrebbero non bastare. Occorrono misure più importanti, come il Bonus psicologo di recente attuazione in Italia.
Misure necessarie per permettere a chiunque ne abbia bisogno di potersi prendere cura della propria salute psicologica sono quindi fondamentali. Nella guida di oggi affronteremo un tema già ampiamente discusso sul nostro blog, che tuttavia merita di continui approfondimenti legati all’attualità. Scopriamo di più insieme!
L’attenzione crescente verso la salute mentale
Secondo l’APA otto dipendenti su 10 preferirebbero un ambiente attento alla salute mentale rispetto ad ambienti di lavoro che tendono a trascurarla. I dati sono riportati da uno studio recente (Aprile-maggio 2022) che ha preso in considerazione un campione molto ampio (2000 lavoratori).
A questi lavoratori è stato chiesto quale tra una ricca lista di supporti possibili avrebbero preferito avere a disposizione. Il risultato? Maggiormente richiesti sarebbero orari di lavori flessibili ed una cultura aziendale che rispetti gli spazi personali e professionali dei dipendenti. Tali risultati sottolineano l’importanza percepita della salute mentale, e di quanto dipendenti e collaboratori cerchino conferme in tal senso. E certo, rispettare la privacy e gli spazi delle persone al lavoro è fondamentale. A volte, però occorre andare oltre e fornire il supporto psicologico erogato da professionisti.
Le insidie psicosociali sul posto di lavoro, come abbiamo approfondito nelle scorse guide, sono numerose e variano dal burnout alle malattie psicofisiologiche lavoro correlate. Arthr Evans, Jr. PhD, APA’s chief executive officer afferma che:
I maggiori focus legati al supporto alla salute mentale sul posto di lavoro possono essere dovuti ai bisogni scaturiti dall’epoca pandemica. Nonostante gli sforzi delle aziende in tali direzioni siano stati messi in campo, sarebbe importante riconoscere che molti lavoratori continuano ad esperire difficoltà e necessiterebbero di maggior supporto. I datori di lavoro dovrebbero quindi mantenere gli sforzi profusi e in alcuni caso espandere l’offerta di servizi a supporto della salute mentale degli individui.
Per trasparenza, lasciamo la frase originale tradotta da fonte APA:
Some of the increased focus on workplace mental health support may have resulted from employers working to meet employees’ needs in response to theCOVID-19 pandemic. Though these efforts have been helpful, it is important to recognize many workers continue to struggle and need additional supports. Therefore employers must maintain and, in some cases, expand their mental health service offerings
Oltre alle prima citate, le difficoltà sul luogo di lavoro potrebbero essere di natura personale, legate al contesto soci-culturale che si riflette sulle realtà quotidiane. Approfondire tali aspetti è quindi d’obbligo, per garantire un’informazione completa.
Il supporto al benessere psicologico aziendale è sinonimo qualità
Sempre riferendomi ai dati APA prima citati, un dipendente su cinque si sentirebbe parte di un contesto lavorativo tossico a causa di abusi verbali fisici. A questo si aggiungono poi problematiche legate a questioni razziste o di orientamento sessuale (discriminazioni sociali e socio-economiche nei confronti di persone LGBTQ+ o di colore). In ambienti simili è chiaro che il lavoratore non potrà mai esprimere se stesso al massimo.
Un ambiente tossico genera tensioni che possono facilmente sfociare in gravi conseguenze psicologiche o psico-fisiologiche. Depressione, stati mentali alterati, ansia di recarsi sul posto di lavoro si convertono facilmente in maggiori costi tanto per la società che per la singola azienda. Andando a riprendere uno dei passaggi chiave della precedente guida su performance lavorativa e benessere mentale, i costi della depressione sono elevatissimi: si parla di 4 miliardi di euro all’anno.
La ricerca “Depression: cost-of-illness studies in the international literature, a review” di Patrizia Berto e colleghi (2000) ha preso in considerazione un elevato numero di studi svolti su più aree geografiche del mondo tra le quali anche ’Italia. Il costo della depressione è stato comparato con le maggiori malattie croniche, come l’Alzheimer, il cancro, l’osteoporosi e alcune diagnosi psichiatriche come la schizofrenia. La depressione rappresenta una delle patologie più significative, classificandosi al sesto posto delle malattie che comportano costi maggiori.
Per non parlare poi delle insidie attribuibili alla sindrome del Burnout. Un vero e proprio esaurimento che avviene quando la persona teme di non possedere le energie necessarie per completare gli obiettivi o i doveri posti. Lo stress accumulato può tramutarsi in condotte comportamentali inadeguate (astio tra colleghi, sentimenti negativi, rigidità di pensiero) o ancor peggio in malattie cardiovascolari. Ecco perché avere al proprio fianco un partner dedicato al sostegno psicologico dei propri dipendenti può rappresentare un vantaggio competitivo non indifferente.
L’importanza di un partner dedicato al benessere psicologico aziendale
Seguendo la logica approfondita oggi, supportata da evidenze scientifiche, la salute mentale è un fattore chiave per creare un contesto lavorativo sano. Noi di HelpMeOut siamo soliti porci alle organizzazioni come un partner affidabile, in grado di supportare le aziende a mantenere i propri lavoratori in salute psico-fisica. Offriamo piani personalizzati, garantendo il massimo rispetto della Privacy, un team numerosi di professionisti altamente qualificati, e un servizio di alto livello interamente online.
Il nostro team di terapisti si mette in gioco costantemente, fornendo ogni giorno supporto al benessere mentale dei lavoratori di molteplici realtà. I servizi di psicologia che puoi trovare sul sito si svolgono interamente online disponibili sia per singoli che per coppie. Per saperne di più, visita la pagina dedicata al supporto aziendale, o contattaci direttamente alla mail hello@helpmeout.it.
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Burnout: il nemico naturale della produttività aziendale
Viviamo nell’epoca della velocità, dove tutto “deve essere pronto per ieri”. Siamo costantemente messi alla prova, ed esposti a livelli di stress molto spesso superiori a a quanto potremmo realmente gestirne. Innumerevoli compiti e task che soffocano reti sociali e vita privata, fino a portare il lavoratore a quella situazione clinica che corrisponde al nome di burnout. L’etimologia del termine non è difficile: significa appunto bruciato, esaurito.
Un essere umano in queste condizioni, come potrai ben comprendere, non sarà mai in grado di offrire il massimo della propria professionalità. Il perché pare scontato: l’esaurimento cognitivo precede quello fisico. Una mancanza di forze cognitive si ripercuote in modo decisamente negativo sulla performance mentale e sociale degli individui, sfociando poi in patologie e sindromi lavoro correlate. Il Burnout rappresenta un grave problema che, come vedremo, è stato amplificato dal covid e dal potenziale conflitto mondiale. Quale potrebbe essere la soluzione? Scopriamolo insieme, prendendo spunto dalla ricerca scientifica psicologica che dagli anni 70′ studia il fenomeno.
Cause e sintomi del Burnout
Correva l’anno 2019 e l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità), ancora ignara della pandemia che da li a poco avrebbe stravolto il mondo intero, dichiarò il Burnout come sindrome. Quindi, come un insieme di sintomi che possono pesantemente influenzare lo stato di salute e benessere dei lavoratori. Una forte sensazione di negatività, di non avere abbastanza energie per riuscire a completare ogni compito lavorativo che ci è assegnato. Una tipologia di disagio psico-fisico che agisce su dimensioni differenti. Secondo alcuni studi, a mancare per prime sono le energie emotive, poi sopraggiunge un senso di bassa autostima e pensieri negativi verso il futuro.
I sintomi più frequenti sono:
- Rigidità di pensiero;
- Difficoltà legate alla performance cognitiva (Concentrazione, attenzione sul lavoro);
- Sensazione di non avere abbastanza energie per completare gli obiettivi;
- Sentimenti negativi, di astio nei confronti di colleghi;
- Difficoltà nell’addormentarsi;
- Decremento della motivazione al frequentare l’ambiente lavorativo;
- Bassa autoefficacia e senso di autostima.
Per autoefficacia s’intende quanto una persona si sente capace di affrontare un determinato compito. Tale costrutto è proprio della sfera lavorativa al contrario dell’autostima che incarna un quadro più ampio. Un’autoefficacia minore contribuirà ad impattare negativamente sul benessere personale, contribuendo ad aumentare i livelli di stress. Oltre ai sintomi psicologici, è possibile osservare anche sintomi di natura fisica come mal di testa ricorrenti, tachicardia, nausea, stanchezza cronica e molte altre.
Burnout post pandemia e stanchezza emotiva
Al quadro appena descritto è doveroso aggiungere un importante avvenimento: la pandemia. Essa ha contribuito ad aumentare globalmente i livelli di stress, soprattutto nei professionisti medici ma non solo. Alcuni studi hanno infatti evidenziato una decisa espansione di disturbi da stress post traumatico psicopatologie correlate e appunto burnout. Un impatto di notevole importanza sulla salute mentale mondiale. Nonostante ad oggi sembra scontato un ritorno alla normalità, gli effetti del COVID-19 sono ancora manifesti.
L’impossibilità, per cause di forza maggiore, di raggiungere gli uffici ha spalancato le porte al nuovo mondo dello smart working e del remote working. Per alcuni tale rivoluzione ha rappresentato un valore aggiunto. Altri, invece, hanno vissuto l’allontanamento forzato dai luoghi di lavoro come negativo, essendo abituati a godere della socialità in ambiente aziendale. Ad incrinarsi in questo senso è il delicato equilibrio vita-lavoro (work-life balance), ovvero il confine tra lavoro e vita famigliare.
Stress alle stelle, percezioni di impotenza e insicurezza hanno contribuito a rendere ancora più difficoltoso Per coerenza, devo ricordare che lo stress non è di per sé negativo e anzi, se gestito a dovere rappresenta una grande risorsa per le persone. Nell’epoca odierna tuttavia è molto più frequente assistere a carichi stressanti elevati, in grado di portare all’esaurimento delle energie e al conseguente sviluppo della sindrome del burnout.
Se i sintomi e il contesto sono chiari, ciò che rimane maggiormente sfumata e poco conosciuta è la cura. Noi, essendo un team di terapisti che supportano ogni giorno dipendenti tramite servizi di welfare aziendale, un’idea ce la siamo fatta. Ecco allora in che modo è possibile tutelare il benessere psico-fisico delle persone.
Come possono le aziende tutelare i propri dipendenti?
Il Burnout rappresenta un grave problema, che mette a rischio la salute psico-fisica delle persone, rendendole improduttive. L’idea delle guide di HelpMeOut, tuttavia, non si riduce ad una mera descrizione del problema. Ogni guida del nostro blog mira, dopo aver dipinto un quadro contestuale di rilievo, a fornire soluzioni concrete. La scienza psicologica studia da sempre fenomeni come il burnout e le patologie lavoro correlate, come il low back pain e le cardiovascolari.
Anni di studi hanno portato ad un’unica conclusione: il supporto psicologico, e erogato da professionisti legalmente riconosciuti e formati, rappresenta la miglior risorsa per preservare il benessere e la salute mentale degli individui che compongono un gruppo di lavoro. E poco importa che questo gruppo sia grande o piccolo: la morale è sempre la stessa. Come abbiamo riportato in precedenza nella guida riguardante il benessere mentale del lavoratore, è innegabile che le aziende siano fatte da – e di – persone.
Noi di HelpMeOut, una realtà giovane e in espansione, siamo soliti porci alle organizzazioni come un partner affidabile, in grado di supportare le aziende a mantenere i propri lavoratori in salute psico-fisica. Offriamo piani personalizzati, garantendo il massimo rispetto della Privacy, un team numerosi di professionisti altamente qualificati, e un servizio di alto livello interamente online. Il nostro team di terapisti si mette in gioco costantemente, fornendo ogni giorno supporto al benessere mentale dei lavoratori di molteplici realtà. Per saperne di più, visita la pagina dedicata al supporto aziendale, o contattaci direttamente alla mail hello@helpmeout.it.
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“Mio figlio non vuole studiare!” Come alimentare la motivazione scolastica
Gli studenti italiani sono più di otto milioni. Di questi, gran parte sono bambine e bambini, ragazze e ragazzi che svolgono un’attività scolastica dai cinque ai sei giorni a settimana. Ore e ore davanti libri, a sentire parlare maestri, professoresse e professionisti della formazione. Chiunque può andare a scuola, ma in quanti hanno veramente voglia di studiare? La motivazione scolastica è un pre-requisito dell’apprendimento fondamentale e non va sottovalutata.
