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Mio figlio sta sempre al cellulare: consigli e prevenzione

La crescita personale e professionale si influenzano reciprocamente. Che ruolo può giocare la psicologia per una crescita sinergica?

Mio figlio sta sempre al cellulare, non so più come comportarmi. A pranzo, a cena, durante il film del sabato sera… neanche fosse diventato parte integrate del suo corpo, sempre attaccati. E, accidenti, guai a chi glielo tocca, quel telefono! Quasi come se ne fosse diventato… dipendente. A chi potrei rivolgermi, per migliorare la situazione?

Le frasi sopra riportate sono del tutto immaginarie, e rappresentano lo struggente dialogo interiore di un genitore alle prese col figlio adolescente, che non riesce a staccarsi dal cellulare.

Quello che a prima vista potrebbe sembrare un fatto di poco conto, può essere descritto a tutti gli effetti come una dipendenza psicologica. Oggi, noi di HelpMeOut vorremmo approfondire questa tematica senz’altro delicata, per supportare i genitori che ogni giorno affrontano situazioni simili.  Il “Manuale del genitore perfetto”, purtroppo o per fortuna, non esiste.

Per via di numerosi fattori che sfuggono al controllo personale per forza di cose, è quindi difficile essere una buona madre, o un buon padre. Ecco allora alcuni consigli utili per gestire il conflitto in modo costruttivo.

Il primo passo consiste nel comprendere che dietro ad un utilizzo massimo di mezzi digitali come lo smartphone potrebbe nascondersi un principio di dipendenza e conseguente disagio psicologico. Attenzione però: non è una certezza matematica.

Potrebbe essere, semplicemente, un comportamento normale dovuto ad alcune variabili. Partiamo quindi con il descrivere il termine tecnofobia, di vitale importanza per iniziare a capirci qualcosa senza andare nel panico.

 

Tecnofobie, ansia e stress

Il termine Tecnofobia venne coniato nel 2002 da Mark Brosnan nel suo libro Technophobia: The psychological impact of information technology. Secondo l’autore, con il cambiare della società e l’avvento delle nuove tecnologie sarebbero apparse nuove forme di patologia legate agli strumenti informatici.

Centrale fu poi la diffusione del telefono cellulare che dalla sua prima comparsa nel 1983 ad oggi divenne una delle tecnologie più pervasive e importanti della cultura occidentale. E qui giunge, quasi spontanea, la seguente domanda:

Potrebbe esistere una dipendenza da smartphone? Quali sarebbero le conseguenze, sulla vita sociale e la salute psicologica dell’individuo?

 

Come ben spiegato nell’articolo sulle dipendenze affettive, non c’è differenza tra dipendenza e dipendenza. Ognuna di esse consiste in un legame psicologico instaurato tra la persona e una sostanza, un altro individuo (nel caso dello smartphone, con un oggetto) che sul lungo periodo porta ad un completo annullamento delle caratteristiche personali.

In questo caso, si parla di nomofobia. Uno stato di ansia persistente, percepita come impossibile da controllare, che si esprime quando si teme di rimanere sconnessi dal mondo digitale. Può essere definita come patologia clinicamente riconosciuta, oppure come per le relazioni tossiche, è solamente un’espressione parascientifica?

 

“Mio figlio sta sempre al cellulare!” Questione di Nomofobia

La nomofobia, al contrario di quanto molti pensino, non è stata inserita nel DSM-5, e quindi non è stata riconosciuta (ad oggi) come vera e propria patologia. In futuro, però, c’è una grande probabilità che venga a tutti gli effetti aggiunta. Celebre è infatti la proposta di Nicola Luigi Bragazzi e Giovanni Del Puente.  Nello studio scientifico del 2014, che descrive e identifica il problema come una reale psicopatologia, i due propongono l’inserimento della nomofobia nel manuale diagnostico dei disturbi mentali.

E, certo, essere tale stato problematico può indurre in dipendenza tanto gli adulti quanto i bambini.

Patologia è tutto ciò che interrompe e impedisce il corretto svolgimento della vita quotidiana. Se, nel caso di allontanamento da cellulare, una persona dovesse manifestare sintomi di ansia, paura, e timore ingiustificati, il quadro sintomatico potrebbe essere definito in potenza come patologico.

Attenzione però: le informazioni contenute in questo articolo hanno scopo puramente informativo e  non equivalgono ad una diagnosi, né al parere di un professionista della salute mentale.

Come al solito, scoraggiamo chiunque dall’affidarsi a improvvisati, ma soprattutto sconsigliamo l’autodiagnosi. Anche il miglior contenuto trovato su Google, con tanto di citazioni legate a dati scientifici, rimane un punto di partenza, di certo non la soluzione.

Per concludere, il problema esiste, anche se non ancora riconosciuto come una fobia specifica nel DSM-5. A chi rivolgersi, per gestire al meglio la situazione, ed eventuali possibili conflitti genitore-figlio?

 

A chi rivolgersi per chiedere aiuto

La prevenzione attiva esiste anche in ambito psicologico. Se hai mai pensato, o esclamato la frase “mio figlio sta sempre al cellulare!”, e pensi la situazione possa diventare problematica, non esitare a confrontarti con uno dei nostri esperti.

Qui a Helpmeout offriamo supporto genitoriale online, mettendo a disposizione professionisti della salute mentale, con la massima conoscenza teorico-pratica della materia. Compila il questionario e usufruisci del primo colloquio conoscitivo gratuito. Life is too short to be unhappy. 

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