Si, perché senza di essa la scuola potrebbe essere vissuta come una costrizione, un vissuto emotivo negativo dal quale allontanarsi il prima possibile. E di certo vivere l’ambiente scolastico come qualcosa di imposto, che deve per forza di cose essere frequentato, può contribuire a far emergere un disagio psicologico importante.
La motivazione però, così come molte altre abilità, non è innata: può essere appresa. Possiamo apprendere, e far apprendere ai nostri piccoli tanto ad imparare quanto ad auto-motivarsi. Avere un figlio che non vuole studiare non è poi così raro. Per risolvere il potenziale problema, però, occorre partire da molto più lontano di quanto si pensi. Nella guida di oggi scopriremo insieme come fare.
Imparare con gusto, ma solo se motivati
La motivazione è il motore primario dell’agire umano, che fa la differenza in molti ambiti. Maggiore sarà l’incentivo percepito a compiere un determinato comportamento, più la persona percepirà soddisfazione e svilupperà competenza.
Senza motivazione scolastica, sarà impossibile prestare l’adeguata attenzione alle spiegazioni e alle letture, o nello svolgere i compiti a casa. Potrebbe istaurarsi così un circolo vizioso pericoloso.
Immagina di dover essere obbligato/a ad assistere, per tre volte a settimana, ad una lezione di una materia specifica (per esempio matematica). Sul lungo periodo, sarà semplice associare un’emozione negativa alla matematica, che poi potrebbe sfociare in comportamenti evitanti. E tutto questo per mancanza di motivazione scolastica.
A giocare un ruolo sicuramente importante poi sono due fattori: il rapporto con i compagni di classe e il rapporto con gli insegnanti. Vivere relazioni serene con pari rappresenta una delle modalità di coinvolgimento più importante per i piccoli e i più giovani. Allo stesso modo, l’insegnante ha di certo molte responsabilità. Maestri, maestre, professori e professoresse dovrebbero rappresentare figure centrali di riferimento.
Facilitatori di apprendimento, che insegnino prima di tutto ad imparare ad imparare. Non sempre però questo accade, per una miriade di potenziali difficoltà che non per forza sono a carico dell’insegnante, o degli studenti stessi. Per esempio, nel caso degli ultimi anni, la pandemia ha giocato anche qui un ruolo rilevante impattando negativamente sulla voglia di fare dei ragazzi. Quali potrebbero essere le soluzioni?
Come comportarsi con un figlio che non vuole studiare?
Per prima cosa occorre comprendere il perché del rifiuto, informazione fondamentale per ideare una strategia di intervento idonea e costruttiva. Potrebbe essere necessario impostare degli obiettivi su base giornaliera, stabilendo un tempo di lavoro quotidiano.
Sii paziente e ricorda: tuo figlio ha bisogno di essere indirizzato verso una motivazione scolastica che ha perso. Per questo motivo, dovrai affiancarlo come genitore e guida responsabile. Non sarà sufficiente quindi consigliare, caldamente o meno, ai propri ragazzi di darsi da fare: occorre grane impegno anche da parte tua.
Ricorda: l’obiettivo rimane quello di favorire lo sviluppo di motivazione in una persona che l’ha persa e che probabilmente si sente poco autoefficacie nei confronti dei compiti richiesti. L’autoefficacia è un costrutto psicologico teorizzato da Alber Bandura, e può essere definita come la consapevolezza di riuscire in una determinata attività.
Per favorire un corretto approccio, sarà indispensabile associare stimoli positivi alle sessioni di studio quotidiano. L’obiettivo è semplice: permettere ai bambini/ragazzi di percepire l’attività scolastica come qualcosa di positivo e proficuo. Un’attività che permetta di ottenere una serie di benefici.
Altra importantissima arma a disposizione è la lode. Attenzione però: andranno lodati l’impegno e il comportamento, non il risultato. Tanto nello studio come nella vita, è impossibile imputare il risultato finale di un’attività ad un’unica variabile. Il successo e l’insuccesso sono sempre multifattoriali.
HelpMeOut: un partner affidabile di sostegno alla genitorialità
L’abbiamo già ripetuto più volte: non esiste il manuale del genitore perfetto. Il rapporto con i propri figli è mutevole nel tempo, e viene influenzato da variabili interne ed esterne alla relazione. Non sempre però i genitori hanno a disposizione le risorse e le conoscenze necessarie per ottenere il meglio, gestendo in modo funzionale le proprie emozioni.
In casi simili, una soluzione semplice ed efficace potrebbe consistere nel rivolgersi ad un terapista professionista che sia d’aiuto nel trovare le soluzioni adatte alla situazione. E noi di HelpMeOut, presentandoci come un partner affidabile per il sostegno alla genitorialità, possiamo di certo rappresentare una risorsa preziosa.
Offriamo, a chiunque non sia mai entrato in contatto con noi, un primo colloquio gratuito conoscitivo online. Come funziona? Semplice: non dovrai fare altro che compilare un questionario, per noi molto utile a comprendere i tuoi bisogni.
Questo infatti ci permetterà trovare lo psicologo più adatto alle tue esigenze. Il tutto culminerà con il colloquio conoscitivo gratuito online, dove anche tu potrai comprendere se quel professionista potrà davvero aiutarti. Ecco il link al questionario. Per qualunque altra cosa, non esitare a contattarci: siamo qui per aiutarti a rispondere a domande difficili. Se c’è la soluzione, perché tenersi il problema? Life is too short to be unhappy.
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Benessere mentale del lavoratore: conseguenze per le aziende
La depressione, così come tanti altri disordini mentali, viene spesso citata come esempio di disagio psicologico. In alcuni periodi dell’anno, assieme ad “ansia”, rappresenta una delle parole più cercate sui motori di ricerca in Italia. E di certo non c’è da stupirsi che questo sia uno di quei periodi.
I vari lockdown, la guerra in atto e la conseguente crisi hanno portato una depressione a tutto tondo, tanto economica quanto umana. Non tutti sanno però che i costi del disagio psicologico sono sempre stati molto elevati anche negli anni precedenti, e a doverli gestire sono in primis le aziende.
Si, perché le aziende sono fatte di persone. Di individui che, per motivi legati all’ambiente lavorativo o di vita privata possono vivere un disagio psicologico che comporterà sul lungo periodo un maggior assenteismo dal lavoro, o nella peggiore delle ipotesi l’insorgenza di malattie cardiovascolari come l’ipertensione arteriosa.
Nella guida di oggi approfondiremo prima il legame tra depressione e benessere del personale e collaboratori. In seconda battuta, invece, analizzeremo a fondo quali potrebbero essere le conseguenze di una attenta gestione della salute psicologica dei lavoratori. In ultimo, forniremo una soluzione professionale, validata scientificamente e pratica ai problemi riportati.
Come la depressione influenza il benessere mentale del lavoratore
Il disagio psicologico in ambiente aziendale è molto più diffuso di quanto si pensi. Molto spesso ci si dimentica che le persone sono l’azienda, e che irrimediabilmente se a stare male saranno le persone i risultati sul lungo periodo coinvolgeranno anche la realtà aziendale. Le principali difficoltà legate alla salute mentale riguardano l’ansia, lo stress lavoro correlato e relative malattie cardiovascolari.
Proprio così: il fattore psicologico si ripercuote nel fisico, portando a quella che viene definita clinicamente con il termine “somatizzazione“. Somatizzare può portare a ulcere, emicrania, mal di testa ricorrenti, cardiopatie, infarti e asma. Oltre a tali sintomi, è possibile citare anche stanchezza e dolori cronici inspiegabili ai primi esami fisici, poiché l’origine è appunto psicologica.
Ciò che viviamo e pensiamo è in grado di influenzarci pesantemente, inducendo le persone a possibili stati di passività. Essere depressi può significare anche questo. Non ci stancheremo mai di ribadirlo: come riporta l’OMS (organizzazione mondiale della sanità), la salute dovrebbe essere intesa non come assenza di malattia, bensì come uno stato di benessere mentale, fisico e sociale.
Vivere una situazione poco stimolante, nella quale per molti motivi possono emergere insoddisfazione, ansia legata al futuro o depressione. La persona, senza gli strumenti o il supporto di professionisti qualificati, potrebbe peggiorare sempre di più, assentandosi dal luogo di lavoro. E la scienza supporta fortemente tali teorie. Nella ricerca di Donald e colleghi del 2005, svolta su un campione di 16.000 persone, il benessere psicologico è stato messo al primo posto come fattore predittivo della performance lavorativa.
Dato quindi per assodato che la salute mentale possa influenzare pesantemente il benessere dei lavoratori, andiamo ora ad analizzare nel dettaglio come il fattore psicologico possa influenzare in positivo o negativo le organizzazioni.
Come il benessere mentale del lavoratore influenza le aziende
La ricerca “Depression: cost-of-illness studies in the international literature, a review” di Patrizia Berto e colleghi (2000) ha preso in considerazione un elevato numero di studi svolti su più aree geografiche del mondo tra le quali la Spagna, gli USA, l’Inghilterra e l’Italia. Il costo della depressione è stato comparato con le maggiori malattie croniche, come l’Alzheimer, il cancro, l’osteoporosi e alcune diagnosi psichiatriche come la schizofrenia.
La depressione rappresenta una delle patologie più significative, classificandosi al sesto posto delle malattie che comportano costi maggiori. In termini economici:
Janssen Italia
E questo prima che la pandemia impattasse su milioni di vite. A sottolinearlo è ancora una volta l’organizzazione mondiale della sanità che il 10 maggio 2022 pubblica un documento importante, che testimonia l’aumento globale di ansia e sintomi depressivi del 25%. Paesi europei e non hanno preso precauzioni importanti, tra le quali possibilità economiche per i singoli come in Italia il Bonus Psicologo.
Inutile negarlo: il contesto è difficile, e i grandi cambiamenti epocali avvenuti hanno messo in luce una grande verità: il benessere psicologico è insostituibile, e bisogna prendersene cura. Quale potrebbe essere una buona soluzione aziendale, per tutelare dipendenti e soddisfazione lavorativa?
La soluzione: cosa può fare HelpMeOut per la tua azienda
La salute mentale dovrebbe essere una priorità. Se è vero che le aziende sono fatte di persone, e che prendersi cura del proprio disagio psicologico porta innegabilmente benefici alle persone, allora saranno anche le realtà aziendali a beneficiarne. A supporto di tale ipotesi, come hai potuto vedere dagli scorsi paragrafi, ci sono articoli scientifici pubblicati su riviste internazionali e dati di ricerca e sviluppo da enti accreditati.
In ultimo, c’è la nostra esperienza diretta. Noi di HelpMeOut siamo una realtà giovane e professionale, che si pone come partner affidabile al fianco delle aziende che percepiscono il benessere mentale dei loro dipendenti come prioritario. Offriamo piani personalizzati, garantendo il massimo rispetto della Privacy, un team numerosi di professionisti altamente qualificati, e un servizio di alto livello interamente online.
Il nostro team di terapisti si mette in gioco costantemente, fornendo ogni giorno supporto al benessere mentale dei lavoratori di molteplici realtà. Per saperne di più, visita la pagina dedicata al supporto aziendale, o contattaci direttamente alla mail hello@helpmeout.it.
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Bonus psicologo: come funziona e come ottenerlo
Il bonus psicologo rappresenta una delle iniziative più attese del 2022 nell’ambito della salute mentale. Grazie ad esso sarà possibile ottenere un budget utile a coprire le spese di terapia psicologica. Con la Pandemia e un conflitto mondiale in atto, la crisi economica ha iniziato a farsi sentire e si sa: l’uomo è un essere psico-fisiologico. Gli eventi esterni e le calamità socio-economiche possono perciò riflettersi sulla salute mentale delle persone, peggiorandola.
Nella guida di oggi, che manterremo aggiornata nel tempo inserendo eventuali news, risponderemo alle domande più frequenti sul bonus. Lo faremo prendendo spunto dalle informazioni contenute nel documento originale presente sulla gazzetta ufficiale della repubblica italiana. Dato che la salute mentale, nel Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025 è stata riconosciuta come parte integrante della salute e del benessere, e che:
“come altri aspetti della salute, può essere influenzata da una serie di determinanti socioeconomici che devono essere affrontati attraverso strategie globali di promozione, prevenzione, trattamento e recupero. I determinanti della salute mentale e dei disturbi mentali comprendono non solo caratteristiche individuali come la capacità di gestire pensieri, emozioni, comportamenti e interazioni con gli altri, ma anche fattori sociali, culturali, economici, politici e ambientali”
Promuovere e proteggere il benessere mentale di tutti i cittadini, indipendentemente da fasi di vita e identità, è una forte necessità. E da qui nasce la volontà del ministero della salute e dell’economia stanziare 10 milioni di euro relativi all’anno 2022 per assistere i cittadini. Non tutti però potranno beneficiarne. Come richiedere il bonus? Scopri se sei idoneo!
Come funziona il bonus psicologo 2022?
Se stai leggendo questo articolo, probabilmente sei alla ricerca di risposte. E chi, se non meglio della fonte originale, può risolvere ogni dubbio? Ecco allora alcune informazioni utili per dissipare ogni dubbio.
Chi può richiedere il bonus?
Chiunque ne senta il bisogno, in condizioni di disagio psicologico (ansia, stress, condizioni difficili) con un ISEE non superiore ai 50.000 euro.
Chi sono i professionisti ai quali è possibile rivolgersi?
Professionisti regolarmente iscritti all’albo degli psicologi specializzati in psicoterapia, come i membri che troverai all’interno del nostro team.
Quali saranno gli importi erogabili a persona?
Dipende dall’ISEE. A ISEE più bassi corrisponderanno cifre più alte, e viceversa.
- ISEE inferiore ai 15.000 euro: fino a 50 euro per ogni seduta per un importo massimo di 600 euro;
- ISEE compreso tra i 15.000 e i 30.000 euro: fino a 50 euro per ogni seduta per un massimo di 400 euro;
- ISEE compreso tra i 30.000 e i 50.000 euro: fino a 50 euro per ogni seduta per un massimo di 200 euro.
Come ottenere il bonus psicologo?
Sarà possibile richiedere il bonus in modalità completamente telematica mediante l’INPS, autenticandosi con l’identità digitale SPID, la Carta di Identità Elettronica (CIE) o la Carta Nazionale dei Servizi (CNS). In seguito lo stesso INPS rimborserà le prestazioni erogate dai professionisti indicati per le quali sia stata emessa regolarmente fattura entro il mese successivo a quello di emissione della stessa.
Bonus e terapia online: è possibile?
La terapia online, benché utilizzata con successo a partire dagli anni 90, ha visto un aumento esponenziale negli ultimi due anni a causa della pandemia. In situazioni specifiche, come quelle dell’expat italiano all’estero, poter usufruire di un servizio simile è stato vitale. Numerosi studi supportano l’efficacia di un approccio online, che non ha nulla da invidiare a una terapia de visu.
Tenuto conto di questo, è quindi possibile utilizzare il proprio bonus psicologo contattando portali che come HelpMeOut sono in grado di metterti in contatto con lo psicologo giusto per te ovunque ti trovi. Come ben saprai, il nostro team è composto da professionisti del settore, che aiutano ogni giorno persone in difficoltà. Offriamo il primo colloquio in modo gratuito e un servizio di alta qualità a prezzi calmierati.
Molto semplice: in primis troverai un questionario, il quale ti aiuterà ad esprimere ciò che senti. In secondo luogo, potrai intraprendere il primo colloquio gratuito conoscitivo online, con uno dei membri del team, selezionato in base alle tue esigenze. In questo modo, avrai la possibilità di conoscere il terapeuta di persona, e di capire se fa per te. Prenota il tuo primo colloquio gratuito con noi. Se c’è una soluzione (a portata di click), perché tenersi il problema?
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Il metodo scientifico per raggiungere qualunque obiettivo
Esiste un metodo scientifico utile a raggiungere qualunque obiettivo. Un metodo ormai famoso, che è stato citato ed applicato in differenti realtà: dalla psicologia alla finanza, al mondo dello sport di alto livello o in ambiti di formazione aziendale. E chissà, probabilmente ne hai già sentito parlare, forse no. Oggi vorrei descrivertelo minuziosamente, per darti la possibilità di applicarlo sin da subito.
Certo, sin da subito si fa per dire. I motori di ricerca come Google pullulano di articoli e guide che offrono soluzioni semplici a problemi complessi. Raggiungere l’obiettivo che ti sei prefissata/o non è un affare banale. Ottenere risultati, che si tratti di benessere fisico, mentale o di prestazione è sempre difficile. Se tuttavia arriverai alla fine di questa guida, avrai un’arma in più da poter utilizzare.
Come sempre, ti ricordo che le informazioni citate nelle nostre guide hanno carattere puramente informativo e non possono in alcun modo sostituire il parere di un esperto. Se ritieni di aver bisogno di un supporto qualificato, puoi consultare lo spazio dedicato. Concentriamoci ora sull’argomento di oggi: come affrontare, nel modo corretto, la scalata verso il raggiungimento di mete per noi importanti?
Come raggiungere qualunque obiettivo
Sembra una semplificazione forzata, ma non la è. Il metodo che sto per descriverti si articola in cinque punti, cinque caratteristiche che se affrontate con consapevolezza rivelano una profonda complessità. Devi sapere infatti che un obiettivo degno di tal nome dovrà per forza di cose soddisfare tali caratteristiche. Se agisci senza rispettarle, aumenterai la probabilità di fallimento. Se, al contrario, riuscirai ad impostare una meta con tali requisiti, aumenterai in modo sostanziale le probabilità di raggiungerla.
Specifico
Partiresti mai per un viaggio, senza sapere dove stai andato e quanto distante sarà la meta? L’approssimazione è il nemico giurato del successo. Per questo, dovrai configurare un obiettivo specifico, che sei in grado di visualizzare con precisione nella tua mente. Per intenderci, affermare di voler dimagrire non è abbastanza specifico. Affermare invece di voler perdere cinque kg in tre mesi è decisamente più specifico e chiaro, e quindi maggiormente raggiungibile.
Misurabile
Misurare è fondamentale, perché permette di comprendere se e come la nostra strategia ci stia avvicinando al risultato finale. Riprendendo di nuovo l’esempio del dimagrimento, sarà necessario misurare i propri progressi nel tempo. Se dopo due mesi non avrò perso mezzo kg, difficilmente sarà possibile perderne cinque nei due mesi successivi. Lo stesso vale per obiettivi differenti (apprendimento, prestazione, etc…).
Raggiungibile
Il tasto dolente, che molto spesso non viene preso in considerazione. Un obiettivo considerato raggiungibile non sarà né troppo difficile, né troppo semplice, ma appunto sfidante. Per avere la sensazione che un obiettivo sia realmente sfidante per noi, dovremo fermarci e prendere coscienza delle competenze utili allo scopo. Purtroppo molte persone intraprendono una strada senza possedere le competenze necessarie richieste, ma se ne accorgono solo in un secondo momento. Così, mete considerate raggiungibili con quel “basta un po’ di impegno” si rivelano crepacci senza scampo, dai quali è impossibile uscire. Non commettere questo errore, verifica sempre con la massima attenzione.
Rilevante e realistico
Immagina di essere costretto ad assistere, tutti i giorni, ad una lezione di una materia per te inutile. Ammesso che tu lo faccia controvoglia, imparerai pochissimo (se non nulla) e inizierai ad associare a quella materia emozioni negative. Un obiettivo deve per forza di cose essere rilevante per te, altrimenti non avrai mai la giusta dose di motivazione per perseguirlo nel tempo. Allo stesso modo dovrà essere realistico e plausibile in base alla situazione. Se hai giocato per tutta la vita a tennis, difficilmente potrai diventare un giocatore della nazionale italiana di calcio.
Stabilito nel tempo
Inserire una tempistica ti aiuterà senz’altro. Non sottovalutare l’importanza di una strategia che tenga conto anche di vincoli temporali, perché senza di essi ti perderai molto più facilmente. Stabilire un calendario, inoltre, sarà facilitante nel rendere misurabile il cammino verso la tua meta.
Se dovessimo tradurre questi ultimi cinque punti in inglese, otterremmo S (specific) M (Measurable) A ( Achievable) R (Realistic) T (Time-Bound). Il metodo viene appunto denominato SMART. E questa è la teoria. Sembra facile, vero? Certo, sembra… ma poi la realtà dei fatti stupisce sempre. Prendiamo il caso dei famosissimi “buoni proposti” dell’anno nuovo. Perché falliscono?
Obiettivi nella vita di tutti i giorni
Il metodo SMART può sicuramente aiutarti a raggiungere qualunque obiettivo tu abbia in mente. Ciò che devi tenere bene a mente, però, è che sarai tu a fare la differenza, non il modello o le teorie applicate. Saper essere motivati fino alla fine è una scienza, e non figlia di improvvisazione. E no, nel caso te lo stia chiedendo, no… le citazioni motivazionali NON BASTANO. A volte le persone non dispongono delle risorse personali necessarie per ottenere ciò che vorrebbero.
Un calo motivazionale al lavoro, in contesti sociali o più in generale nella vita quotidiana non va sottovalutato. In questo, appare senz’altro utile il supporto di un terapista. Non tutti sanno infatti che lo psicologo è utile anche a chi, in assenza di patologia, voglia migliorare se stessa/o. La crescita personale parte dalla consapevolezza che si possa sempre migliorare, se affiancati dalla giusta figura. E quando si parla di obiettivi e motivazione, chi meglio di un professionista della mente può aiutarti?
Come ricordato nella guida su come mantenere accesa la flebile fiamma della motivazione, non è sempre possibile essere motivati e pronti a dare il massimo. Ecco perché anche gli obiettivi pianificati con minuziosità e impegno hanno comunque un margine di errore. Disporre di un supporto professionale altamente qualificato, anche per pochi incontri, ti fornirà un punto di vista esperto importante dal quale partire per ottenere risultati superiori. Per essere pronto ad affrontare i momenti più delicati che, se gestiti con metodo e intelligenza, verranno trasformati da ostacoli a fonti dalle quali trarre ispirazione.
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Cosa fare quando la motivazione cala?
Cosa fare quando la motivazione cala sotto i piedi? Quando, nonostante un grande impegno profuso non riesci a sentirti in linea con il raggiungimento dei tuoi obiettivi?
La motivazione è un concetto trasversale, ricorrente nell’esistenza delle persone in ambiti differenti. Nello sport, a scuola, durante gare di qualunque tipo o nella vita lavorativa degli individui. Tutto ciò che è accessibile affascina l’essere umano, animale sociale per eccellenza e portato alla condivisione. E la motivazione, così come tanti altri costrutti psicologici, è tremendamente accessibile.
Chiunque potrebbe descriversi come motivato o al contrario demotivato per una serie di motivi personali e/o oggettivi. In quanti, però, saprebbero darne una definizione corretta? La comprensione dei fenomeni è la chiave per sapere come comportarsi per prevenire situazioni difficili. Per esempio, uno terapista professionista possiede una conoscenza profonda della motivazione, e sa come aiutare le persone in difficoltà a ritrovarla.
Tali competenze sono dovute a pratica e teoria apprese sul campo in anni e anni di esperienza. Nella guida di oggi troverai informazioni che ti saranno sicuramente utili a fare il primo passo verso una conoscenza consapevole di questo costrutto che ha da sempre affascinato, ed è altrettanto stato banalizzato da non addetti ai lavori. Scopriamo di più insieme, partendo da un’esperienza comune: il lunedì mattina.
Storie svogliate del lunedì mattina
Il lunedì mi alzo, e non ho voglia. Non di qualcosa in particolare, non ho voglia e… basta. Di andare al lavoro, di incontrare capo e colleghi con i quali litigo spesso. Se potessi, rimarrei a casa a guardare serie Tv tutto il giorno. Ho letto alcuni articoli su internet su cosa fare quanto si perde la motivazione, e ho persino applicato i consigli di quei presunti esperti. Tutto inutile. E alla fine mi è pure passata la voglia di leggere…
La motivazione è una fiamma che si estingue facilmente, se non sai come tenerla accesa. Il problema appunto sollevato in precedenza è che le persone non hanno idea di come essa si alimenti. Prima di dare “consigli”, è necessario sapere che un calo motivazionale potrebbe essere interpretato come sintomo di disagio psicologico. In casi di abulia (mancanza di volontà nel compiere un’azione) potrebbe essere presente una potenziale depressione dovuta a molteplici cause.
Devi sapere poi che la scienza psicologica è costellata di teorie su come gestire la motivazione.
Una delle più famose consiste nel distinguere tra:
- Motivazione intrinseca (la persona è spinta a mettere in pratica determinati comportamenti per una spinta che viene “da dentro”)
- Motivazione estrinseca (la persona è spinta a mettere in patica determinati comportamenti per una spinta che viene “da fuori”).
Un esempio di motivazione intrinseca potrebbe riguardare un giovane che, percependo un salario minimo, si impegna con tutto se stesso per apprendere il lavoro dei suoi sogni. Al contrario, un classico esempio di motivazione estrinseca riguarda il dipendente che accetta la permanenza in un contesto lavorativo insopportabile per lo stipendio.
Pare chiaro che in ambito lavorativo avere dei collaboratori motivati in maniera intrinseca porti a risultati superiori sia in termini di loro soddisfazione lavorativa, che di obiettivi di business.
Un’altra molto citata teoria motivazionale riguarda i bisogni dell’essere umano. Secondo McClelland saremmo motivati nell’agire da tre bisogni principali:
- Successo (bisogno di ottenere risultati positivi nella vita e nel lavoro);
- Potere (influenza sugli altri, intenso desiderio di ruoli di Leadership);
- Affiliazione (attribuire molta importanza all’ambiente sociale).
In breve, ognuno di noi sarebbe spinto nell’agire per ottenere
Cosa fare (per davvero) quando la motivazione cala?
Mettitelo bene in testa: non sottovalutare MAI i cali motivazionali. Per parlare di tale costrutto non basta aver letto un libro divulgativo che ne parla, o aver seguito un corso online. Perché appunto, si tratta di un fenomeno accessibile, ma di certo non banale. Il rischio di fare più male che bene affidandosi ad amici e improvvisati è elevato. Noi tutti mangiamo, navighiamo sui social e proviamo emozioni e sentimenti. Attenzione però: così come la singola azione del mangiare non ci porterà ad essere nutrizionisti, il semplice provare emozioni non farà di noi degli psicologi.
Ecco allora alcune risposte a domande apparentemente semplici, ma che se adeguatamente analizzate mostrano una concreta complessità:
Cosa si intende con “motivazione”?
Se dovessi dare una definizione semplice ma precisa del termine, direi che la motivazione è quel motore primario che spinge le persone a mettere in atto determinati comportamenti. La difficoltà principale è che quando le persone mettono in atto quel comportamento, non sono pienamente consce del “perché” lo stiano facendo. Intraprendere un percorso con un terapista esperto può sicuramente aiutare.
Come si fa a trovare la voglia di fare?
Sapersi auto-motivare è una scienza, non figlia di improvvisazione. Difficilmente basterebbe leggere due righe o una citazione per sentirsi meglio, perché appunto dietro ad una mancanza di voglia di fare potrebbero nascondersi ben più gravi affari.
Cosa fare quando manca la motivazione
Quando cadi e ti fratturi un polso hai due opzioni: recarti in ospedale e farti assistere da un medico esperto oppure attendere che le ossa si mettano a posto da sole. Nel secondo caso, avrai una maggior probabilità di incorrere in ricadute e di aggravare la tua situazione. Allo stesso modo, quando senti di “non averne abbastanza puoi intraprendere un percorso di terapia online o dal vivo, oppure aspettare che la motivazione ritorni da sola. Indovina quale delle due opzioni è più proficua?
Come hai potuto comprendere, sarebbe davvero difficile fornire consigli opportuni a chi, disperato, si chiede cosa fare quando la motivazione cala senza conoscerne la storia. Una delle abilità che può favorire la rinascita di quella voglia di fare che tiene svegli la notte potrebbe è senz’altro il goal setting. La capacità di porsi obiettivi in modo semplice e chiaro, spezzettando un macro-goal inizialmente impossibile, in tante piccole mete raggiungibili. Approfondiremo l’argomento in una delle prossime guide. Nel mentre, ricorda: se hai bisogno di un supporto qualificato, noi siamo qui per aiutarti.
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Fantasie sessuali, tra passione e sofferenza
La parola pharmakon, nell’antica etimologia assume una doppia valenza. Infatti, il termine viene definito come una “vox media”, ovvero una parola che in base al contesto può assumere significati opposti. Esemplificando, sarà possibile tradurre Pharmakon come “farmaco” nei casi in cui tale sostanza abbia effetto positivo (aspirina, sciroppo per la tosse, psicofarmaci, etc…). Ma, cambiando contesto, pharmakon può assumere il significato negativo di veleno mortale (assunzione di dosi eccessive oltre le quantità consigliate da esperti delle stesse sostanze prima citate).
La medesima esperienza si potrebbe avere dinanzi alle fantasie sessuali, considerabili sia come il sacro fuoco della passione in grado di accendere l’erotismo della coppia, ma anche come fonte di sofferenza ed espressione di patologia. Ricordando come al solito che le guide sul blog di HelpMeOut hanno carattere puramente informativo, e che nessuna fonte trovata online (questa inclusa) potrà mai sostituire il parere di un esperto, oggi approfondiremo l’argomento con l’ausilio della scienza psicologica.
Si, perché ciò che potrebbe essere considerato moralmente inaccettabile o addirittura patologico, potrebbe rivelarsi in realtà più comune di quanto si pensi. Quali sono le fantasie sessuali più diffuse? Qual è il limite tra fantasia e psico-patologia? Preparati a scoprirlo.
Fantasie sessuali e vita di coppia: come accendere il desiderio
Le fantasie sessuali sono pensieri, desideri che prendono forma dall’immaginazione della persona, non sempre consce. Non è raro infatti che gli individui, a capo di una pulsione non sappiano riconoscerla oppure si vergognino ad esprimerla. Partiamo col dire che fantasticare sul sesso è nella quasi totalità dei casi del tutto normale, a prescindere dalla natura di tale fantasia. L’espressione può essere più difficile, sia a causa di pressioni dovute al contesto sociale e morale esterne che a credenze personali.
Una coppia sana ha voglia di sperimentare, di lasciarsi andare, perché mettere in atto tali fantasie significa anche esprimere se stessi, comunicando con l’altro i propri desideri più profondi. E a tal proposito Justin Lehmiller, dottorato in Psicologia Sociale alla Purdle University, autore di più di 50 pubblicazioni scientifiche ed Excellence Teacher presso l’Harvard University potrebbe avere qualcosa da dirci.
Lehmiller assume un approccio scientifico alla divulgazione, descrivendo minuziosamente nel suo blog un intento ammirevole: spingere le persone ad informarsi secondo le migliori fonti scientifiche utilizzate in ogni articolo da lui pubblicato. E dato che anche noi di HelpMeOut abbiamo il medesimo approccio (troverai sempre il link alla fonte primaria, per poter approfondire di persona e verificare la qualità delle informazioni), non potevamo esimerci dal citarlo. Scopriamo di più, insieme.
Le fantasie più comuni tra uomini e donne
Per interrompere la noia e ravvivare la vita di coppia, la chiave è certamente sperimentare a letto dando sfogo alla propria fantasia. Dato lo stigma importante, presente nella società occidentale odierna su tali argomenti, molti pensano che desideri in realtà molto comuni siano in realtà rari o addirittura patologici a prescindere dalla situazione. Ed ecco allora una breve lista delle fantasie legate al sesso più frequenti di quanto tu possa immaginare:
- Sesso con più persone oltre al partner;
- Feticismi e parafilie;
- Dominazione (o essere dominati);
- Praticare rapporti sessuali di qualunque tipo in luoghi pubblici o non comuni;
Secondo Ashley Thompson e Sandra Byers, una delle più gettonate consisterebbe nel fare sesso con più persone oltre al partner. Nello studio dei due autori, su un campione ampio di circa 270 studenti, il 64% avrebbe confessato di voler intraprendere multi-person sex. Tra gli uomini, avrebbe un certo rilievo il feticismo inteso come l’adorazione di oggetti come scarpe, o parti del corpo differenti dalle zone erogene come i piedi femminili che abbiamo ampiamente trattato in una delle guide precedenti.
Il desiderio di dominare o essere dominati sarebbe inoltre diffuso. In tali pratiche è uno dei due membri della coppia ad avere il completo controllo, mentre l’altro si lascerà guidare durante l’atto sessuale. Anche il sesso in pubblico, o in luoghi inusuali dove tali pratiche sarebbero non conformi alle leggi vigenti rappresenterebbe un desiderio ricorrente sia in uomini che in donne. Secondo una ricerca dello stesso Lehmiller, l’81% degli uomini e l’84% delle donne del campione preso in considerazione sarebbero particolarmente eccitati al solo pensiero di avere rapporti sessuali in contesti pubblici.
Fino a qui tutto bene. Qualunque fantasia sessuale, messa in pratica o meno, dalla quale non origini un disagio psicologico può considerarsi sana. Quando tuttavia la passione si trasforma in sofferenza per uno o entrambi i partner, c’è solo un modo per risolvere la situazione: rivolgersi ad un esperto del benessere psicologico, in grado di fornire soluzioni pratiche.
Quando le fantasie diventano un problema?
Esplorare significa imparare a conoscere tanto l’altro quanto noi stessi. Per poter sperimentare in sicurezza è necessario prendere determinate precauzioni. Ecco alcuni consigli utili:
- l’accertarsi di essere in completo accordo con il partner prima di intraprendere qualunque azione;
- Stabilire limiti ben specifici, accordandosi in precedenza su cosa si possa fare e cosa sia “oltre”;
- Accertarsi di svolgere il sesso in totale sicurezza con le dovute precauzioni.
Ripetiamolo insieme, ancora una volta: esprimere se stessi non dovrebbe essere fonte di imbarazzo. Tuttavia come accennato in precedenza il contesto, le variabili morali e quella conseguente sensazione del “sentirsi inadeguati” a causa dei propri desideri potrebbe alla lunga sfociare in disagio psicologico. Sarebbe altrettanto vero affermare che anche il mettere in pratica le proprie fantasie senza il rispettare l’altra persona potrebbe lentamente portare ad un esordio di crisi di coppia.
Rivolgersi ad un terapeuta qualificato è senz’altro la scelta migliore, tanto per prevenire quanto curare un disagio altrimenti irrisolvibile. Puoi farlo in due modi: cercando il professionista più vicino a te, oppure intraprendere un percorso online. Ricorda: secondo la scienza psicologica, non esistono differenze qualitative tra terapia online o dal vivo.
E anzi, molto spesso la prima ipotesi risulta più comoda, soprattutto nei casi in cui la persona sia impossibilitata nel trovare aiuto localmente. Durante i lockdown molti expat italiani all’estero si sono rivolti a psicologi e psicoterapeuti sul web, ottenendo risultati in termini di benessere psicologico. Chiaramente, ognuno è differente e non esiste la “ricetta” per stare bene. L’unico modo per accertarsi che una cosa sia valida per noi è provare in prima persona.
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Perché sapersi arrabbiare è importante?
La rabbia è un’emozione diffusa e fondamentale per la sopravvivenza e per il benessere, sia in passato che nel contesto moderno. Certo, arrabbiarsi nella gran parte dei casi risulta semplice (anche troppo), e non è difficile perdere il controllo esibendo condotte offensive verbali e fisiche (o entrambe) . Come al solito, l’efficacia sta nel mezzo. Riprendendo la legge di Yerkes Dodson, a performance al meglio sarà l’individuo né troppo rilassato, né troppo stressato. Ed è così anche nel caso della rabbia: la risposta emotiva dev’essere certamente espressa, ma entro determinati limiti.
Secondo le ultime ricerche, arrabbiarsi in continuazione e manifestarlo o al contrario reprimere i propri sentimenti predispone a pericoli per la salute dell’organismo. Ricordandoti che le informazioni che troverai nella guida di oggi, e sul blog di Helpmeout, hanno carattere puramente informativo e non possono sostituire il parere di un professionista della salute, ti esorto a continuare a leggere.
Così come numerosi fenomeni studiati dalle scienze psicologiche (Resilienza, la somatizzazione, e tantissimi altri), anche la rabbia viene spesso banalizzata. Per comprendere appieno il concetto scientifico e i rischi di una mancata abilità di gestione, è necessario partire da molto lontano.
Una storia, mille emozioni
Si potrebbe affermare che il 1972 fu un anno “storico” per molteplici motivi. Il tre febbraio vennero inaugurate le indimenticabili olimpiadi invernali di Sapporo. Il 14 Marzo a Segrate, in provinciali di Milano, venne ritrovato il corpo senza vita di Giangiacomo Feltrinelli, fondatore dell’omonima casa editrice che conosciamo tutt’oggi. Il 7 novembre il controverso Richard Nixon fu rieletto come presidente degli USA per la seconda volta.
Oltre a questi, e a molti altri avvenimenti di importanza sportiva, sociale e politica, il 1972 fu un anno fondamentale per lo sviluppo degli studi sulle emozioni. Paul Ekman intraprese un lungo viaggio verso la Nuova Guinea, per mostrare che gli stati emotivi non fossero determinati dal contesto culturale, provandone il carattere universale. Oggi sappiamo che le emozioni hanno un’origine biologica, e che sono state importantissime tanto per lo sviluppo, quando per il benessere dell’essere umano.
Se i nostri avi sono riusciti a sopravvivere in ambienti difficili, a contatto con specie ostili, è anche grazie a quell’istinto rabbioso, fortemente adattivo. Ma il sapersi arrabbiare è fondamentale anche oggi, nelle relazioni di coppia o amicali. È semplice intravedere tale emozione dietro a comportamenti vendicativi con una causa ben specifica. In altri casi, invece, una situazione difficile genera in noi un disagio psicologico espresso arrabbiandoci con persone che non hanno nulla a che fare con la causa scatenante. A volte, riconoscere cosa si nasconda dietro ad azioni colleriche è più difficile di quanto sembri. Come comportarsi?
Cosa si nasconde dietro la rabbia?
L’arrabbiarsi fa parte dell’esperienza di vita di ogni individuo, e nonostante la matrice universale, ognuno di noi può esprimere la propria rabbia in differenti modi e “prendersela” per altrettanti differenti motivi. Alcune delle azioni che possono provocare rabbia potrebbero essere:
- Davanti al fallimento o al mancato funzionamento di supporti che utilizziamo nella quotidianità (Televisore, smartphone, macchina, etc…);
- In contesti dove le azioni di altri possono determinare un risultato sfavorevole o risvolti negativi (sconfitte in sport di squadra, ritardi dovuti a traffico metropolitano);
- Nel rapporto di coppia, tentativo da parte di uno dei due partner di imporre il proprio volere;
La rabbia nei rapporti di coppia
Nei rapporti amorosi o amicali può accadere che ci si lasci travolgere dalla collera. Se eccessiva, la rabbia può essere un ostacolo insormontabile e sfociare in una crisi di coppia. In casi simili, sarebbe necessario evitare di dileggiare l’altra persona colpendola in punti di discussione sensibili, prediligendo il dialogo costruttivo. Allo stesso modo, però, è altrettanto utile non reprimere i propri sentimenti perché come ben illustrato nel prossimo paragrafo, far finta di niente potrebbe contribuire a sviluppare patologie cardiovascolari.
Cosa succede a chi è sempre arrabbiato?
Come citato in precedenza, uno stato di collera sempre presente può generare conseguenze di disagio tanto psicologico quanto fisico. Kubzansky e colleghi, in uno studio del 2006 hanno evidenziato una forte correlazione tra rabbia, asia e depressione e disturbi cardiovascolari (Coronariopatia). La rabbia quindi, se costantemente provata, aumenterebbe il rischio di infarto. Attenzione però: tali rischi si corrono sia nei casi in cui la rabbia si manifesti, sia che rimanga nascosta. Inoltre, da situazioni simili può originare un forte disagio psicologico, che tende a manifestarsi sotto molteplici forme:
- Difficoltà nelle relazioni sociali;
- Diminuzione dell’autostima percepita;
- Sbalzi d’umore, ansia e depressione.
Prendersi cura di se stessi è fondamentale, e di certo esistono alcuni rimedi e strategie utili a migliorare la situazione prevenendo tali sintomi. Per esempio, nei casi in cui la rabbia sia un’espressione di carichi di stress elevati, l’esercizio fisico costante potrebbe essere una buona idea. Non sempre però la persona, o la coppia, dispone dei mezzi per superare eventuali problemi o disagio. Quale potrebbe essere la miglior strategia per imparare a gestire la rabbia? La risposta, come spesso accade, viene dalla scienza.
Il miglior modo di gestire la rabbia
Sapersi arrabbiare è molto importante, e gestire la rabbia significa saperla esprimere entro determinati limiti senza eliminarla né esasperarla. Il metodo più efficace in tale ambito risulta essere la terapia psicologica. Sarebbe infatti possibile trovare una schiera di studi scientifici molto validi come la pubblicazione di Beck Fernandez e molti altri. Il contatto con un terapeuta rappresenta il primo passo consapevole verso la propria crescita personale. La gestione delle emozioni è un’abilità, che può essere appresa e conseguentemente utilizzata per stare meglio sia con se stessi, che con il proprio contesto sociale.
Se soffri di disagio psicologico dovuto a situazioni di mancato controllo, o se vorresti migliorare il rapporto con te stessa/o, apprendendo strategie utili al tuo benessere fisico e mentale, qui a Helpmeout potrai usufruire di un colloquio conoscitivo gratuito completamente online. Non dovrai fare altro che compilare il questionario, il quale esito ci permetterà di metterti in contatto con lo psicologo del nostro team più adatto alle tue esigenze. Non rimanere in balia delle tue emozioni, prenditi cura della tua salute psico-fisica. Life is too short to be unhappy.
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Esercizio fisico e benessere mentale
Esercizio fisico e benessere mentale costituiscono un binomio robusto, ricorrente nelle menti di illustri pensatori, filosofi e scienziati di ogni tempo. Il celebre “mens sana in corpore sano” ne è un esempio appartenente ad epoche passate, che viene utilizzato ancora ai giorni nostri, dopo secoli. Ed è forse nella nostra società che tale detto ha trovato supporto: negli ultimi anni sono state portate alla luce prove scientifiche di come l’allenamento possa favorire la salute psicologica
Ciò che risulta spesso difficile da comprendere è il nesso che unisce fisico e mente nella stessa figura: l’essere umano. In questa guida, con l’ausilio delle migliori ricerche pubblicate su riviste internazionali di scienze psicologiche, andremo ad approfondire di un argomento molto famoso sul web, ma quasi sempre frainteso.
Ti ricordo come al solito che le informazioni pubblicate sul blog di Helpmeout hanno carattere informativo, e non possono sostituire in alcun modo il parere di un professionista della salute mentale. Se ritieni di aver bisogno di un aiuto, puoi trovarlo qui. Compilando il questionario, ti metteremo in contatto con il terapista più adatto alle tue esigenze, con un primo colloquio online gratuito.
Torniamo all’argomento di oggi, con una domanda: l’attività sportiva può essere percepita come un utile strumento, se impiegato col fine di aumentare il benessere psicologico?
In che modo lo sport favorisce il benessere psicologico?
Nel corso della storia, il dualismo corpo-mente ha da sempre ricoperto un ruolo rilevante e senz’altro controverso. Secondo i filosofi greci, l’uomo avrebbe dovuto aspirare a due grandi obiettivi: la sanità del corpo e dell’anima. Tali nozioni avrebbero spinto gli antichi pensatori all’eccellenza corporea ed intellettuale, che oggi chiamiamo benessere psicofisico, fino ad approdare al detto latino prima citato.
Mens sana in corpore sano è una grande verità, ma deve essere letta con consapevolezza e contestualizzata. L’utilizzo moderno della locuzione, infatti, si discosta leggermente dal significato primario. Oggi, grazie alle numerose ricerche scientifiche esistenti, è possibile parlare di benessere psico-fisico inteso come uno stato di salute a tutto tondo. Il concetto viene citato in due ambiti principali:
- Prevenzione del disagio psicologico e gestione dei sintomi;
- Miglioramento della performance cognitiva (per esempio nel lavoro, nello studio, etc…).
Nella pubblicazione di Paluska e Schwenk, i due autori sottolineano il fatto che l’attività fisica, sia essa aerobica che anaerobica, possa giocare un ruolo importante nella gestione di alcuni sintomi di disagio psicologico, come per esempio l’ansia e gli attacchi di panico. Un altro studio interessante evidenzierebbe il fatto che alcuni protocolli di allenamento specifici possano essere utilizzati sia come prevenzione, ma anche inseriti in programmi riabilitativi come supporto alle classiche terapie.
Approfondendo invece il binomio sport-performance cognitiva scolastica, è utile citare la ricerca Physical activity and mental performance in preadolescents: Effects of acute exercise on free-recall memory pubblicata dalla professoressa Caterina Pesce e colleghi nel 2008. I risultati mostrerebbero di come lo sport potrebbe migliorare le prestazioni mnemoniche degli studenti.
I benefici dell’attività fisica sulla mente
I benefici dell’attività fisica sulla mente potrebbero essere:
- Miglioramento del tono dell’umore;
- Prevenzione e gestione di sintomi ansiosi;
- Prevenzione di sintomi depressivi;
- Riduzione dello stress;
- Promozione delle capacità di interazione sociale;
- Miglioramento della performance cognitiva nel lavoro, a scuola o in università.
Soffermiamoci su quest’ultimo punto, citando un’ulteriore ricerca. Castelli e colleghi, con una ricerca pubblicata su Journal of Sport and Exercise Psychology, sostengono che il benessere fisico sia altamente correlato con i risultati scolastici. E, come avrai ben compreso, potrei andare avanti per ore a citare altri studi con la stessa conclusione. Tali risultati, però, se da un lato mettono in luce gli effetti benefici dell’attività fisica, dall’altra potrebbero essere facilmente fraintesi oscurando l’importanza della parte psicologica.
Secondo il modello bio-psico-sociale, essere in salute significa scoprire ed allenare tre variabili fondamentali. Fisico, mente e relazioni sociali si influenzano a vicenda, e non devono intendersi come compartimenti stagni. Quindi, per stare bene e raggiungere il massimo della produttività sarà necessario allenarsi, ma anche prendersi cura della propria salute mentale a contatto con professionisti e coltivare la socialità in maniera attiva. L’attività fisica, quindi, contribuirà al benessere psicologico se integrata in uno stile di vita specifico. Quest’ultimo ragionamento ci riporta, di nuovo, al nostro detto latino: mens sana in corpore sano, certo, ma vale anche il contrario.
Mens sana in corpore sano e… viceversa
Alla luce della scienza, anziché affermare “mens sana e in corpore sano” sarebbe più corretto affermare “mens sana in corpore sano e viceversa”. Riprendendo il concetto di essere umano come entità psico-fisica, sarebbe corretto percepire esercizio fisico e benessere mentale come due punti sui quali intervenire in egual misura.
Per godere appieno della vita, è necessario prendersi cura di se stessi promuovendo ogni aspetto dello “star bene”. E certo, qui risulta tristemente semplice per molti scontrarsi con lo stigma nutrito nei confronti dei terapeuti. Il terapeuta rappresenta una soluzione concreta nei casi di disagio psicologico di qualunque entità, ma non solo.
Infatti, affermare che lo psicologo lavori esclusivamente con la patologia è una enorme bugia. Un esempio eclatante è l’impiego di professionisti della salute mentale nello sport e nelle realtà aziendali per il miglioramento della prestazione cognitiva e la gestione dello stress. Tali figure, inserite da sempre in tali contesti sono in grado di fornire competenze e skills anche a persone che, in assenza di disagio, vorrebbero migliorare la loro produttività e le loro performance.
Vorresti essere in salute, felice e pronto a gestire eventuali stati di umore penalizzanti (Ansia, depressione, bassa autostima, etc…)? Ecco la soluzione: sarà tanto necessario praticare attività fisica, quanto intraprendere un percorso di crescita personale con professionisti legalmente riconosciuti e adeguatamente formati sotto il profilo teorico/pratico.
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Guerra post covid: come affrontare la stanchezza emotiva
Fino a pochi mesi fa l’intera popolazione mondiale è stata messa a dura prova dal covid, che si è imposto come un vero e proprio game changer. Abbiamo dovuto adattarci ad una nuova normalità, costellata da cambiamenti comportamentali, economici e di abitudini. Quella del virus è una paura restia ad abbandonare la memoria collettiva, un forte timore esasperante e “profondo” in grado di condizionare la salute psicologica di chiunque.
E dopo un brevissimo periodo di assestamento, dove la condizione pandemica sembrava essere divenuta maggiormente gestibile, ecco la guerra. Un conflitto vicino tanto culturalmente quanto in termini di distanza fisica, dal quale è subito scaturita una forte pressione economica legata all’aumento del prezzo delle materie prime. Nel contesto odierno non è difficile, quindi, sentirsi letteralmente schiacciati dalle calamità naturali e socio-economiche citate.
Può capitare quindi che, percependo se stessi come in balia degli eventi, da forti periodi di stress come questo si generi una “stanchezza emotiva” che si esprime mediante sintomi sia fisici che psicologici. Fermo restando che la guida di oggi ha carattere puramente informativo, e non può in alcun modo sostituire un parere professionale, vediamo insieme di cosa si tratta.
Stress emotivo ed emozioni
Ogni evento, sia grande che piccolo, può essere percepito come stressante. Lutti, cambiamenti profondi nelle relazioni di tutti i giorni o con la persona amata e trasferimenti obbligati sono fenomeni che se non gestiti a dovere possono degenerare in disagio psicologico, e successivamente in psicopatologia.
Tristemente famosi sono i casi degli expat italiani all’estero che a causa di numerose difficoltà riscontrate in ambienti nuovi e sconosciuti testimoniano ansia, ritiro sociale e sintomatologie depressive. Anche la convivenza con colleghi/altri individui in ambienti tossici può essere considerato come emotivamente stancante e pericoloso. Numerose ricerche supportano l’ipotesi che ambienti di lavoro esageratamente stressanti portino le persone ad un decremento della performance cognitiva, e quindi della produttività in azienda.
Sarebbe quindi possibile definire stressor qualunque evento dal quale scaturiscano disfunzioni di natura psicofisica (somatizzazione) e/o sociale (Difficoltà relazionali e ritiro sociale). Come spesso ribadito in guide precedenti, lo stress non è di per sé negativo. Al contrario, essere “stressati” prima di date importanti permette di preservare una performance qualitativamente elevate. Quando tuttavia i carichi di stress sono esagerati, o protratti nel tempo, sopraggiungono difficoltà psicofisiche.
Sintomi della stanchezza emotiva
In casi simili, l’individuo si sentirebbe minacciato e allo stesso tempo frustrato perché incapace di affrontare tale minaccia. I sintomi più diffusi potrebbero essere:
- Fatica nell’eseguire semplici compiti fisici che prima era possibile svolgere con facilità (spostarsi, fare esercizio fisico, pulire gli spazi di casa, etc…);
- Decremento delle prestazioni cognitive (diminuzione dell’attenzione, difficoltà di memoria, lentezza di ragionamento);
- Senso di vuoto, rassegnazione perché gli eventi sono percepiti più grandi di noi (e quindi ingestibili);
- Ansia, disperazione;
- Problemi somatici di varia natura (mal di testa,
- Sonnolenza in orari diurni o durante attività quotidiane;
- Apatia;
- Incertezza per il proprio futuro.
Come si cura la stanchezza emotiva?
Così come ogni altra difficoltà riguardante la gestione delle emozioni (e quindi alla salute psicologica), per curare la stanchezza emotiva è necessario rivolgersi ad un professionista del settore. Essere accompagnati in un percorso di terapia significa apprendere strategie fondamentali per poter recuperare energie psichiche e combattere quei sintomi di spossatezza psico-fisica provocati da un contesto così difficile.
La salute mentale deve essere percepita come al pari di quella fisica, e ognuno dovrebbe prendersene cura. Noi di Helpmeout abbiamo sviluppato un servizio di terapia online completa, che tenga conto delle caratteristiche uniche delle persone che decidono di mettersi nelle nostre mani. E non è tutto: il primo colloquio online è totalmente gratuito, ideale per chi pensa di aver bisogno di un supporto qualificato, ma per via di alcune difficoltà (barriere linguistiche, posizione geografica, incertezze di altra natura) non può recarsi fisicamente dallo psicologo.
Chiedere aiuto è sinonimo di forza, non di debolezza. Affidati a noi: compila il questionario. Ti metteremo in contatto con uno dei membri del nostro team più adatto alle tue esigenze. Helpmeout: life is too short to be unhappy.
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Dismorfismo corporeo: curarlo con la terapia psicologica
Quando si parla di dismorfismo corporeo, la mente del pensatore si rifugia in un immaginario collettivo costellato di estremi. Contribuiscono a tale risultato i numerosi articoli su Google che descrivono i dismorfismi come la percezione di parti del corpo come deformi o ripugnanti. Il fenomeno, tuttavia, presenta numerose sfaccettature difficilmente riassumibili in poche righe, e non si limita esclusivamente al percepire deformità.
Con le nostre guide sul mondo della salute mentale noi di Helpmeout vogliamo informare le persone rendendo accessibili a chiunque (per quanto possibile) tematiche psicologiche complesse. Il dismorfismo corporeo può rappresentare certamente una fonte di disagio importante, ma ad alcune condizioni specifiche delle quali i terapisti professionisti sono a conoscenza. Vorresti capirci di più? Allora ti consiglio di continuare a leggere. Prima, però, un avvertimento.
Come al solito, ti esorto ad evitare SEMPRE l’autodiagnosi. Certo, nella seguenti righe troverai informazioni rilevanti e link alle ricerche citate, pubblicate su riviste scientifiche di scienze psicologiche. Tali informazioni potranno esserti utili a comprendere in generale “come funziona”, ma non potrebbero in nessun modo sostituire il parere professionale.
Un terapista legalmente riconosciuto ha completato un iter formativo di anni, maturando conoscenze teoriche e pratiche sul campo (al contrario di chi ha studiato su Google). In ultimo, per quanto possa apparire scontato, è lecito sottolineare che ogni persona è diversa. Per questo, ogni caso di disagio psicologico presenta sfumature differenti, che se sottovalutate o gestite con improvvisati rischiano solo di peggiorare. Veniamo 0ra all’argomento di oggi: quali sono le caratteristiche di un disturbo da dismorfismo corporeo?
Cos’è il dismorfismo corporeo?
In alcuni individui la perdita dei capelli appare come un vero e proprio danno, dal quale è possibile che si originino situazioni difficili (mood depresso, decremento dell’autostima). La ricerca di Neda e colleghi, pubblicata nel 2014, supporta fortemente tale ipotesi. Secondo lo studioso, chi sperimenta una perdita di capelli potrebbe sviluppare un vero e proprio disagio psicologico che contribuirebbe a limitarne le interazioni sociali.
Ora, avere il timore di perdere i capelli o semplicemente curare il proprio cuoio capelluto con interesse non significa che una persona soffra di psicopatologia. Secondo il DMS-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), infatti, si potrebbe parlare di disturbo solo in presenza di una preoccupazione tale da non permettere all’individuo il normale svolgimento della vita quotidiana. Quali sarebbero i sintomi chiave, scientificamente riconosciuti?
Sintomi e caratteristiche diagnostiche del dismorfismo
La sintomatologia del dismorfismo corporeo potrebbero essere:
- Percezione del proprio aspetto come anormale, brutto o deforme;
- Eccessiva preoccupazione causata da tale percezione distorta;
- Sentimenti di vergogna o paura nel mostrare la parte del corpo interessata in pubblico;
- Bassi livelli di autostima.
Il disturbo da dismorfismo corporeo porterebbe la persona a controllare compulsivamente le presunte imperfezioni, che tuttavia gli altri individui non percepiscono come tali. A causa del sentimento di vergogna ed eccessiva preoccupazione, alcuni individui ricorrerebbero a trattamenti estetici (dermatologia, chirurgia estetica) che però secondo Katharine Phillips (Direttrice dei programmi “Body Dysmorphic Disorder” e “Body Image” al Butler Hospital e professoressa alla Psychiatry and Human Behavior at Brown Medical School a Providence a Rhode Island) non risolverebbero il problema.
Questo accade perché la causa di quel vedersi brutti o con difetti fisici anormali non sta nella parte del corpo in sé, bensì nella percezione personale di chi guarda verso lo specchio. In casi gravi, è possibile che tali disturbi generino pensieri suicidari. Ed è la stessa Philips precedentemente citata ad esplorare il medesimo aspetto in una pubblicazione del 2007, sostenendo che nelle persone con disturbo di dismorfismo corporeo, circa l’80% avrebbe almeno una volta pensato al suicidio, e circa il 25% lo avrebbe tentato.
Ad un disturbo da dismorfismo sono associati ansia, bassa estroversione, isolamento sociale e difficoltà emotivo-relazionali. Ciò che prima era semplice, viene percepito come difficile a causa di quel difetto ritenuto inaccettabile. Benché sia possibile che vengano ritenute dismorfiche una o più parti del corpo, nel DSM-5 è possibile trovare un particolare riferimento al dismorfismo muscolare.
In questa specifica tipologia di dismorfismo, che colpirebbe prevalentemente gli individui di sesso maschile, l’eccessiva preoccupazione riguarda la forma fisica. Il non ritenersi abbastanza muscolosi, o in forma. A costo di sembrare ripetitivo e noioso, aggiungo ex novo che curare il proprio aspetto fisico e allenarsi NON è da intendere come sinonimo di psicopatologia (prima di giungere a qualunque conclusione, consulta un esperto).
Quali potrebbero essere le cause del dismorfismo?
Chi cura il dismorfismo?
Come avrai certamente compreso, sia a causa delle informazioni qualitativamente rilevanti negli scorsi paragrafi, che dal titolo tendente allo spoiler, è possibile prendersi cura del dismorfismo attraverso la terapia psicologica.
É la prima volta che entri in contatto con noi? Allora lascia che ti spieghi come ottenere un colloquio online completamente gratuito. Per prima cosa, sarà necessario compilare un breve questionario dove potrai raccontarci la tua situazione, e le difficoltà che stai vivendo. Grazie a queste preziose informazioni, saremo in grado di consigliarti il terapeuta più adatto a risolvere le tue difficoltà.
Avrà così luogo il primo colloquio online, dove potrai renderti conto personalmente di quanto uno psicologo possa esserti utile. In seguito, avrai la completa liberta di decidere se e come proseguire. Non esiste disagio psicologico di serie A o di serie B. Se hai bisogno di una mano, grande o piccola che sia, contattaci: ecco il link al questionario. Life is too short to be unhappy.

Cosa significa (davvero) somatizzare?
Il disagio psicologico è in grado di assumere molteplici forme, spesso intangibili ai cinque sensi. In altri casi, invece, quel qualcosa che dicono sia “solo nella tua testa” assume le tangibili sembianze del dolore corporeo. Hanno così origine una serie di problematiche fisiche e comportamentali in assenza di cause organiche conclamate. La somatizzazione, tuttavia, va ben oltre un banale mal di testa che non passa dopo aver assunto farmaci contro sintomi di natura apparentemente corporea.
Nella guida precedente abbiamo approfondito il disturbo da sintomi somatici, prima riconducibile ai disturbi somatoformi. Oggi, invece, approfondiremo il fenomeno della somatizzazione relativo all’ansia e allo stress, cercando risposte sulle migliori riviste scientifiche internazionali. Come spesso accade alcuni termini psicologici vengono estrapolati dal contesto originale, perdendo il loro reale valore. Un esempio classico è l’ormai famosissima resilienza, tanto banalizzata sul web.
Eppure, come sostenuto da numerosi studi scientifici, competenze come la resilienza potrebbero, in determinati contesti, fare la differenza. Il caso da noi presentato prende in considerazione l’expat italiano all’estero. Per un espatriato, coltivare la resilienza significa saper gestire il disagio psicologico sia in ottica preventiva che attiva. La capacità di piegarsi ma non spezzarsi, così abusata sul web, assume un ruolo importantissimo se adeguatamente contestualizzata.
Allo stesso modo, la somatizzazione del disagio psicologico può contribuire a sviluppare dolore fisico che, in alcuni casi, risulta invalidante e non permette di vivere appieno la propria vita. Partiamo da qui, dal significato primo del concetto: cos’è la somatizzazione?
Cosa vuol dire esattamente somatizzare?
Capita sovente, dinanzi a qualunque cosa sia per noi importante. Un esame orale che risulta impossibile da passare, la vicinanza di una persona tremendamente attraente, o nell’avvicendarsi ad una performance sportiva o sessuale. Ansia e stress possono essere somatizzate in differenti modalità, che coinvolgono una o più parti del corpo. Il concetto alla base risulta di semplice comprensione: un disagio psicologico di qualunque entità, che non venga espresso e gestito a contatto con un terapista professionista, è potenzialmente rilevate.
Una delle espressioni più famose che sicuramente avrai già sentito – e forse anche pronunciato – consiste nel definire la somatizzazione come “quel nodo alla gola” che sfocia in una sensazione di costrizione. La percezione di essere intrappolati, senza comprendere le cause scatenanti. Altri fenomeni potrebbero riguardare lo stomaco (bruciori intensi, difficoltà di digestione, reflusso gastrico) o l’intestino (ulcere, fastidi intestinali generici).
Un forte disagio psicologico, inoltre, potrebbe portare ad un’importante alterazione dell’equilibrio della flora intestinale, e allo sviluppo di vere e proprie condizioni mediche come L’IBS (Irritable bowel syndrome o Sindrome dell’intestino irritabile). I sintomi di tale condizione clinica potrebbero essere:
- diarrea;
- meteorismo
- gonfiori;
- lancinanti crampi all’addome.
Ansia e stress contribuirebbero ad aggravare tale sintomatologia, tanto che secondo fonti autorevoli il trattamento della sindrome dell’intestino irritabile dovrebbe prevedere sia una parte fisica che psico-fisiologica. Oltre a questi, la somatizzazione di una difficoltà psicologica può esprimersi anche in modi differenti, tra i quali:
- Stanchezza cronica: forte percezione di stanchezza psicofisica inusuale che può sopraggiungere anche dopo uno sforzo di bassa intensità, per il quale solitamente la persona non si sentirebbe affaticata;
- Dolore cronico: senso di dolore persistente, che i normali analgesici e anti-infiammatori non riescono a placare.
Il caso della lombalgia è un esempio concreto di come il dolore cronico dovuto a cause psicologiche possa non solo nuocere all’individuo, ma bensì all’intera società. Scopriamo insieme in che modo.
Somatizzare ansia e stress: il caso della lombalgia
La lombalgia, comunemente indicata come Low Back Pain, viene indicata in letteratura scientifica come causa potenziale di disabilità e decremento della performance lavorativa molto frequente (si stima che a soffrirne siano 8 adulti su dieci). Secondo alcuni studi sarebbe inoltre la seconda causa di disabilità nell’età adulta in Europa.
Benché la causa di insorgenza sia multifattoriale, le difficoltà psicologiche (ansia, stress e depressione) sono associate allo sviluppo del dolore lombare. Infatti, un accumulo di stress, in mancanza delle abilità per gestirlo, potrebbe essere somatizzato e sfociare nella lombalgia.
Il low back pain può essere quindi definito come un dolore cronico alla zona lombo-sacrale, che incide pesantemente sui costi della società. Secondo William Thomas Crow e David Willis, negli stati uniti tale patologia avrebbe un impatto economico di $100 billioni all’anno. Essendo potenzialmente invalidante, il low back pain contribuirebbe all’assenteismo dal lavoro, e alla sindrome del burnout.
Nelle situazioni nelle quali siano state escluse a priori cause organiche, come si curano i sintomi somatici? Esiste una terapia psicologica più indicata di altre? La verità, come sempre, sta nella scienza.
Come si cura la somatizzazione?
Sebbene da un punto di vista teorico sia lecito separare disagio fisico e psicologico, nella pratica dell’essere umano risulterebbe impossibile. Una ricaduta fisica può generare difficoltà comportamentali, di umore, o psicopatologiche. Viceversa, una ricaduta mentale può esprimersi attraverso sintomi psicosomatici. Come hai potuto comprendere dagli scorsi paragrafi, ansia, stress e depressione possono sfociare in problematiche fisiche.
Corpo e mente si influenzano a vicenda. Avendo ben presente tali concetti, in primis sarebbe consigliato agire in ottica preventiva. Intraprendere un percorso con un professionista della salute mentale significa apprendere quelle competenze in grado di aiutarti nel momento del bisogno. Se il problema è la somatizzazione di ansia e stress in eccesso, una buona soluzione può essere la terapia psicologica.
Nei casi nei quali, dinanzi a sintomi fisici, siano state escluse cause di carattere organico mediante esami generici e specifici, differenti modelli di psicoterapia hanno mostrato effetti benefici nella cura della somatizzazione. Come ricordato in precedenza, la terapia cognitivo-comportamentale ha dimostrato una certa efficacia nel curare simili disturbi, poiché andrebbe a modificare le relazioni tra la causa scatenante e l’effetto somatico, agendo sugli schemi di pensiero. Anche tecniche di rilassamento psicofisico risulterebbero ottimali per la gestione attiva dei sintomi.
Pensi di aver bisogno di una mano qualificata, ma non sai da dove partire? Possiamo metterti in contatto con il professionista giusto per te. Inoltre, se è la prima volta che entri in contatto con noi, ti garantiremo un primo colloquio online conoscitivo gratuito (ecco qui il link). Non lasciare che il disagio psicologico abbia il sopravvento: prenditi cura di te a tutto tondo, coltiva la salute psico-fisiologica. Helpmeout: life is too short to be unhappy.
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Disturbi somatoformi: cosa sono e come intervenire
Il termine “disturbo somatoforme” nasce dalla commistione tra due concetti, appunto fisico e mentale. Sarebbe possibile definire i sintomi somatoformi come una “tensione interiore” che viene espressa tramite disagi fisico. Le persone che soffrono di tali disturbi tendono, almeno inizialmente, a cercare una spiegazione organica. Dinanzi a dolori specifici o malessere di carattere generale è di certo doveroso svolgere controlli e check-up, recandosi da medici generici e/o specialisti.
Se poi, a capo di tali esami, il medico rassicura il paziente sostenendo l’assenza di problematiche fisiche, la persona potrebbe non sentirsi presa sul serio, andando nuovamente alla ricerca di una spiegazione organica da differenti professionisti. Tali disturbi sono frequenti nella popolazione? Come affrontarli nel migliore dei modi?
Risponderemo ora alle domande che le persone si pongono più spesso sui disturbi somatoformi. Nonostante le informazioni presentate siano di assoluta qualità, anche oggi voglio ricordarti che l’autodiagnosi non è MAI una buona prassi. I contenuti che puoi leggere sul nostro blog, così come sui nostri canali social Instagram, Facebook e Linkedin sono di natura puramente informativa, e non possono in alcun modo sostituire il parere di un professionista.
Se ritieni di avere bisogno di aiuto, non esitare a contattarci: ti metteremo in contatto con lo psicologo più adatto per le tue esigenze. Torniamo ora al focus della guida di oggi: scopriamo insieme i disturbi da sintomi somatici.
Disturbo somatoforme o disturbo da sintomi somatici?
Nella pratica clinica, il termine “disturbo somatoforme” è stato sostituito da una differente nomenclatura. Infatti, scorrendo il DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), troveremo al suo posto i disturbi da sintomi somatici. I disturbi da sintomi somatici vengono descritti come un insieme di sintomi fisici che generano un forte disagio psicofisiologico.
Tale disagio porta ad una compromissione della vita quotidiana. Si stima che i disturbi da sintomi somatici siano diffusi per il 5-7% della popolazione italiana, e che le donne siano maggiormente colpite rispetto agli uomini. La preoccupazione presentata è generalmente molto alta, poiché dopo numerosi esami e check-up, siano essi generali o specifici, non viene evidenziata alcuna probabile causa organica, tanto che la persona è portata a contattare ulteriore strutture mediche e specialisti, nella speranza di comprendere cosa stia succedendo.
Quanto durano i sintomi somatici?
Quali sono i sintomi somatici?
I sintomi fisici più tipici di chi soffre di disturbo da sintomi somatici comprendono:
- senso di spossatezza (generico);
- mal di pancia e gonfiori/dolori addominali;
- problematiche intestinali;
- difficoltà sessuali (se. eiaculazione precoce);
- battito cardiaco accelerato o decelerato;
- anedonia;
- nausea e vomito;
- calo della libido (desiderio sessuale);
- cali di energie duraturi;
- forti dolori in un punto specifico del corpo, o generali.
- mal di testa.
Come riconoscere i disturbi da sintomo somatico?
Riconoscere tale disturbo non è semplice, a causa di due principali motivi:
- I sintomi possono essere o meno associati a un’altra condizione medica;
- La diagnosi di disturbo da sintomi somatici e quella di una possibile malattia organica non possono escludersi a vicenda, e potrebbero addirittura verificarsi contemporaneamente;
Nella quasi totalità dei casi, la persona ricerca cure mediche che tuttavia non sortiscono alcun effetto. E anzi, in alcuni casi è possibile che si verifichino effetti collaterali dovuti ai farmaci. Alcuni pensano che la valutazione medica e il trattamento cui sono stati sottoposti siano ti inadeguati
Inoltre, non è sufficiente soffrire di sintomi somatici privi di cause organiche plausibili per diagnosticare disturbi simili. Dovrebbe essere presente anche un senso di preoccupazione, autentico e persistente. La persona percepisce la propria situazione disperata, interpretando il fatto che la sintomatologia non abbia spiegazione biologica come segno di gravità assoluta. Come affrontare al meglio situazioni simili?
Curare i disturbi da sintomi somatici
Ogni persona, così come ogni situazione potenzialmente psicopatologica, è differente. Esisteranno quindi casi più gravi di altri, richiedenti interventi di un’equipe di professionisti. La prima azione valida dovrebbe essere quella di escludere a priori, come detto in precedenza, cause organiche.
Uno strumento molto utile sia in termini attivi che preventivi riguarda interventi psicoeducativi. Andrebbe spiegato alle persone che sofferenze mentali, o livelli di stress troppo elevati potrebbero provocare sintomi fisici. Molto spesso, nella società odierna, vige la tendenza di giudicare come immaginario qualunque sintomo che non abbia una causa medica ben definita.
Così come la sofferenza fisica può generare disagio psicologico, allo stesso modo la sofferenza mentale può generare sintomi fisici. Non si tratta di fantascienza, bensì di scienza. Con questa guida, noi di Helpmeout vorremmo contribuire ad aumentare la consapevolezza di ogni singolo individuo in merito. Perché appunto, il fatto che i sintomi non siamo supportati da una causa fisica non significa che siano immaginari o inesistenti.
La psicoterapia si mostra un trattamento efficace. A supporto di tale ipotesi è possibile trovare numerosi studi, tra i quali anche la metanalisi di Jing Liu e colleghi, sulla rivista scientifica “Journal of Affective Disorders”. Secondo i risultati dello studio della Liu, sessioni terapiche di circa un’ora agirebbero in modo importante sui sintomi somatici, contastandoli. Inoltre, con un percorso terapico completo, si andrebbero a ridurre notevolmente anche sintomi di depressione, ansia.
E quanto detto vale, ovviamente, in generale. Date tuttavia le differenze individuali prima citate, è sempre lecito affidarsi a professionisti della salute mentale come psicologi e psicoterapeuti. Persone che di mestiere aiutano altre persone. Affidarsi ad un professionista della salute mentale è un passo importante e delicato. Noi lo sappiamo bene, per questo il colloquio conoscitivo online è gratis. Ecco come funziona: per prima cosa dovrai compilare un questionario, per noi molto utile a comprendere i tuoi bisogni.
Questo infatti ci permetterà trovare il/la terapista più adatto alle tue esigenze, mettendoti in contatto con lui/lei. Il tutto culminerà con il colloquio conoscitivo gratuito online, dove anche tu potrai comprendere se quel professionista potrà davvero aiutarti. Ecco il link al questionario. Se c’è la soluzione, perché tenersi il problema? Life is too short to be unhappy.
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Covid, isolamento sociale e salute mentale
Ciò che prima avrebbe potuto essere un romanzo distopico, è divenuto realtà. La catastrofe che prende il nome di COVID-19 ha stravolto le vite di molti, imponendo cambiamenti contestuali e comportamentali. Durante periodi di Lockdown le persone hanno sperimentato una condizione di isolamento forzata. Quali potrebbero essere gli effetti di tali mutamenti sulla salute mentale delle persone?
Nella guida di oggi approfondiremo l’impatto dell’isolamento sociale sulla salute psicologica. Come sempre, ti ricordo che le informazioni qui riportate hanno fine puramente informativo, e non potranno mai sostituire il parere di un professionista. Se pensi di avere bisogno di un terapista online, nell’ultimo paragrafo troverai un link utile.
All’interno del testo saranno presenti, per ogni articolo scientifico citato, i link agli studi originali. Riteniamo imprescindibile fornire a chiunque la possibilità di risalire alla fonte informativa primaria. Buona lettura.
Isolamento e disagio psicologico
Il disagio psicologico causato dall’isolamento sociale può manifestarsi in differenti modi. Ansia, panico, sintomi ossessivo-compulsivi, problemi legati al sonno e molto altro. Nei casi più gravi è addirittura possibile parlare di disturbo post traumatico da stress. Gli effetti non possono di certo essere definiti come conseguenze dirette della pandemia, bensì come side effects legati all’isolamento prolungato.
Secondo Samantha Brooks, ricercatrice presso la facoltà di Psychological Medicine del King’s College di Londra, l’impatto psicologico della quarantena non riguarderebbe unicamente il tempo passato in isolamento. Nella ricerca pubblicata sulla rivista scientifica “The Lancet” nel 2020 le difficoltà e i sintomi psicopatologici ad esso associati potrebbero continuare a distanza di tempo (anche per anni).
L’impatto psicologico dell’isolamento sociale
Il COVID-19, come accennato in descrizione, rappresenta lo stimolo stressante per eccellenza degli ultimi due anni. Un virus che si è insinuato nella mente dell’essere umano, e che le odierne generazioni non dimenticheranno mai. All’interno del fenomeno pandemico, tuttavia, è possibile identificare alcuni stimoli stressanti
La Brooks, nel medesimo studio prima citato, divide gli stressor in alcune categorie, tra le quali quelli riscontrabili durante il periodo di isolamento forzato. Gli stimoli stressanti riscontrati durante i periodi di Lockdown sono:
- Periodo di durata della quarantena;
- Paura di contrarre il virus, o di infettare la propria famiglia/amici;
- Frustrazione, sentirsi impotenti di fronte agli eventi;
- Difficoltà a ricevere aiuto medico;
- Mancanza di risorse di supporto (es. terapia psicologica);
- Fake news pubblicate da fonti non meglio identificate;
Alcuni studi hanno evidenziato che la durata temporale dei periodi di isolamento sociale sarebbero associati ad un decremento di salute mentale, e a sintomi di disturbo post traumatico da stress, rabbia e comportamenti evitanti. Il terrore di
Covid, isolamento sociale e fake news
Un altro fenomeno importante che ha fortemente influenzato il comportamento delle persone riguarda la diffusione delle ormai tristemente famose fake news.
Secondo Yasmim Mendes Rocha e colleghi, è possibile identificare un impatto diretto delle notizie false sulla salute delle persone. Nello studio del 2020, gli studiosi evidenziano il fatto che sempre più spesso le persone tendono ad informarsi su spazi social come Facebook, Instagram, su siti (Wikipedia) o motori di ricerca in generale (Wikipedia, Google, Yahoo) piuttosto che da fonti autorevoli.
Non è un segreto che navigando in tali spazi digitali sia possibile imbattersi in fake news di ogni tipo. Le più celebri riguardano teorie cospirazioniste sull’origine del COVID-19, o su potenziali rimedi home-made per eliminarlo (limone, integratori multivitaminici, etc…). L’Infodemic Knowledge (termine coniato per identificare l’impatto di false news sulla pandemia) ha così portato alcuni individui a sviluppare disagio psicologico e sintomi psicopatologici.
Per contrastare tali comportamenti, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha tempestivamente messo a disposizione di tutti risorse informative scientifiche e aggiornate in tempo reale (qui il portale italiano). Possiamo giungere alla conclusione che la disinformazione ha fortemente influenzato la percezione delle persone incrementandone paure, promuovendo in alcuni casi comportamenti di completo isolamento.
Come tutelare la propria salute mentale?
Seguendo il modello bio-psico-sociale, sarà importantissimi agire sulla totalità dell’essere umano per raggiungere e/o mantenere un buono stato di salute. Quando dico salute, mi riferisco alla celebre definizione dell’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) che spesso troverai citata nelle nostre guide. La salute non dev’essere intesa come mancanza di malattia, ma come uno stato di benessere fisico, sociale e psicologico.
L’importanza dell’esercizio motorio intesa anche solo come semplice movimento quotidiano risulterà ottimale sul lato “benessere fisico”. Alcune ricerche scientifiche supportano l’ipotesi che allenamenti aerobici ad intensità moderate apportino benefici cognitivi e migliorino il tono dell’umore.
In seconda battuta, è necessario alimentare la propria socialità, interagendo con altre persone in contesti appropriati. Ciò che potrebbe risultare difficile dopo la pandemia, per alcuni, è il riappropriarsi dei propri spazi sociali. Riallacciare amicizie o relazioni non è semplice, e in questo l’aiuto di un terapista professionista potrebbe essere fondamentale. Per approfondire tale argomento, ti consiglio la nostra guida sulle difficoltà nelle relazioni sociali.
In ultimo, è importantissimo curare la propria salute psicologica. Questo sia in ottica preventiva, che nelle situazioni nelle quali il disagio sia maggiormente manifesto. Noi di Helpmeout crediamo che la psicologia sia per tutti coloro che vogliono stare meglio, oppure che semplicemente sentono di non vivere appieno la propria esistenza. Il nostro servizio di psicoterapia e supporto psicologico online è disponibile a prezzi calmierati, e non solo.
Se è la prima volta che entri in contatto con la nostra realtà, ho una buona notizia: potrai usufruire di un colloquio conoscitivo gratuito e senza impegno, da qualunque luogo. Non dovrai fare altro che compilare un breve questionario, che ci darà la possibilità di comprendere appieno il tuo bisogno. In secondo luogo, potrai confrontarti nel colloquio gratuito con un membro del team. Un terapista esperto, specificatamente formato per fornirti una soluzione concreta, che noi sceglieremo per te.
Ecco il link per accedere al questionario. Se c’è la soluzione, perché tenersi il problema? Life is too short to be unhappy.
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Ricominciare da zero all’estero: conseguenze psicologiche
Molti sono i motivi che potrebbero spingere una persona ad andarsene, a ricominciare da zero in un paese estero. Il desiderio di vivere esperienze differenti, di entrare in contatto con culture stimolanti. Oppure, in circostanze obbligate come la ricerca della libertà finanziaria impossibile nel paese di residenza. Nella stragrande maggioranza dei casi, la destinazione prescelta è poco conosciuta, o addirittura ignota. E altrettanto spesso l’unica compagna di viaggio, amaro frutto del cambiamento di contesto in essere, è la paura di ciò che non di conosce.
Ri-partire in una nuova realtà rappresenta un’esperienza potenzialmente sconvolgente per l’individuo, nel bene e nel male. All’iniziale crisi, dovuta al misurarsi con sfide quotidiane impensabili prima di partire, si avvicenderà l’adattamento. Il momento di transizione è però delicato, e se non affrontato nel migliore dei modi potrebbe impattare negativamente sulla salute psicologica.
Celebri sono i casi degli expat italiani all’estero che a causa di numerose difficoltà riscontrate nei “nuovi mondi” testimoniano ansia, ritiro sociale e sintomatologie depressive. Se anche tu provi – o hai provato – simili sensazioni, allora nella guida di oggi potrai trovare alcuni spunti utili. E ora, basta chiacchiere: addentriamoci, col l’ausilio della scienza, nel mito. Cosa hanno in comune un expat e Ulisse, l’eroe dell’odissea?
La sindrome di Ulisse
Chi non ha mai sentito nominare Ulisse, il principe di Itaca? L’eroe greco che dopo la guerra di Troia intraprese un interminabile viaggio verso casa. Interminabile perché l’uomo, sia per sua sete di curiosità che per volere divino, esplorò territori ignoti al genere umano. In una delle ultime tappe, la bella e immortale ninfa Calipso se ne innamorò e lo costrinse a passare sette anni in sua compagnia.
Soffermiamoci su quest’ultimo punto: sette anni di stressante prigionia, con l’unico desiderio di tornare verso l’amata Itaca per abbracciare il figlio Telemaco e la moglie Penelope. Imbrigliato in un contesto straniero, senza possibilità di socializzare se non con chi ne deteneva la prigionia. Ulisse rappresenta in tutto e per tutto l’emigrante che, obbligato da cause più grandi di lui, deve confrontarsi con un mondo straniero. Un universo del quale non conosce regole, usi e costumi, ma che allo stesso tempo è per forza di cose costretto a vivere.
E forse proprio per questo gli scienziati psicologi, in special modo Joseba Achotegui, attribuirono al disagio psicologico del migrante il nome di Sindrome di Ulisse. La separazione forzata dal proprio contesto, la paura di non farcela o di non riuscire ad integrarsi all’interno della nuova realtà. Sarebbe lecito citare la sindrome di Ulisse solo in casi estremi, dove il migrante sperimenta livelli di stress così intensi da essere ritenuti al di là della capacità di recupero umana. E non basta: tali livelli di stress dovrebbero essere mantenuti per periodi di tempo prolungati. Nel caso dell’expat, è possibile parlare di Sindrome di Ulisse? In un certo senso, si.
Il caso degli expat italiani durante la pandemia
Il contesto è una risultante che rappresenta molto più della somma delle singole parti. L’insieme di unità, ruoli e relazioni che lo compongono è un equilibrio incostante, dove il mutamento di un’unica variabile può in potenza stravolgere il risultato totale. Come ricordato dall’ultima guida sulla pandemic fatigue, il Covid ha rappresentato un’importante fonte di distorsione socio-culturale.
Da un giorno all’altro, le certezze sociali sono state completamente cancellate. Così, tanti espatriati italiani non hanno potuto fare ritorno alle loro famiglie, come Ulisse. Molti si sono sentiti prigionieri, in balia di un fenomeno immenso. E questo indipendentemente dalla natura dell’iniziale motivazione del cambiamento contestuale. I sintomi di tali obblighi riguardano, appunto, la salute psicologica. Alcuni dei sintomi più frequenti riscontrabili possono essere:
- Ansia o stress eccessivi, attacchi di panico;
- Apatia, senso di impotenza e rassegnazione;
- Pensieri intrusivi legati a preoccupazioni eccessive;
- Difficoltà nel ricostruire una rete sociale;
- Disturbi psicosomatici di varia natura.
Il repentino cambiamento del contesto culturale contribuisce a generare un forte senso di disorientamento iniziale, denominato dagli esperti shock culturale. Ribadisco che il provare uno o più di questi ultimi sintomi non significa essere psicopatologici.
Altrettanto vero è che, in caso di incertezza, non avrebbe senso tentare di autodiagnosticarsi attacchi di panico o disturbo depressivo maggiore. Solo un professionista sarebbe in grado di fornire una diagnosi accurata, e/o di supportare in modo funzionale la persona.
Certo, intraprendere una nuova vita non è impossibile e c’è chi ce l’ha fatta da sola/o senza alcun problema. Altri, invece, hanno preferito essere supportati in quel delicato periodo di transizione descritto in precedenza, situato tra ansie iniziali e adattamento.
Ricominciare da zero all’estero, in salute (psicologica)
Alcuni attribuiscono a Jean Piaget, celeberrima figura in ambito psicologico, la seguente frase:
Sfortunatamente per la psicologia, tutti pensano di essere psicologi
Che sia stato Piaget a pronunciarla o meno ha poca importanza. Ciò che più importa è la rilevanza di tali parole, oggi più che mai veritiere. Se è vero che la salute non è assenza di malattia, bensì un equilibrio di benessere fisico e mentale, sarà necessario rivolgersi ad esperti professionisti in caso di disagio psicologico. Quello della terapia rappresenta per l’expat, moderno Ulisse obbligato a gestire situazioni difficili, un supporto molto utile.
Il rapporto con un professionista fornirà alla persona strumenti indispensabili per gestire situazioni di disagio, emozioni, ansia e stress. Sarà inoltre possibile sviluppare determinate competenze di vitale importanza in ogni situazione, come la resilienza. Quel piegarsi ma non spezzarsi dinanzi ad eventi stressanti può infatti essere appreso.
Prima di concludere, è necessaria un’ulteriore considerazione. Il supporto online, nel caso degli italiani all’estero, assume un ruolo centrale. La possibilità di potersi esprimere nella propria lingua eliminerà eventuali difficoltà legati a barriere linguistiche. E, lascia che te lo ricordi, l’efficacia della terapia online è scientificamente supportata da numerose ricerche.
La metanalisi di Barak e colleghi, che prese in considerazione studi per un campione totale di 9,764 persone rivoltesi a psicologi e psicoterapeuti per i più disparati motivi (autostima, elaborazione del lutto, ansia, depressione, etc…) supporta fortemente la forza delle modalità terapiche a distanza. E ovviamente, a causa della pandemia, interventi simili hanno dimostrato la loro validità sul campo, diventando sempre più comuni e richiesti.
Ricominciare da zero all’estero, o comunque in contesti nazionali sconosciuti, è quindi possibile. Puoi decidere di farlo in autonomia contando unicamente sulle tue forze, oppure di essere supportata/o da un terapista esperto. La scelta, come sempre, è soltanto tua.
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